Tra dichiarazioni pubbliche e pratiche concrete, nella politica internazionale, lo scarto è sempre abissale. Ma questa volta appare così immenso da rasentare l’incredibile.
Nel pieno di una “guerra calda” che oppone l’Occidente neoliberista e la Russia, nel mentre si incrementano sanzioni per recidere il più possibile i legami economici tra i due “fronti”, alcune società di assicurazione rinnovano la copertura sull’infrastruttura che più di ogni altra rappresenta fisicamente cosa significa questa guerra: il North Stream.
Sì, proprio il gasdotto interrotto da un’esplosione provocata – secondo l’autorevole ricostruzione di Seymour Hersh, uno dei pochi giornalisti di inchiesta rimasti attivi – da commandos statunitensi con l’aiuto norvegese.
A che serve rinnovare una polizza assicurativa su una struttura che gli Stati Uniti, prima ancora della guerra, volevano fosse chiusa? Perché mai delle società orientate esclusivamente al profitto dovrebbero accettare un rischio di esposizione (e rimetterci soldi) su qualcosa che è già stato parzialmente distrutto?
L’inchiesta condotta da Reuters sembra però confermare proprio questa fantascientifica ipotesi, che sta in piedi solo se il governo tedesco – o alcuni suoi esponenti di altissimo livello – ha dato l’ok. Lasciando così una porta aperta all’eventuale ripresa di “rapporti normali” con Mosca dopo un accordo di pace sufficientemente credibile.
In queste faccende, come sempre, “le fonti” che fanno circolare l’indiscrezione pretendono e ottengono l’assoluto anonimato.
Ma è praticamente certo che Allianz e Munich Re – le due principali compagnie tedesche – abbiano rinnovato la copertura per il North Stream, considerando possibile il ripristino del suo funzionamento in tempi ragionevoli, e dunque meritevoli di questo “rischio di investimento”.
Già solo questa decisione – formalmente presa da “privati” – è in contraddizione totale con l’atteggiamento pubblico del governo tedesco. Il gasdotto è infatti stato costruito dalla russa Gazprom, tra i principali bersagli delle sanzioni. E la stessa Russia detiene il 51% delle azioni relative.
Evidente – e altre “fonti” anonime citate da Reuters lo confermano – che dal premier Sholz deve essere arrivato un via libera. Anche perché “alcuni degli azionisti tedeschi di Nord Stream sono favorevoli almeno a preservare il gasdotto danneggiato nel caso in cui le relazioni con Mosca migliorino”.
Tra le tante cose incredibili di questa vicenda c’è anche la presenza dei Lloyd’s di Londra tra i vecchi assicuratori dell’infrastruttura, ma anche tra quelli disponili a riaprire la posizione.
Sia chiaro: che si mantenga una polizza attiva sul North Stream, ovviamente a prezzi stracciati vista la situazione mondiale e la chiusura del gasdotto, non vuol dire che sicuramente tutto tornerà come prima.
Vuol dire solo – ed è già molto – che questa ipotesi sia tra quelle da prendere in considerazione, e quindi che sia meritevole di un certo investimento finanziario.
Le variabili in gioco sono effettivamente moltissime. La contrarietà degli Stati Uniti alle forniture di gas russo all’Europa è abbastanza granitica e bispartisan (accomuna Trump e i democratici), ma l’evoluzione politica interna agli States potrebbe almeno stemperarla.
Un’evoluzione della guerra negativa per l’asse euro-atlantico ridurrebbe di molto il peso politico di Washington sulle decisioni che l’Europa dovrebbe prendere per far fronte alle sue necessità energetiche. E una fornitura certa, a prezzo contenuti, risolverebbe molte equazioni al momento incertissime.
E così via.
Quando i media insistono tanto sui “valori di civiltà” che giustificherebbero il sostegno a Kiev “fino alla vittoria” (la “pace giusta” di cui si riempiono la bocca Ursula von der Leyen & co.) forse è bene ricordare di quali “valori” si tratta.
Follow the money, e pure le assicurazioni. Qualcosa di più si capisce...
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