Una serie di esercitazioni militari dai contorni “inediti” in porzioni del globo attraversate dalle più profonde linee di faglia dello scontro geo-politico, tra il blocco euro-atlantico a guida statunitense e quello euro-asiatico, dovrebbero impensierire non poco l’opinione pubblica e ridestare le coscienze sulla pericolosa tendenza alla guerra che stiamo vivendo.
La guerra è in via di preparazione anche in contesti in cui non si è ancora sviluppata una vera e propria escalation bellica.
È storicamente provato che nel clima di sempre più muscolosa deterrenza reciproca, possibili incidenti e artefatte provocazioni potrebbero essere il casus belli per lo scoppio di eventuali conflitti, o fonti di surriscaldamento ulteriore del già “più che tiepido” clima geopolitico.
Lo affermiamo da tempo: la generalizzazione della crisi del modo di produzione capitalista incancrenisce le ferite non cicatrizzatesi in 30 anni di “globalizzazione” ormai al crepuscolo, ed allo stesso tempo amplia e moltiplica le “nuove” linee di faglia nei vari quadranti.
La competizione può sfociare in scontro aperto senza che vi sia una cornice di relazioni universalmente riconosciuta che possa fungere da possibile ambito di raffreddamento diplomatico dei conflitti, se non in ambiti molto circoscritti e casi particolari come quello turco-siriano con la mediazione russa, o tra Iran ed Arabia Saudita con quella cinese.
La NATO, che è il maggior vettore di tendenza alla guerra, continua a soffiare sul fuoco.
Veniamo alle esercitazioni di cui abbiamo accennato.
La Balikatant si svolgerà nelle Filippine, in uno specchio d’acqua che si affaccia sul Mar Cinese Orientale relativamente vicino a Taiwan, ed impegnerà Filippine, USA ed in maniera minore l’Australia; la Air Difender 23, invece, si svolgerà prevalentemente ma non esclusivamente sui cieli tedeschi, con la partecipazione di 24 Paesi (tra cui l’Italia) in ambito NATO.
Una serie di altre esercitazioni che vedremo in seguito, soprattutto in ambito dell’Indo-Pacifico, hanno una certa importanza ed includono anch’esse differenti elementi di novità con un sempre maggiore protagonismo militare del Giappone – uno dei paesi che viaggia a tappe forzate verso una crescente militarizzazione – ed un ruolo più marcato dell’India, potenza nucleare con una notevole proiezione aereo-spaziale nella contesa tra i due (o più) “blocchi”.
Andiamo con ordine.
L’esercitazione Balikatant si svolgerà tra l’11 ed il 28 aprile, con l’impegno di 5.400 militari filippini, 12.200 statunitensi, un centinaio di australiani ed alcuni paesi osservatori.
Già il numero è impressionante perché aumenta di molto i circa 9.000 impiegati in quella precedente.
L’esercitazione “affonderà” tra l’altro una nave civile dismessa, e testerà il sistema anti-missilistico statunitense Patrol (acronimo che sta per Phased Array Taking Radar To Intercept of Target), usato in Ucraina, e si svolgerà nella parte settentrionale di Luzon, e nelle province di Palavan ed Antique.
Non siamo “distanti” da Taiwan.
Questa esercitazione che si svolgerà all’interno delle acque territoriali filippine prospicenti al Mare Cinese Orientale, è stata preceduta da un altra esercitazione congiunta filippino-statunitense, Sacaknib che ha visto l’impiego di 3.000 effettivi.
Recentemente il Paese asiatico ha concesso quattro ulteriori basi agli USA, con grande costernazione della Repubblica Popolare Cinese.
Bisogna ricordare che tra USA e Filippine è stato firmato in piena ‘Guerra Fredda’ (durante la Guerra di Corea) nel 1951, un Trattato di Mutua Difesa, e che fino agli Anni Novanta erano presenti due delle più importanti basi estere statunitensi, sia della U.S. Navy che della U.S. Air Force.
Le Filippine stanno tornando a essere un perno della politica militare statunitense nell’Indo-Pacifico, ossia un fattore di deterioramento delle relazioni tra l’arcipelago asiatico e la Cina, nonostante i rapporti economici piuttosto floridi tra i due paesi.
Ma, come abbiamo più volte affermato, nella frammentazione del mercato mondiale sono sempre più i criteri politici a ridefinire il complesso delle relazioni economiche, e non il contrario.
Acque agitate quelle del Pacifico, se si tiene conto che i tre giorni di esercitazioni cinesi Joint Sword – conclusesi questo lunedì – che hanno simulato l’“accerchiamento totale” di Taiwan – continueranno in forma diversa di fatto per tutto il mese d’aprile.
Una risposta piuttosto assertiva alla visita della premier di Formosa, Osa Ing-wen, in California, dove ha incontrato lo speaker repubblicano della Camera statunitense Kevin Mccarty, insieme ad una delegazione di deputati degli USA.
Secondo quanto riportato da “Le Monde”, attorno a Fujian le esercitazioni cinesi continueranno anche l’11,13,15,17 e 20 aprile.
Bisogna ricordare che attorno a Taiwan, dopo la visita nello scorso agosto della speaker democratica Nancy Pelosi, la tensione tra Cina ed USA non si è mai effettivamente sopita, considerato che Pechino ha visto “mettere in soffitta” con quell'azione la cornice di relazioni sulla politica di “Una Sola Cina” – maturata con la famosa visita di Nixon ad inizio degli Anni Settanta (con l’ingresso di Pechino tra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu) – e vede come fumo negli occhi l’appoggio statunitense a coloro che considera “separatisti”, tra cui l’attuale Premier.
Taiwan entra in campagna elettorale con le elezioni presidenziali che opporranno la formazione che governa l’isola – il Partito democratico Progressista “pro-indipendentista” – al KMT (KuoMinTang, erede delle guerra civile), meno ostile a Pechino, che deve ancora scegliere il suo candidato.
Elezioni “calde” che hanno implicazioni geopolitiche molto più ampie.
La presenza del gruppo da battaglia della portaerei statunitense Nimitz nelle acque che separano la Cina continentale da Taiwan non fa che moltiplicare il “fattore di rischio” d'incidente.
Veniamo ad una area di tensione “più vicina”.
Le manovre Air Defender 23 si svolgeranno tra l’11 ed il 23 giugno nei cieli tedeschi, utilizzando le tre basi aeree di Schleswig/Hohn, Wunstorf, Lechfeld. Impiegherà più di 10 mila militari dell’aviazione di 24 paesi, tra cui l’Italia, la Svezia e la neo-atlantica Finlandia.
Verranno impiegati 220 velivoli, che si muoveranno nello spazio aereo europeo con a capo il Comando dell’aviazione militare tedesca.
Si tratta, né più né meno, che della più grande esercitazione operativa aerea multinazionale della storia della NATO, utilizzando la Germania come una sorta di hub di “difesa collettiva” atlantica.
Circa metà dei mezzi e del personale che verrà impiegato apparterrà alla U.S. Air National Guard, proveniente da ben 46 “stormi” statunitensi.
Si tratta del più grande dispiegamento di questa componente delle forze armate statunitense dai tempi della Guerra del Golfo.
La sua funzione di “deterrenza”, ma sarebbe meglio parlare di “sfida” nei confronti della Russia, è palese ed esplicitamente affermata dagli ufficiali che la guideranno.
Il generale tedesco Ingo Gerhartz ha affermato senza mezzi termini: “Non spediremo una lettera. Ma penso che intenderanno il messaggio”.
E non è certo un messaggio di “distensione”, in un contesto in cui i confini e quindi l’area di frizione tra NATO e Russia sono aumentati a “dismisura” con la recente entrata della Finlandia nell’Alleanza Atlantica: più 1300 km.
Entrata a cui la Federazione Russa ha già annunciato di voler prendere non meglio precisate “contromisure”.
Ma a queste due esercitazioni – tre, se consideriamo anche quella cinese – si sommano una serie di altre manovre nell’Indo-Pacifico, degne di nota perché vanno in direzione della costituzione di relazioni politico-militari a favore blocco euro-atlantico, e che non possono che approfondire la spirale bellica in tutto il quadrante.
Citiamole.
La Cope India, tra USA ed India, che si terrà tra il 10 ed il 21, con l’aviazione giapponese (JASDF) come osservatrice, darà vita ad intense manovre aeree al fine di migliorare l’interoperabilità indo-statunitense.
Giappone ed India, già si esercitano bilateralmente nella Veer Guardian. A cui si affianca l’esercitazione navale, ormai estesa a tutta l’alleanza QUAD.
Usa e Giappone, il 19 marzo, hanno svolto l’esercitazione Integrated Bomber Exercise nel Mare del Giappone, a cui si affianca l’altra importante esercitazione nippo-statunitense Southern Beach.
Ci fermiamo qui, ricordando solo i “botta e risposta” tra le esercitazioni congiunte USA-Corea del Sud e i lanci balistici nord-coreani.
Insomma, pensiamo che non si possano dormire sonni tranquilli e che le voci che propongono una via di de-escalation globale vadano ascoltate molto attentamente, visti gli scenari che si stanno aprendo.
La pace che non c’è va rimessa al centro del dibattito e dell’attività politica perché gli scenari distopici sono dietro l’angolo – anzi ai confini dell’Europa – con il conflitto ucraino che, se non trova una uscita diplomatica, rischia di diventare un acceleratore della tendenza alla guerra su scala molto più ampia e disastrosa di quella attuale.
Prendiamo quindi a prestito – da atei impenitenti – le parole di Papa Francesco, che è tornato a parlare di “disarmo integrale”: «Capisco che a qualche orecchio queste parole possono sembrare utopistiche, specialmente in questo momento. Ma non è utopia, è sano realismo: solo fermando la corsa agli armamenti, che sottrae risorse da impiegare per combattere la fame e la sete e per garantire cure mediche a chi non ne ha, potremmo scongiurare l’auto-distruzione della nostra umanità».
Ed è questo sano realismo che bisogna sviluppare.
Fonte
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