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17/06/2024

Conferenza di pace sull’Ucraina. Meno della metà dei paesi firmano la dichiarazione finale

Meno della metà dei paesi invitati ha firmato il documento finale di una conferenza sulla pace in Ucraina partita male e resa inutile dal mancato invito alla Russia, ossia uno dei due belligeranti. Anche in questa occasione si è palesata nuovamente la rottura a livello internazionale tra “Occidente collettivo” e “Sud globale”.

Ritorno delle centrali e degli impianti nucleari ucraini, inclusa la centrale nucleare di Zaporizhzhia, “sotto il pieno controllo sovrano” dell’Ucraina; ripristino dell’accesso sicuro ai porti marittimi nel Mar Nero e nel Mar d’Azov per favorire una navigazione commerciale libera, completa e sicura; scambio di prigionieri di guerra secondo la formula “tutti per tutti” e la restituzione in Ucraina di tutti i civili illegalmente deportati, compresi i bambini. Sono questi i punti fondamentali della dichiarazione finale del vertice di pace per l’Ucraina, i cui lavori si sono conclusi ieri in Svizzera.

Ma meno della metà dei paesi invitati alla Conferenza ha sottoscritto il documento finale. Se solo 90 paesi su 160 avevano accettato di partecipare, sono scesi a 78 quelli che hanno messo la loro firma sotto alla dichiarazione finale. Che questa fosse l’aria che tirava era già leggibile alla vigilia della conferenza stessa.

Il quotidiano tedesco Handesblatt questa mattina parla di fallimento del vertice di pace. “È una sconfitta per l’Ucraina e per gli organizzatori svizzeri: solo 80 dei 93 Stati hanno firmato le condizioni quadro per ulteriori colloqui di pace”.

Iraq e Giordania hanno infatti ritirato la loro firma sul comunicato congiunto dopo il vertice di pace in Svizzera. Il numero dei firmatari è sceso così da 80 a 78, mentre il numero dei paesi presenti ma non firmatari è salito a 15.

Oltre a Iraq e Giordania, i Paesi che si sono rifiutati di firmare il comunicato sono Armenia, Bahrein, Brasile, Colombia, Vaticano, India, Indonesia, Libia, Messico, Arabia Saudita, Sud Africa, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti. Come si vede neanche il Vaticano ha sottoscritto il documento finale.

I firmatari sono: Albania, Andorra, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Benin, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Capo Verde, Canada, Cile, Comore, Costa Rica, Costa d’Avorio, Consiglio d’Europa, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Repubblica Dominicana, Ecuador, Estonia, Commissione europea, Consiglio europeo, Parlamento europeo, Figi, Finlandia, Francia, Gambia, Georgia, Germania, Ghana, Grecia, Guatemala, Ungheria, Islanda, Iraq, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Kenya, Kosovo, Lettonia, Liberia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Palau, Perù, Filippine, Polonia, Portogallo, Qatar, Repubblica di Corea, Romania, Ruanda, San Marino, Sao Tomé e Principe, Serbia, Singapore, Repubblica Slovacca, Slovenia, Somalia, Spagna, Suriname, Svezia, Svizzera, Timor Est, Turchia, Ucraina, Regno Unito, Stati Uniti, Uruguay.

Fin qui i numeri, ma sui contenuti e le decisioni come è andata questa “conferenza di pace” a Lucerna? Sono stati compiuti seri passi avanti verso la pace oppure le parole restano solo parole a coprire una retorica che spinge invece verso la prosecuzione della guerra?

Le indiscrezioni diplomatiche raccolte dall’Ansa alla conferenza sono piuttosto divaricanti. Si va dal “per la prima volta l’argomento principale non è la consegna di armi ma la ricerca di un negoziato possibile” al “è inutile girarci attorno, l’Ucraina alla fine dovrà concedere qualcosa a Putin, sennò non se ne esce”, mentre le divaricazioni tra Occidente e Sud globale restano in alcuni casi profonde. “La guerra in Ucraina è tremenda ma lo è anche quella a Gaza, non ci possono esseri doppi standard”, afferma un delegato africano.

E poi c’è la realtà delle forze in campo. Zelensky ha ammesso che: “Le armi che i nostri alleati ci hanno dato sono sufficienti a vincere? No”.

Un’altra fonte diplomatica di un Paese occidentale arrischia una previsione: “Il pendolo ora è dalla parte di Mosca ma la Russia ha enormi problemi economici sotto traccia, se Kiev tiene l’aprile del 2025 è il mese in cui si potrà chiudere”.

Secondo il giornale statunitense Politico, Kiev non si impegnerà in negoziati diretti con la Russia, ma “sta lavorando per costruire una coalizione di intermediari per aiutare a porre fine alla guerra in Ucraina, hanno detto i funzionari ucraini al vertice di pace di questo fine settimana, a cui la Russia non è stata invitata”.

La presenza della Russia al tavolo dei negoziati è necessaria per porre fine al conflitto in Ucraina, ha dichiarato il ministro degli esteri Dmitry Kuleba ai giornalisti alla conferenza svizzera sull’Ucraina.

Secondo Kuleba, è ovvio che “entrambe le parti sono necessarie” per risolvere il conflitto. “Naturalmente, comprendiamo perfettamente che arriverà il momento in cui sarà necessario parlare con la Russia”, ha detto il ministro degli Esteri ucraino.

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