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30/06/2024

Se non è più Joe Biden, chi guida gli Stati Uniti e la loro politica estera?

di Seymour Hersh

I lettori di questa rubrica sanno che la deriva del Presidente Joe Biden verso la vacuità è in corso da mesi, da quando lui e i suoi consiglieri di politica estera hanno richiesto un cessate il fuoco che non ci sarà a Gaza, continuando a fornire a Israele le armi che lo rendono poco probabile. C’è un paradosso simile in Ucraina, dove Biden ha finanziato una guerra che non può essere vinta e si è rifiutato di partecipare ai negoziati che potrebbero porre fine al massacro.

La realtà dietro a tutto questo, come mi è stato detto per mesi, è che il Presidente non è più in grado di comprendere le contraddizioni delle politiche che lui e i suoi consiglieri di politica estera stanno portando avanti. L’America non dovrebbe avere un Presidente che non sa cosa ha firmato. Chi detiene il potere deve essere responsabile di ciò che fa, e la notte scorsa ha dimostrato all’America e al mondo che abbiamo un Presidente che chiaramente non è in quella situazione.

La vera vergogna non è solo di Biden, ma anche degli uomini e delle donne che lo circondano e che lo hanno tenuto sempre più nascosto. È un prigioniero, e nel corso degli ultimi sei mesi è peggiorato rapidamente. Da mesi sento parlare del crescente isolamento del Presidente, da parte dei suoi amici di un tempo al Senato, che si sono accorti che non è in grado di rispondere alle loro chiamate. Un altro vecchio amico di famiglia, il cui aiuto è stato richiesto da Biden su questioni chiave fin dai tempi in cui era vicepresidente, mi ha raccontato di una telefonata disperata del Presidente molti mesi fa. Biden disse che la Casa Bianca era nel caos e che aveva bisogno dell’aiuto del suo amico. L’amico ha detto di aver supplicato per non andare e poi mi ha detto, con una risata: “Preferirei sottopormi ogni giorno a un intervento di canalizzazione piuttosto che andare a lavorare lì”. Un collega del Senato, da tempo in pensione, è stato invitato da Biden a unirsi a lui in un viaggio all’estero, e i due hanno giocato a carte e condiviso uno o due drink sull'Air Force One. Al senatore è stato impedito dallo staff di Biden di prendere parte al volo di ritorno.

Mi è stato detto che il crescente isolamento del Presidente sulle questioni di politica estera è stato in parte opera di Tom Donilon, il cui fratello minore, Michael, sondaggista e consigliere chiave nella campagna presidenziale di Biden del 2020 e in quella attuale per la rielezione, ha fatto parte del team che ha trascorso gran parte della settimana a preparare Biden per il dibattito di ieri sera. Tom Donilon, 69 anni, è stato consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Biden dal 2010 al 2013 e ha cercato senza successo di essere nominato direttore della Central Intelligence Agency da Biden. Rimane comunque un importante “insider”.

Dato l’evidente declino di Biden negli ultimi mesi, è impossibile per un estraneo capire perché la Casa Bianca abbia accettato un dibattito con Donald Trump prima delle elezioni, per non parlare di impegnarsi nel primo dibattito presidenziale che, per la prima volta nella storia moderna, prevede anche un secondo confronto. Mi è stato detto che se Biden si fosse comportato bene, come nel suo discorso sullo Stato dell’Unione a marzo, la questione della sua capacità mentale sarebbe stata messa da parte. Una prestazione mediocre avrebbe dato alla campagna di Biden il tempo di preparare meglio il secondo dibattito in programma.

C’è stata anche una pressione da parte dei principali finanziatori democratici, molti dei quali di New York, affinché la campagna facesse qualcosa per contrastare la percezione di un evidente e crescente deterioramento del Presidente, come riportato e filmato dai principali media. Mi è stato riferito che almeno un leader straniero, dopo un incontro a porte chiuse con Biden, ha detto ad altre persone che il declino del Presidente era così visibile che era difficile capire come, mi è stato detto, “potesse affrontare i rigori” di una campagna di rielezione. Questi avvertimenti sono stati ignorati.

E adesso? Un esperto di politica di Washington mi ha detto oggi che il Partito Democratico sta affrontando “una crisi di sicurezza nazionale”. La nazione sta sostenendo due guerre devastanti con un Presidente che chiaramente non è all’altezza, ha detto, e potrebbe essere il momento di iniziare a redigere un discorso di dimissioni che eguagli o superi quello pronunciato nel marzo del 1968 dal Presidente Lyndon Johnson dopo la sua risicata vittoria sul senatore Eugene McCarthy alle primarie del New Hampshire.

“Sono in trappola”, ha detto a proposito dei consiglieri senior della Casa Bianca che speravano che Biden potesse in qualche modo andare abbastanza bene nel dibattito di ieri sera per poter poi continuare, con il necessario appoggio dei sostenitori finanziari più scettici di New York.

Non tutti quelli con cui ho parlato oggi sono d’accordo sul fatto che sia giunto il momento di forzare le dimissioni di Biden e sperare in bene alla Convenzione Nazionale Democratica di Chicago, in agosto, per scaricarlo e cercare nuovi candidati. “La mia umile opinione”, mi ha detto un collaboratore di lunga data del Partito Democratico, “è di lasciare che la polvere si depositi. Bisogna esaminare le opzioni realistiche prima che una reazione rapida crei una spaccatura interna al Partito Democratico con conseguenze di vasta portata oltre il 2024. Bisogna accettare la realtà... Il 2024 è probabilmente irrecuperabile a questo punto. È una montagna troppo ripida da scalare. È necessario pianificate ed eseguire un progetto a lungo termine per contrastare Mr. Orange e costruire una piattaforma moderata per la riscossa... e lasciate che Biden se ne vada in giro per la pinete di Barrens nel Jersey”.

Un’opinione diversa è stata espressa da un altro guru della politica. “Questa è l’era dei social media, di TikTok, Facebook, Instagram e X, e una campagna politica può andare molto lontano, molto velocemente”.

Comunque vada, abbiamo un presidente – ora completamente smascherato – che potrebbe non essere responsabile di ciò che farà nella prossima campagna elettorale, per non parlare delle sue azioni in Medio Oriente e in Ucraina. Che fine ha fatto il 25° emendamento che autorizza il Vicepresidente e la maggioranza del Gabinetto a dichiarare l’impedimento permanente del Presidente? Cosa sta succedendo all’interno della Casa Bianca di Biden?

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