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14/06/2024

Assets russi per finanziare l’Ucraina. Ma c’è aria di tempesta tra USA e UE

Il presidente francese Macron ha anticipato Giorgia Meloni nell’annunciare che, al G7 di Bari presieduto dal governo italiano, sarà ufficializzato l’accordo per l’utilizzo degli assets russi congelati in favore dell’Ucraina.

Cosa che non è andata giù ai delegati del governo italiano che lavorano sul dossier, che hanno visto l’uscita di Macron come un segno di debolezza. Hanno fatto notare che “il G7 non dovrebbe essere utilizzato per fare campagna elettorale”... o almeno, vorrebbero la facesse solo la Meloni.

Ad ogni modo, si parla concretamente di un prestito di 50 miliardi a Kiev, per sostenere lo sforzo bellico. Dall’Eliseo specificano che il contributo è “essenzialmente statunitense”, e che “questo prestito sarà rimborsato con i proventi dei beni russi congelati”.

Allo stesso tempo, però, viene evidenziato come, “se per un motivo o per un altro i beni russi vengono sbloccati o se i profitti dei beni russi non producono più ciò che è necessario per finanziare il prestito, allora si pone la questione della condivisione degli oneri”.

Infatti, le incognite sono tante: l’andamento della guerra, la riduzione dei tassi che potrebbe ripercuotersi sugli extraprofitti generati dai beni russi, la possibile elezione di Trump e le sue scelte in merito. E ovviamente, anche i rischi di una rottura epocale rispetto alle regole della finanza.

La preoccupazione che si legge tra le righe è che, se d’ora in poi i capitali potranno essere congelati e usati a piacimento a seconda dell’allineamento con i dettami euroatlantici, la fiducia nel sistema imperniato sulle grandi piazze occidentali e sul dollaro verrebbe meno.

Ma ormai a Washington e Bruxelles sembrano convinti di proseguire su questa strada. Non senza però contrasti che mostrano una certa difficoltà nel mettere d’accordo in tutto e per tutto le due sponde dell’Atlantico.

Nella guerra totale alla Russia, a perderci di più è stata sicuramente la UE, mentre gli USA ci hanno solo guadagnato. Questo prestito all’Ucraina potrà essere integrato anche con finanziamenti europei o contributi nazionali, ma il nodo delle garanzie rimane in discussione.

Quando l’Eliseo ha parlato del nodo della “condivisione degli oneri”, si riferiva a ciò che un alto diplomatico europeo ha rivelato prima dell’inizio del G7 al giornale statunitense Politico, con formule assai meno diplomatiche:

“Quello che Washington propone è: ‘Noi [gli Stati Uniti] prendiamo un prestito, l’Europa si assume tutti i rischi, voi [l’Europa] pagate gli interessi e noi [gli Stati Uniti] usiamo i soldi per un fondo USA-Ucraina’. Forse siamo stupidi, ma non così tanto”.

Il timore dei governi UE è che, di fronte a possibili contrattempi, si trovino da soli a garantire questo prestito. Mentre a guadagnarne potrebbero essere per lo più le compagnie a-stelle-e-strisce, ricevendo la maggior parte dei contratti militari e per la futura ricostruzione.

Per questo, anche se è stato ufficializzato un accordo politico sul tema, presente sui tavoli occidentali da mesi, la vera partita comincerà dietro le quinte, quando i tecnici dovranno definire ogni dettaglio del prestito. Anche attraverso quale strumento verrà erogato.

C’è molta più aria di tempesta di quanto appaia al tavolo del G7.

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