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16/08/2024

Emerge l'ovvio: il North Stream è stato sabotato dagli ucrani

Come sempre, in guerra, la verità viene fuori tardi e risulta l’opposto di quanto è stato affermato apoditticamente in tempo reale.

Il procuratore federale tedesco Jens Rommel ha ottenuto un primo mandato di arresto per un cittadino ucraino nell’ambito delle indagini sul sabotaggio del gasdotto North Stream nel Mar Baltico. È l’anticipazione data il 14 agosto dai media tedeschi Die Zeit, Süddeutsche Zeitung e dall’emittente pubblica Ard, secondo cui negli ultimi mesi gli investigatori sarebbero riusciti a raccogliere prove sufficienti per ottenere un mandato d’arresto per il sospetto da un giudice istruttore della Corte federale di giustizia all’inizio di giugno.

È da ricordare che anche questi tre media, come tutti quelli del “libero Occidente”, avevano giurato (e confuso i loro lettori) che quell’attentato era stato compiuto dai russi. E a nulla valeva far notare che risultava piuttosto assurdo che Putin o chi per lui avesse ordinato la distruzione del gasdotto che tanto era costato a Mosca e garantiva solide entrate trasportando gas in Germania e in Europa. Ma non c’era niente da fare: “ha stato Putin” e “i russi si bombardano da soli”...

A giugno, i procuratori tedeschi si sarebbero rivolti alle autorità polacche con un mandato d’arresto europeo, nella speranza di poter arrestare il sospettato (Volodymir Z, quasi un omonimo di Zelenskij), che avrebbe avuto come ultimo luogo di residenza la Polonia.

Notizia confermata dalla Polonia che ha fatto sapere di aver ricevuto il mandato di cattura europeo dalla Germania. A dichiararlo è stata una portavoce dell’ufficio della Procura, confermando di fatto le anticipazioni dei media tedeschi.

Il sospetto, ha ribadito la portavoce, è un cittadino ucraino che non è stato trovato al momento delle ricerche effettuate nel luogo di residenza.

Stando ai tre media tedeschi, altri due cittadini ucraini sono sospettati nel quadro della stessa inchiesta, tra loro una donna. I due sono stati coinvolti nell’operazione, forse con il ruolo di sommozzatori, per piazzare le cariche esplosive sul gasdotto

Il New York Times ha ricostruito la storia con molti più dettagli, narrando di una riunione tra alti ufficiali ucraini che ha messo a punto il piano di sabotaggio ottenendo rapidamente il placet dei Zelelnskij.

L’operazione, sul piano militare, non era per nulla costosa né complessa: il gasdotto correva ad appena 16 metri di profondità, nel punto in cui è stato distrutto, a poche centinaia di metri da una base Nato (molto probabilmente al corrente dell’impresa, altrimenti sarebbe stato un suicidio compierla). Bastavano un paio di sommozzatori neanche tanto esperti e il gioco era fatto.

La menzogna sull’attribuzione della responsabilità era pressoché obbligata. In base alle regole del diritto internazionale, sempre citato a sproposito dai menestrelli dei media occidentali, il sabotaggio del North Stream era tecnicamente una dichiarazione di guerra alla Germania: una infrastruttura strategica per la sicurezza energetica di un paese centrale nella NATO fatta saltare da un commando appartenente a un paese extra-NATO con la complicità o la connivenza dei servizi segreti di altri paesi NATO e della Polonia.

Roba da invocare l’art. 5 dell’alleanza contro l’Ucraina.

Ed era difficile spiegare ai cittadini tedeschi perché fosse così necessario armare e finanziare un regime neonazista che poneva in essere atti di guerra contro la Germania...

Scholz e Baerbock (la “verde” ministra della difesa) hanno così avallato la versione di Washington e Kiev, sommando il servilismo all’accettazione passiva di un atto di guerra contro il paese che dirigono.

Naturalmente chi, come noi, senza fonti di informazione particolari ma sulla base della logica elementare, spiegava già allora quel che oggi viene “scoperto”, veniva ascritto d’autorità tra i “putiniani”...

Comunque, la decisione della magistratura tedesca, per quanto tardiva, segnala che tutta la vicenda ucraina ha superato i limiti della tolleranza possibile. Se si procede contro agenti segreti di Kiev vuol dire che l’ora dello “sganciamento” tra interessi ucraini, Nato ed europei si sta forse avvicinando...

Quanto ai gazzettieri di casa nostra, ahinoi, non c’è proprio speranza che questa o altre “scoperte” li convincano a diventare appena appena più seri.

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