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15/08/2024

Guerra in Ucraina - Che obiettivi ha raggiunto l'operazione nel Kursk?

di Francesco Dall'Aglio

A una settimana dall’inizio dell’incursione nell’oblast di Kursk, la situazione resta fluida – e uso appositamente questo termine, perché molti scontri sembrano più navali che terrestri, con unità di piccole dimensioni che si danno reciprocamente la caccia su un territorio piuttosto ampio, piuttosto spopolato e non molto antropizzato (molto meno del Donbas, per capirci). Se è vero che la zona di operazioni ucraina non si è ampliata ulteriormente, è vero anche che i rinforzi russi non sono riusciti a sloggiarli, ed è improbabile che riescano a farlo in breve tempo. È probabile che si vada verso una stabilizzazione e il trinceramento delle unità ucraine nella parte più vicina al confine e più facilmente rifornibile: sempre ammesso che non sia nei piani del comando russo, più che impegnarsi in una operazione metodica di ripulitura villaggio per villaggio, lanciare un attacco direttamente verso Sumy, o degradare talmente tanto le linee logistiche ucraine da obbligarli a ritirarsi.

Di quello che secondo me era lo scopo dell’operazione ho già scritto, e qualcuno mi ha pure rimproverato perché l’ho trovata un’operazione elegante. Ci sono poi, ovviamente, altri scopi che prescindono dall’occupazione, o anche solo dal controllo del territorio. Ieri ad esempio Zelensky parlava di un ‟fondo di scambio per il nostro paese” (link 1), lasciando nel dubbio se intendesse scambio di territori o prigionieri; poi c’è la speranza che il comando russo sia costretto a ritirare truppe dalle altre aree operative, sguarnendone i settori; che la società russa collassi, o almeno si disunisca; che il morale delle truppe ucraine si sollevi, e infine che arrivino altri aiuti dall’Occidente.

A distanza di una settimana, c’è da chiedersi quali di questi obiettivi siano stati raggiunti, o possano verosimilmente esserlo.

La manovra che io avevo ipotizzato (ammesso che fosse davvero quella) per quanto elegante è fallita – bastassero le azioni eleganti sulla carta, sappiamo bene chi avrebbe vinto la seconda guerra mondiale – e pare difficile, col fronte che si è stabilizzato, che si possa realizzarla in futuro. Resta l’opzione di accompagnarla con altre incursioni in altre parti del confine, ma non tutte sono così sguarnite come quella di Sudža, che infatti è stata scelta apposta. Il ritiro delle truppe russe da altri settori si è rivelato molto meno importante di quanto il comando ucraino avesse sperato, cosa per la quale vedi il lungo articolo dell’Economist di tre giorni fa, e anzi sempre secondo lo stesso articolo pare sia stato il comando ucraino a ritirare truppe dagli altri settori: su tre soldati intervistati, tutti e tre hanno riferito che le loro unità sono state spostate dal Donbas e inviate nel Kursk con pochissimo preavviso.

Da un lato questa cosa significa che la riserva strategica ucraina non è stata intaccata pesantemente, il che lascerebbe spazio in futuro a ulteriori operazioni; dall’altra, ovviamente, che ora ci sono settori del fronte più sguarniti, e non sono quelli dei russi, che infatti nel Donbas continuano ad avanzare.

Il morale dei reparti ucraini è una questione complessa: sicuramente ora è più alto, ma non tutti sono d’accordo con la scelta di agire oltreconfine invece di rinforzare gli altri fronti. La società russa, ovviamente, non è collassata: se Putin abbia o non abbia perso popolarità è un dato abbastanza marginale, spaccature non se ne vedono, anzi c’è, o almeno è pompato dai media, un certo risveglio ‟patriottico”, che vedremo come si concretizzerà. Quello che invece è successo sicuramente è che la questione delle trattative di pace si è arenata definitivamente, come hanno ribadito in questi giorni Putin e Medvedev, ognuno col suo stile.

Per quanto riguarda il sostegno occidentale, la questione è complessa. Allego tre articoli tra loro molto simili, del New York Times, di Bloomberg e di der Spiegel .

Sostanzialmente dicono tutti la stessa cosa: operazione audace, Putin beffato, problema per la Russia, ma anche parecchia cautela (oltre a quella linguistica: l’operazione è definita ‟incursione”, ‟raid” o ‟attacco”, non ‟invasione”, ovviamente). Sì, tutto sommato si può parlare di successo, ma è improbabile, dicono tutti, che questi guadagni potranno essere mantenuti o servano davvero a qualcosa, e soprattutto non aiutano la situazione sul resto del fronte dove invece le cose per l’Ucraina continuano ad andare male (addirittura catastrofico al riguardo der Spiegel).

E poi ci sarebbe da discutere la questione delle perdite, naturalmente, che sono complesse da quantificare dal momento che non sappiamo nemmeno quanti uomini sono impiegati nell’operazione. Dei giornali che ho citato solo l’Economist ne parla, e lascia intendere che non siano leggere. I canali russi traboccano di filmati, spesso parecchio crudi, che mostrano mezzi distrutti e soldati uccisi, ma è un tipo di guerra – quello delle incursioni a parecchia distanza dalle linee sicure – che porta ovviamente a perdite, un po’ come successo ai reparti russi nella primissima fase dell’invasione. Quando la nebbia si sarà diradata ne sapremo qualcosa di più.

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