Oggi il Kurdistan iracheno va alle urne: la regione autonoma
settentrionale è chiamata ad eleggere un nuovo parlamento da centoundici
seggi. Due milioni e 800mila aventi diritto al voto, trentuno partiti in corsa, 1.139 candidati, cento seggi in palio (i restanti 11 sono destinati alle minoranza assire, armene e turkmene).
A dominare il palcoscenico, seppur più in ombra di prima, sono i due
principali partiti curdi, l'Unione Patriottica del Kurdistan - PUK,
guidata dal presidente iracheno Talabani - e il Partito Democratico del
Kurdistan - KDP, con a capo il presidente della regione curda, Barzani.
Ma stavolta, dopo quattro elezioni parlamentari, la mappa politica curda
potrebbe cambiare: la vittoria delle due fazioni non è affatto
scontata. A tentare di strappare loro consensi ci sono una serie di
piccoli partiti di opposizione, a partire dagli islamisti e i comunisti,
il cui obiettivo di campagna elettorale è stato quello di screditare
l'attuale governo curdo, accusandolo di nepotismo e corruzione. E il
risultato non sarà scontato: se i due partiti riusciranno ad ottenere
una buona parte dei seggi a disposizione, resta da vedere come ci
comporrà il resto del Parlamento e quindi l'eventuale maggioranza di
governo. Per la prima volta dal 1992, infatti, KDP e PUK corrono da
soli. Niente tandem per una coalizione che alle scorse elezioni ottenne
59 seggi su 111 e che governa il Kurdistan da otto anni.
A tenerli insieme era stato un patto stretto nel 2007, fondato sulla
perfetta divisione delle poltrone. Un accordo venuto meno anche a causa
di un indebolimento del PUK, il cui leader Talabani è lontano dai
riflettori da qualche mese per un infarto. Per ora nessun nuovo leader è
emerso - difficile sostituire Talabani - e il PUK naviga a vista, rischiando di perdere i tradizionali consensi.
A sfidarli ci sarà Goran (il Movimento del Cambiamento), guidato
dall'ex leader del PUK Nawshirwan Mustafa, il più grande partito di
opposizione che nel 2009, anno del suo debutto sulla scena politica,
riuscì a garantirsi 25 seggi e che oggi spera nel secondo posto.
Quattro o cinque seggi potrebbero andare ai due partiti islamisti,
l'Unione Islamica e il Gruppo Islamico.
Il voto di oggi si tiene in un periodo di tensioni per l'Iraq e per la
regione, di cui non può che risentire anche il Kurdistan. Da parte sua
Baghdad è alle prese con una violenza interna che potrebbe sfociare in
una guerra civile, mentre la vicina Siria rischia di contagiare
ulteriormente un Paese ancora profondamente fragile e incapace a
ricostruirsi. Il Kurdistan iracheno ha sempre goduto di una certa
autonomia, che gli ha permesso in passato di proteggersi (relativamente)
dai settarismi interni e di premere sul riconoscimento
dell'indipendenza.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento