di Mario Lombardo
Con la seconda migliore prestazione fatta segnare dal suo partito dal
1990, la cancelliera Angela Merkel si è garantita domenica un terzo
mandato alla guida della Germania. I risultati non ancora ufficiali
lasciano però in dubbio la composizione del prossimo governo che sarà
determinata dal numero definitivo dei seggi conquistati dai Cristiano
Democratici (CDU) e dall’Unione Cristiano Sociale (CSU), nonché
dall’eventuale ingresso nel “Bundestag” del partito anti-europeista AfD
(Alternative für Deutschland).
La CDU della Merkel e la CSU
avrebbero dunque ottenuto circa il 42% dei consensi, con un guadagno
superiore all’8% rispetto alle elezioni del 2008. Nonostante il modesto
miglioramento dei Social Democratici (SPD), il principale partito di
opposizione ha invece chiuso con un bilancio fallimentare, riuscendo a
conquistare poco meno del 26% dei voti espressi.
In netto calo
sono risultati anche i Verdi e Die Linke, incapaci di proporsi come
alternativa convincente ai due principali partiti del panorama politico
tedesco e fermatisi rispettivamente all’8,1% e all’8,5%.
Le
uniche cattive notizie per la Merkel sono state rappresentate dal
tracollo del proprio partner di governo, il partito Liberale Democratico
(FDP) pro-business, fermatosi al 4,7%. Come previsto e già anticipato
dai risultati delle recenti elezioni locali in Baviera, quest’ultimo
partito per la prima volta dal dopoguerra non è riuscito a superare la
soglia di sbarramento del 5% prevista per l’ingresso nella camera bassa
del Parlamento tedesco, perdendo perciò tutti e 93 i seggi attualmente
occupati grazie al 14,6% dei voti ottenuti cinque anni fa.
Senza
la possibilità di contare sull’FDP e nel caso non riuscissero a
garantirsi la maggioranza assoluta, la CDU e la CSU dovranno cercare
altrove il sostegno necessario a formare un governo. L’ipotesi più
probabile è quella della riproposizione della cosiddetta “Grosse
Koalition” con l’SPD dopo quella guidata sempre dalla Merkel tra il 2005
e il 2009. Ugualmente percorribile, anche se meno probabile, potrebbe
essere poi un’alleanza inedita della CDU e della CSU con i Verdi.
Il
candidato alla cancelleria per l’SPD, Peer Steinbrück, è stato d’altra
parte il Ministro delle Finanze nel governo Merkel sorto dopo le
elezioni del 2009 e si trova su posizioni per certi versi molto vicine a
quelle della leader dei conservatori tedeschi nonostante una campagna
elettorale nella quale ha promesso di lavorare alla riduzione delle
differenze di reddito e di aumentare il carico fiscale per i tedeschi
più ricchi.
Alla
diffusione dei primi risultati nella serata di domenica, Steinbrück ha
in sostanza confermato la disponibilità del suo partito per una Grande
Coalizione, affermando che “la palla è ora nel campo della signora
Merkel che ha la responsabilità di mettere assieme una maggioranza”.
Questa
prospettiva di un nuovo governo CDU-CSU-SPD diventerebbe poi una
certezza se gli anti-europeisti di AfD dovessero superare la soglia del
5% e ottenere una rappresentanza nel Bundestag, visto che i seggi da
assegnare ai vari partiti dovrebbero essere riconteggiati. Le proiezioni
indicano per questo partito, fondato solo lo scorso mese di febbraio,
un risultato tra il 4,8 e il 4,9%.
La Grande Coalizione è in ogni
caso la soluzione preferita da Bruxelles e dagli ambienti finanziari
internazionali, certi che l’ingresso nel governo dei Social Democratici
potrebbe garantire la copertura “progressista” necessaria per tenere a
freno le tensioni sociali in vista delle misure impopolari che si
prospettano anche per la Germania.
Infatti, al di là dei consueti
resoconti giornalistici che esaltano le prestazioni economiche della
Germania e il basso livello di disoccupazione, la crescita che questo
paese è riuscito a mantenere durante questi anni di crisi ha prodotto
risultati contraddittori.
Gli ultimi due decenni hanno cioè
registrato anche qui un nettissimo aumento delle disuguaglianze sociali e
dei livelli di povertà, dovuti in gran parte alle misure che, secondo
la versione ufficiale, hanno garantito la crescita economica tedesca.
A
tutt’oggi, infatti, quasi un quarto di tutti i lavoratori dipendenti in
Germania ha un impiego sottopagato, una percentuale in Europa inferiore
soltanto alla Lituania. Dei risultati della “locomotiva” tedesca,
perciò, hanno beneficiato quasi esclusivamente i redditi più alti,
grazie soprattutto alle “riforme” dello stato sociale e del mercato del
lavoro implementate proprio dal governo socialdemocratico di Gerhard
Schröder tra il 1998 e il 2005. Difficile che la musica cambi.
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