un po’ di tempo fa, la via per la strada della partecipazione politica, dell’attivismo era molto più spianata di ora.
gli uomini del partito, dagli anziani ai neopadri di famiglia, mi dicono sempre, ricordandosi con un pizzico di orgoglio, che la loro famiglia era comunista, che lo zio era comunista, che la madre era comunista, che il fratello del loro padre era comunista e che il loro nonno (o padre) era partigiano.
“ce dovevi solo provà a diventà socialista, magari, in una famiglia come la mia. te disconoscevano tutti, mica no!?“
già instradati sui binari, questo era il trucco: i muri non c’erano e c’era un’idea chiara, imprecisa e un po’ offuscata a volte, ma c’era.
in un film di poco tempo fa (“tutta la vita davanti”), c’è una scena che magari potrebbe essere stata trascurata agli occhi della maggior parte delle persone che lo hanno visto: mastandrea, che impersonava il sindacalista della nidil-cgil, a casa della protagonista, le racconta di come viveva le manifestazioni quando era piccolo, da lì gli era partita la fissa di diventare sindacalista.
“mio padre era verniciatore alla fiat di cassino, ogni tanto mi portavano alle manifestazioni e io mi divertivo un casino: era una festa, ci andavano tutti e 9.000. t-u-t-t-i: erano belli, erano forti, erano allegri, con le tute blu e gli striscioni. e dalle buste che avevano in mano arrivava l’odore dei panini con la frittata che gli preparavano le mogli. era bellissimo: lì anche l’ultimo arrivato si sentiva invincibile, perché se toccavano uno, toccavano tutti”.
e oggi?
mi è venuta in mente una cosa, a proposito delle manifestazioni e di quello che diceva il sindacalistanidil-mastandrea, nel film: ai cortei di oggi, ai lunghi serpentoni studenteschi, si possono ascoltare le più disparate canzoni, anche “mia dolce rivoluzionaria”.
magari è un pensiero idiota, ma “mia dolce rivoluzionaria” rappresenta in pieno il non saper dove andare da parte di una generazione che cerca l’impegno politico, ma che davanti a sé ha solo una miriade di fiumi carsici.
perché dico questo?
perché “mia dolce rivoluzionaria” è una canzone fraintesa: “scuoteva la testa quando le dicevo che ora servono nuove parole: alza il pugno, mia dolce rivoluzionaria [...] l’utopia è rimasta, la gente è cambiata, la risposta ora è più complicata”.
il problema è che una generazione che cantava l’internazionale è un conto mentre una che canta “mia dolce rivoluzionaria” è semplicemente una senza orizzonti, né lungimiranza.
purtroppo.
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