Entro stasera il Consiglio di Sicurezza dell'Onu voterà la risoluzione
sulla Siria. La Russia ha dato il via libera alla bozza presentata ieri
sull'arsenale chimico di Bashar al-Assad, dopo due anni di veti e
stalli.
Una risoluzione che prevede la distruzione delle armi chimiche del
regime di Damasco, pena un intervento internazionale non meglio
specificato. I missili statunitensi? Il presidente Putin era stato
chiaro: la Russia interverrà contro Assad se non rispetterà l'accordo
stipulato con la comunità internazionale, aggiungendoci però tutte le
perplessità russe in merito. La bozza di risoluzione redatta ieri si
basa sul noto Capitolo VII, che prevede l'uso della forza nel caso di
minaccia alla sicurezza e alla pace internazionale, ma richiede un
ulteriore passaggio in Consiglio di Sicurezza. Passaggio non scontato:
Mosca potrebbe nuovamente bloccare con il veto un intervento armato
contro la Siria.
L'accordo di ieri è giunto nel pomeriggio dopo un incontro tra il
segretario di Stato Usa Kerry e il ministro degli Esteri di Mosca
Lavrov: "Abbiamo raggiunto un accordo - ha commentato Kerry - Questa
risoluzione può ora portare alla rimozione e alla distruzione delle armi
chimiche in Siria". La risoluzione prevede la creazione di un team
internazionale delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione per la
Proibizione delle Armi Chimiche dell'Aia, che torni in Siria per
verificarne l'implementazione.
I primi passi verso una soluzione diplomatica erano stati mossi
all'inizio di settembre, grazie alla mediazione russa che aveva evitato
il promesso attacco militare statunitense: il presidente Assad ha
accettato di consegnare la lista delle armi chimiche in suo possesso, ha
aperto le porte agli ispettori dell'Onu e ha promesso la consegna
dell'arsenale entro un anno.
A preoccupare l'Occidente, però, non è solo Assad. Le divisioni interne
alle opposizioni siriane e la sempre più spiccata appartenenza a fazioni
islamiste si sono tradotte in questi giorni nell'adesione di
tredici gruppi di ribelli alla "Alleanza Islamica". Due i punti di
contatto: l'abbandono della Coalizione Nazionale Siriana, ombrello delle
opposizioni riconosciuto legittimo rappresentante della Siria dalla
comunità internazionale; e l'intenzione di applicare la legge islamica,
la Shariah, alla nuova Siria.
Ne faranno parte, tra gli altri, il Fronte al Nusra e i salafiti di Ahrar al-Sham
(restano fuori gli ultraradicali dello Stato Islamico dell'Iraq e del
Levante). La nuova federazione fondata sull'islamismo militante potrebbe
marginalizzare definitivamente le forze moderate di opposizione:
l'Esercito Libero Siriano è già alle prese con scontri diretti contro
fazioni vicine ad Al Qaeda per il controllo di parte del Paese, una
faida interna che potrebbe portare gli islamisti a prevalere, forti del
sostegno della rete di Al Qaeda, ma anche di armi e denaro provenienti
da Qatar e Arabia Saudita. Secondo i dati a disposizione, circa 30mila
dei 100mila miliziani anti-Assad attivi in Siria sono entrati a far
parte dell'Alleanza Islamica. Non ancora la maggioranza dei ribelli,
ma sicuramente i meglio organizzati e addestrati, soprattutto nelle
regioni settentrionali.
A renderli sempre più forti, però, non è solo l'attività militare. In
alcune aree del Paese, oggi sotto il controllo dei ribelli, gruppi
islamisti - salafiti in primis - si sono guadagnati il consenso di una
popolazione allo stremo, attraverso programmi umanitari in grado di
alleviare almeno in parte la grave crisi economica in cui versa la
Siria.
All'Onu si dovrebbe discutere anche di questo: caduto Assad, quale Siria si prospetta all'orizzonte?
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