di Fabrizio Casari
Le rivelazioni
fornite da Edward Snowden circa l’intensa ed estesa attività di
spionaggio degli Stati Uniti a danno tanto dei paesi ritenuti “ostili”
come di quelli “amici”, ha procurato un deciso smacco diplomatico per
Barak Obama, che si è visto rifiutare con nettezza dal Brasile l’unico
incontro fino ad ora programmato nell’agenda del presidente USA entro la fine del
2013. La data fissata era quella del prossimo 23 Ottobre. Era prevista
una visita di Stato, cioè il massimo livello che gli Stati Uniti offrono
ai loro ospiti stranieri. Ma Dijlma Roussef, energica ed orgogliosa
Presidente del Brasile, ha rifiutato l’invito.
Poteva annullare
l’incontro attraverso le sole vie diplomatiche e poteva farlo scegliendo
una motivazione qualunque e già la cosa in sé avrebbe destato scalpore,
non essendo certo una consuetudine quella di rifiutare una visita di
Stato a Washington. Ma Dijlma ha invece scelto di rendere pubblico il
gran rifiuto, facendolo accompagnare da un comunicato breve ma durissimo
nel quale spiega le proprie ragioni.
“Le pratiche illegali delle intercettazioni delle comunicazioni e dati
dei cittadini, aziende e membri del governo brasiliano costituiscono un
fatto grave, un attentato alla sovranità nazionale e sono incompatibili
con la convivenza democratica tra paesi amici”.
Le rivelazioni di Snowden, pubblicate con particolare evidenza dal The Guardian e, successivamente, dal gigante televisivo brasiliano Rede Globo,
dimostrano come la NSA si sia dedicata a spiare soprattutto la
presidenza e la principale azienda petrolifera pubblica, la Petrobras, e
le rivelazioni erano state oggetto di una presa di posizione durissima
sia da parte della Presidente Roussef che del suo predecessore Lula Da
Silva. Proprio la scorsa settimana, i due avevano sostenuto un incontro
ed entrambi avevano convenuto che fossero indispensabili le scuse
formali da parte di Obama.
Il Presidente statunitense, però, non
ha ritenuto di pronunciarsi nei termini richiesti dal Brasile e si è
limitato ad affidare ad una nota diffusa dalla Casa Bianca la sua
“comprensione e dispiacere per le preoccupazioni che le rivelazioni di
presunte attività di intelligence degli USA generino in Brasile”. Ma
rifiutandosi di assumersi le proprie responsabilità e di indicare le
misure che dovrebbe prendere al riguardo, si limita ad annunciare che
“cercherà di superare questa fonte di tensioni bilaterali per le vie
diplomatiche”. Riguardo il cosa fare e quando, il comunicato della Casa
Bianca informa che Obama ha chiesto un’ampia revisione delle attività
d’intelligence statunitensi, ma che il processo richiede "tempi lunghi”.
Non
poteva bastare e non è bastato. Il Brasile non è disponibile a recitare
la parte della zolla d’erba nel "giardino di casa" e fa capire come il
rifiuto da parte di Dijlma potrebbe essere solo l’inizio di una fase di
rivisitazione dei rapporti politici e commerciali con gli Stati Uniti,
benché da Washington si sarebbe fatta trapelare la disponibilità
statunitense ad appoggiare la candidatura del Brasile ad un seggio
permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Disponibilità
difficile da credere e comunque tutta da verificare.
Brasilia ritiene però che l'eventuale disponibilità USA, ancorché
dubbia, non andrebbe sopravvalutata, giacché un seggio gli spetterebbe
di diritto non solo vista la sua dimensione ed il rilievo
internazionale, ma anche perché sarebbe una posizione dalla quale
parlerebbe l’intera comunità latinoamericana. Ed è proprio qui, infatti,
che risiede la diffidenza di Washington, che vorrebbe utilizzare il
Brasile come contraltare parziale alla Cina ma che teme che dare voce e
rappresentanza formale in sede Onu alla nuova America Latina possa
rappresentare un boomerang per i suoi disegni imperiali. Inoltre, la
diplomazia brasiliana ha una storia di grande rilevanza e prestigio e
già in diverse occasioni ha rappresentato un ostacolo ai piani di
Washington.
L’ultima fu nel 2010, quando insieme alla Turchia il Brasile riuscì a
proporre una via d’uscita diplomatica alla tensione crescente tra
Occidente e Teheran sul nucleare iraniano. Gli Usa dovettero fare buon
viso a cattiva sorte e Lula vide accrescere il suo prestigio
internazionale. Ne seguì un significativo incremento del suo scambio
commerciale tra Brasile e Iran, cosa certamente poco gradita a
Washington.
Ed ora, una delle conseguenze possibili
nell’immediato, almeno sul piano della cooperazione commerciale a fini
militari, potrebbe essere la sospensione della commessa per i caccia F16
che Brasilia avrebbe dovuto acquistare dagli Stati Uniti. Che senso
avrebbe, affermano a Brasilia, fare affari sul terreno strategico con
chi ci spia per controllarci e per procurarsi vantaggi illegittimi nelle
trattative commerciali?
L’affaire
Snowden, così, rallenta inevitabilmente la marcia di riavvicinamento di
Washington verso il Cono Sud dell’America Latina. Nel Vertice delle
Americhe del 2009, Obama aveva promesso “un nuovo inizio” ai governi
latinoamericani, ma non sembra esserci niente di nuovo nelle sue
politiche, che anzi uniscono sinistramente identici metodi per “nemici” e
“amici”.
Se per i paesi ostili restano in piedi le vecchie fobie (come il
blocco contro Cuba, rinnovato per un altro anno tre giorni or sono in
quanto utile per “gli interessi nazionali”) per quelli che si
vorrebbero “amici” si montano nuove intromissioni tramite le agenzie di
spionaggio.
Al punto che persino due amici storici come Messico e Colombia hanno
preso posizioni durissime circa le prove che hanno dimostrato come i
loro rispettivi governi siano stati spiati dalla NSA. Ma se per la
Colombia risultano ipocrite le proteste, viste le basi militari e la
sovranità politica da tempo consegnate a Washington e per il Messico di
Pena Nieto, ultimo dei burattini del circo di Salinas De Gortari, il
rischio è quello che la DEA possa decidere di non chiudere tutti e due
gli occhi sul matrimonio tra narcos, forze armate e governo, nel caso
del Brasile le cose sono decisamente diverse. La dignità e la sovranità
del gigante carioca non sembrano acquistabili con una manciata di parole
e qualche commessa industriale.
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