Ammontano a 22,1 miliardi i prestiti elargiti dalla Repubblica popolare cinese all’America Latina nel 2014, con un aumento del 71% rispetto all'anno precedente. Assai di più dei 20 miliardi messi insieme da Banca Mondiale e Banca interamericana di sviluppo (Bid) messe insieme, e largamente concentrati in Brasile, Argentina, Venezuela ed Ecuador: lo si apprende da uno studio dell’InterAmerican Dialogue.
Il Brasile è stato il principale recettore, con 8,6 miliardi di dollari, seguito dall’Argentina con 7 miliardi, dal Venezuela con 5,7 e dall’Ecuador con 820 milioni. Nel caso di Venezuela, Argentina ed Ecuador, l’alta concentrazione risponde “alle difficoltà” ad accedere al mercato internazionale dei capitali.
Per la maggior parte, i crediti si sono concentrati nei settori delle miniere, dell’energia e delle infrastrutture (trasporti e trasmissione elettrica). Secondo i ricercatori si tratta di fondi che continueranno ad affluire nei prossimi anni, “dal momento che la Cina considera i prestiti come strumenti diplomatici”.
Nel 2013 i contributi cinesi si erano aggirati ‘appena’ sui 13 miliardi di dollari e in particolare in Venezuela, che ne aveva captati oltre 10 miliardi, lasciandone uno al Messico, 749 milioni alla Giamaica, 691 milioni all’Ecuador, 289 milioni all’Honduras, 101 milioni alla Costa Rica.
Spesso i fondi cinesi sono fondamentali per un enorme numero di programmi nel settore delle infrastrutture in America Latina. Fra i principali vi sono il miglioramento delle linee della metropolitana di Buenos Aires e la costruzione di una rete stradale in Ecuador.
La strategia seguita dai cinesi in America latina sembra molto simile a quella che ha spianato la strada di Pechino in Africa. Infatti i prestiti vengono concessi assai più facilmente che da altri soggetti internazionali e Pechino in genere non interferisce nelle vicende politiche interne del paese limitandosi ad esercitare pressioni economiche.
Secondo alcuni analisti nel 2015 i finanziamenti cinesi al subcontinente latinoamericano potrebbero aumentare a tal punto da superare il record fatto segnare nel 2010, quando da Pechino arrivarono nella regione ben 37 miliardi di dollari.
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