L’Egitto impegnato a incarcerare attivisti e condannare a morte
Fratelli Musulmani si scopre invece magnanimo con i vecchi uomini di
Mubarak che, dopo aver depredato le casse dello Stato per anni e
contribuito a portare il paese sull’orlo della bancarotta, hanno anche
soffocato nel sangue le manifestazioni scoppiate soprattutto a causa
della tragica situazione socio-economica in cui versava il paese. Habib
el-Adly, ex ministro degli Interni di Mubarak, è stato assolto ieri dal
tribunale di Giza da tutte le accuse di corruzione che pendevano su di
lui: secondo i pm avrebbe ammassato illegalmente oltre 25 milioni di dollari durante il suo ufficio.
Il mese scorso una corte d’appello egiziana aveva ribaltato
la condanna – sospesa – a cinque anni di Adly e dell’ex premier Ahmed
Nazif per altre accuse di corruzione. L’ex ministro dell’Interno,
inoltre, era stato prosciolto lo scorso novembre dalle accuse di
omicidio, che gli erano valse l’ergastolo in primo grado,
assieme all’ex presidente Hosni Mubarak. Nei 18 giorni di rivolta contro
il rais, infatti, furono 800 le persone uccise e fu proprio il titolare
degli Interni ad autorizzare la repressione dei manifestanti. Secondo
la Corte d’Assise del Cairo, Mubarak non doveva essere processato
quindi “non sarà né assolto né condannato”. Il rais è stato scagionato anche dalle accuse di corruzione relative all’export di
gas verso Israele.
Tra le priorità del nuovo Egitto, guidato da una cordata di
militari capeggiati da Abdel Fattah al-Sisi, c’è la “lotta al
terrorismo”, una vaga definizione con cui il governo sembra identificare
chiunque si opponga al regime restaurato. Dopo aver rovesciato
il presidente [il primo della storia egiziana eletto secondo regole
democratiche, ndr] Mohamed Morsi con un golpe nel luglio del 2013, il
nuovo capo dello Stato al-Sisi si è impegnato a reprimere qualsiasi
forma di dissenso, promulgando leggi come il divieto di manifestazioni
non autorizzate, che hanno riempito le carceri egiziane di attivisti sia
islamisti che laici. La messa al bando della Fratellanza,
dichiarata organizzazione terroristica nell’ottobre 2013, ha quindi dato
il via ufficiale alla condanna a morte di centinaia di dimostranti
islamisti, scontratisi con le forze dell’ordine per manifestare
contro il colpo di stato ai danni del loro leader eletto durante il
sanguinoso mese di agosto del 2013.
In quest’ottica si deve leggere la sentenza di qualche giorno fa del
tribunale di Giza, che ha condannato alla pena di morte la Guida suprema
della Fratellanza Musulmana, Mohammed Badi’, e altri 13 membri del
movimento islamico per aver causato – si legge nella sentenza – “caos e
attacchi contro la polizia e le istituzioni di stato”. Accuse simili,
seppur la condanna sia molto più leggera, sono state pronunciate contro
Alaa Abdel Fattah, blogger e attivista diventato uno dei leader della
sollevazione popolare contro Mubarak del 2011. Nel 2013 era sceso in
piazza assieme ad altri attivisti, nonostante i divieti, e questo gli è
costato l’accusa di organizzazione di una protesta illegale e di
aggressione a un poliziotto. È finito alla sbarra assieme ai suoi
compagni, ai quali sono state inflitte pena dai tre ai cinque anni.
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