Dalla scorsa estate la Libia ha due
parlamenti: uno non riconosciuto a Tripoli guidato da un’alleanza
islamista chiamata Alba libica e un altro, a Tobruk, che è considerato
invece legittimo dalla comunità internazionale.
Il possibile riavvicinamento tra
le due parti mediato dall’Onu potrebbe essere però ostacolato dalla
nomina dell’ex generale Khalifa Haftar a capo dell’esercito decisa ieri
dal governo di Tobruq. La promozione di Haftar – il cui giuramento è previsto tra oggi e domani – potrebbe infatti generare tensioni con il governo di Tripoli
che teme con il suo incarico una maggiore influenza degli uomini del
passato regime. Una nomina discutibile considerato lo stato di caos che
regna nel Paese che avrebbe assoluto bisogno di figure con più appeal
unitario.
Khalifa Haftar aiutò Gheddafi a salire
al potere alla fine degli anni '60, ma ne divenne un suo nemico con
la guerra tra Libia e Chad negli anni '80. Figura controversa dell’era
post Gheddafi, Haftar ha riacquistato visibilità nel 2014 quando ha cominciato a combattere i miliziani islamisti di Bengasi nell’est del
Paese. Se da un lato la sua azione militare è riuscita a conquistare il
consenso di molti libici preoccupati per la forza crescente dei gruppi
islamici (alcuni dei quali finanziati dagli occidentali tre anni prima
in chiave anti-Gheddafi), dall’altro la sua operazione bellica ha
suscitato dure critiche per gli attacchi compiuti contro le
infrastrutture civili (in particolar modo porti e aeroporti). Nella sua
battaglia contro i gruppi jihadisti nell’est del Paese, Haftar è
riuscito a inquadrare le sue forze irregolari con le truppe nazionali
ottenendo diversi successi militari. Ma ha attaccato anche le forze
affiliate ad Alba libica con cui il parlamento di Tobruk ritornerà a
trattare grazie alla mediazione Onu.
Secondo una fonte anonima del parlamento libico riconosciuto internazionalmente,
i negoziati sono stati sospesi la scorsa settimana perché Tobruk teme
che l’Onu possa imporre l’inclusione degli islamisti di Alba libica nel
futuro governo nazionale. Da settembre l’inviato Onu Leon ha
tentato di trovare una mediazione tra i gruppi rivali di Tripoli e
Tobruk, ma, al momento, i risultati appaiono alquanto modesti. Le
Nazioni Unite avevano esortato i due parlamenti a incontrarsi nuovamente
questo giovedì in Marocco, ma il vertice è stato rimandato. Lo scorso
11 febbraio l’inviato Onu si era incontrato separatamente nel sud del
Paese con alcuni ufficiali di entrambi i governi e aveva giudicato i
colloqui indiretti tra le due parti “positivi e costruttivi”.
Mentre la diplomazia balbetta, la condizioni di vita dei civili restano difficili. Se gli attacchi dei miliziani affiliati allo Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi continuano (ieri colpiti i giacimenti petroliferi di Bahi e Mabruk), non cessa l’esodo degli egiziani dal Paese. Secondo il Cairo, dal 16 febbraio 33.247 egiziani sono ritornati in Egitto. 787 nella sola giornata di domenica.
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