Fonte Limes |
Lo spionaggio si riferirebbe alla sua attività sui social network. Soprannominato dalla stampa israeliana “la spia di Facebook”, Maqt, che fa parte della stragrande maggioranza di drusi che ha rifiutato di prendere la cittadinanza israeliana dopo l’annessione unilaterale del Golan siriano occupato nel 1981, era stato arrestato nel 1985 per aver preso parte alla resistenza drusa contro Israele e rilasciato solo nel 2012. Da allora si sarebbe dedicato a documentare l’attività militare israeliana al confine con la Siria, soprattutto le interazioni tra l’esercito di Tel Aviv e i gruppi di miliziani siriani, in primis con al-Nusra, per poi postare tutti i video e le foto sulla sua pagina Facebook.
Proprio i video, ripresi numerose volte dalla televisione di stato siriana e dall’emittente al-Ikhbariyeh, sarebbero stati usati come prove nel processo a suo carico: secondo l’accusa, infatti, il grande numero di like e condivisioni dei post di Maqt avrebbero potuto “incitare altri utenti di Facebook” a condividere dei “sentimenti estremisti verso Israele”. Prove che effettivamente arricchiscono la documentazione sui presunti legami tra Tel Aviv e alcune frange dell’opposizione siriana, come testimonia un amico di Maqt ad al-Jazeera: “Postava i video e le immagini – ha dichiarato l’uomo, di cui non è stato diffuso il nome – di incontri tra il personale dell’esercito israeliano e al-Nusra. In una registrazione, ha filmato due autobus bianchi con i combattenti di al-Nusra entrare in una base dell’esercito israeliano”.
Inoltre, al-Jazeera riferisce che circa due settimane fa un soldato israeliano originario della Galilea, Hilal Halabi, sarebbe stato incriminato da un tribunale militare per aver condiviso illegalmente informazioni classificate con Maqt sulle attività dell’esercito israeliano lungo la recinzione tecnica tra Israele e Siria nella zona di Majdal Shams. Il quotidiano israeliano Jerusalem Post ha confermato che la Corte militare del Distretto centrale ha emesso un ordine di censura sulla stampa su tutta la faccenda.
Maqt si troverebbe ora in cella di isolamento e i giudici militari gli avrebbero impedito di venir assistito dai legali da lui scelti perché “non avrebbero il livello di autorizzazione necessario per affrontare le prove presentate”. “Gli israeliani – ha commentato l’amico di Maqt – stanno cercando di trasformarlo in un problema di sicurezza quando non è il caso. Le sue informazioni sono sempre state pubbliche, ma Israele è infastidita dai suoi video perché confermano i contatti con i miliziani siriani diffusi dai rapporti delle Nazioni Unite”.
I rapporti in questione, presentati lo scorso dicembre al Consiglio di Sicurezza, sono stati stilati regolarmente a partire dal 2012 dalla Forza di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF), la missione Onu che supervisiona il confine tra Israele e Siria dopo l’occupazione del Golan da parte di Tel Aviv nella Guerra dei sei giorni. Nei documenti vengono testimoniate frequenti interazioni tra esercito israeliano e combattenti di gruppi armati dal lato siriano, tra cui il trattamento dei feriti, discussioni tra soldati e miliziani attraverso la recinzione e il passaggio dei camion dalla parte siriana alla parte israeliana della linea del cessate il fuoco.
La missione Onu ha riportato anche che individui armati rimuovevano le mine lungo la recinzione tecnica, mentre l’esercito israeliano osservava dalle sue posizioni e consegnava scatole ad alcuni membri armati dall’altro lato della barriera in almeno due occasioni. I “membri armati” sarebbero i miliziani si al-Nusra, che lo scorso agosto hanno assunto il controllo del valico di Quneitra, strappandolo all’esercito siriano, il punto più vicino al confine con Israele. Così la formazione jihadista si è garantita il controllo, insieme ad altri gruppi, dell’80% del lato siriano delle Alture del Golan.
Nonostante Tel Aviv abbia ammesso più volte il trattamento dei feriti siriani nei propri ospedali – “un’operazione umanitaria” secondo le autorità israeliane – pur guardandosi dal diffonderne l’identità, ha sempre negato ogni contatto con i miliziani qaedisti. In un rapporto del Wall Street Journal pubblicato il mese scorso, poi, si cita un funzionario militare israeliano che conferma la familiarità che i soldati hanno “con le forze che operano lungo il fronte settentrionale”, alle quali “non chiedono chi sono i feriti”. E sebbene Tel Aviv dichiari di non avere alcun ruolo nel conflitto siriano, i raid dell’aviazione israeliana in Siria – almeno una decina dal 2012 – parlano da soli: nessuno di loro, come fa notare al-Jazeera, ha colpito le postazioni di al-Nusra, emanazione di al-Qaeda e vicina all’Isis.
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