di Mario Lombardo
Il presidente cinese, Xi Jinping, all’inizio di questa settimana è
stato accolto in maniera quasi trionfale dalla classe politica pakistana
nel corso di una visita più volte rimandata a Islamabad e da molti
definita dai connotati storici o, quanto meno, con il potenziale di
innescare un riassetto delle relazioni strategiche nel continente
asiatico.
Il leader cinese è giunto in Pakistan con un pacchetto
di prestiti e progetti d’investimento in infrastrutture pari a qualcosa
come 45 miliardi di dollari. In particolare, l’obiettivo di Pechino è
quello di sviluppare il cosiddetto “corridoio economico” che dovrebbe
collegare i due paesi partendo dal porto pakistano di Gwadar, sul Mare
Arabico, per giungere alla provincia nord-occidentale cinese di
Xinjiang.
Secondo il ministro pakistano per la Programmazione,
Ahsan Iqbal, 28 dei 45 miliardi di dollari promessi dalla Cina andranno
in progetti che dovrebbero essere completati già entro il 2018. Tra di
essi spiccano quelli per infrastrutture destinate a risolvere la cronica
carenza di energia elettrica che affligge il Pakistan, i cui abitanti e
le cui aziende devono fare i conti con black-out quasi giornalieri.
Il
presidente Xi è atterrato lunedì a Islamabad, dove, assieme al primo
ministro pakistano Nawaz Sharif ha siglato una cinquantina di accordi
commerciali e per nuovi progetti. Una dichiarazione congiunta ha
specificato alcuni dei punti sui quali i due paesi intendono cooperare, a
cominciare dall’incremento degli scambi commerciali dagli attuali 15
miliardi di dollari annui ad almeno 20 miliardi nei prossimi tre anni. A
questo scopo, Cina e Pakistan hanno concordato di accelerare il secondo
round delle discussioni già inaugurate per la firma di un trattato
bilaterale di libero scambio.
Pechino e Islamabad intendono poi
rafforzare i già robusti legami militari attraverso una maggiore
collaborazione nell’ambito delle esercitazioni, dell’addestramento del
personale e della fornitura di tecnologia ed equipaggiamenti.
Cruciali
sono inoltre anche gli accordi di cooperazione riguardo all’energia
atomica e alla sicurezza. Nel primo caso, i rapporti risultano già
intensi, con la Cina che ha contribuito alla costruzione di sei reattori
in funzione e fornirà assistenza, tra l’altro, anche nella
realizzazione di una nuova centrale nucleare che sorgerà a Karachi.
In
merito alla sicurezza e alla lotta alla minaccia fondamentalista, gli
interessi dei due paesi appaiono strettamente legati, come ha ribadito
Xi nel suo discorso senza precedenti di martedì di fronte a una sessione
congiunta del parlamento di Islamabad. Non solo la stabilizzazione del
Pakistan è il requisito fondamentale per la creazione di uno spazio
economico che può generare benefici comuni, ma, nell’immediato, la Cina
conta sull’impegno del proprio vicino per annientare la minaccia di
gruppi estremisti che operano da entrambi i lati del confine, come il
Movimento Islamico del Turkestan Orientale.
L’irruzione
in maniera così clamorosa della Cina nella realtà economica pakistana
appare dunque estremamente significativa, nonostante i due paesi siano
tradizionalmente alleati, alla luce dell’importanza strategica
attribuita a Islamabad dagli Stati Uniti dopo l’invasione
dell’Afghanistan nell’autunno del 2001.
Ancor più, la visita di
Xi va inserita in un contesto geo-strategico in pieno fermento, segnato
dall’accordo sempre più vicino sul nucleare dell’Iran, con il
conseguente “reintegro” a tutti gli effetti di Teheran nella comunità
internazionale, dalla freddezza del Pakistan nei confronti
dell’avventura bellica in Yemen di un altro alleato di ferro, come
l’Arabia Saudita, e dal consolidamento della partnership dalla portata
epocale tra Cina e Russia.
Il peso degli investimenti cinesi
prospettati per il Pakistan è da considerarsi eccezionale vista
l’immagine non esattamente di stabilità e affidabilità che distingue
quest’ultimo paese. Come ha spiegato un’attenta analisi dell’ex
ambasciatore indiano M K Bhadrakumar sulla testata on-line Asia Times,
ciò indica come il rilancio del Pakistan sia diventato un “motivo di
serio interesse dalla prospettiva delle esigenze di sicurezza interne
della Cina”, ma anche come Pechino si consideri ormai pienamente uno dei
garanti della stabilità dell’Asia centrale, requisito peraltro
essenziale alla “promozione delle proprie politiche regionali e
globali”.
Questa rinnovata attenzione verso il Pakistan comporta,
almeno nelle intenzioni di Pechino, nientemeno che il tentativo di
“liquidare l’influenza americana” su Islamabad. Uno sforzo
strategicamente necessario vista la natura anti-cinese della “svolta”
asiatica intrapresa da qualche anno da Washington.
Sul piano
strettamente economico, d’altra parte, gli Stati Uniti non sono in alcun
modo in grado di competere con la Cina. Secondo i dati del Congresso
USA, infatti, a partire dal 2002 il governo americano avrebbe sborsato
un totale di 31 miliardi di dollari in aiuti al Pakistan, di cui due
terzi destinati oltretutto a questioni legate alla “sicurezza”, con la
conseguenza di avere inasprito il conflitto interno e ostacolato ancor
più i progressi economici e sociali del paese.
Allo stesso modo, a
minare i rapporti con Islamabad hanno contribuito anche le incertezze
delle amministrazioni succedutesi a Washington, la mancanza di rispetto
per la sovranità del paese, mostrata più volte dagli USA nell’ultimo
decennio, e l’urgenza della costruzione di una nuova partnership
strategica con l’India, ovvero il nemico storico del Pakistan, anche in
questo caso principalmente in funzione anti-cinese.
Per
la Cina, in sostanza, il Pakistan rappresenta una porta d’accesso
fondamentale ai mercati mondiali, offrendo soprattutto la possibilità di
avere un’alternativa alle rotte marittime che transitano attraverso lo
stretto di Malacca, esposto alla minaccia di blocco da parte americana
in situazioni di crisi.
Per questa ragione, ha aggiunto il già citato articolo apparso qualche giorno fa su Asia Times,
Pechino ritiene “cruciale” fare in modo che Washington non abbia alcuna
capacità di bloccare lo sbocco cinese verso i mercati globali
attraverso il Pakistan.
La strategia cinese va comunque
inquadrata in un panorama più ampio, come confermano gli sforzi già ben
avviati per stabilire relazioni salde con altri paesi dell’Asia
centrale, facendo però attenzione ad “armonizzare le proprie mosse” con
quelle della Russia, la quale considera quest’area come la propria area
di influenza.
Il coordinamento delle strategie centro-asiatiche
di Cina e Russia, con l’obiettivo di contrastare le iniziative
americane, è visibile proprio in Pakistan. Un paio di giorni prima della
visita di Xi a Islamabad, infatti, i ministri della Difesa di Russia e
Pakistan hanno sottoscritto a Mosca un accordo per un’esercitazione
militare congiunta, la prima in assoluto tra le forze armate dei due
paesi, a segnalare l’avvio di un possibile disgelo nelle loro relazioni
bilaterali storicamente complicate.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento