La tv saudita Al Arabiya ha annunciato ieri in serata la fine dell’operazione militare definita “Decisive Storm”, i raid aerei contro i ribelli sciiti Houti e contro le forze fedeli all’ex presidente Saleh, cominciati il 26 marzo sul territorio yemenita, e costati la vita finora ad almeno 900 civili e ad un numero imprecisato di combattenti.
La coalizione militare guidata da Riad, afferma un comunicato, dà per conclusa ‘Decisive Storm’ e si concentrerà da ora in poi su «sicurezza, anti-terrorismo, aiuti umanitari, e una soluzione politica in Yemen» nell’ambito di nuova operazione denominata “Resorting Hope”.
La fine dei raid, ha specificato il portavoce della coalizione sunnita Ahmed al-Assiri, è stata decisa “su richiesta del governo e del presidente yemenita” Abd Rabbo Mansour Hadi, che da settimane ha abbandonato il paese rifugiandosi in Arabia Saudita dopo esser stato destituito dalla rivolta delle milizie del nord che hanno occupato la capitale Sana’a ed altre importanti località.
Secondo il ministero della Difesa di Riad, i bombardamenti hanno avuto “successo nell’eliminare le minacce alla sicurezza dell’Arabia Saudita e dei paesi vicini”. In particolare è stata citata la “distruzione di armi pesanti e di missili balistici di cui si erano impadroniti i miliziani Houti e le forze di Ali Abdullah Saleh”, l’ex presidente yemenita dimesso a forza pochi anni fa da una rivolta popolare sostenuta dal Consiglio di Cooperazione del Golfo che gli preferì il vice Hadi.
In realtà al di là delle dichiarazioni trionfalistiche delle autorità saudite, le milizie Houthi possono contare ancora su una relativa forza militare e sul sostegno di buona parte della popolazione del nord del paese, e continuano comunque a controllare porzioni importanti del territorio anche nelle regioni centro-meridionali del paese tradizionalmente appannaggio delle tribù sunnite legate agli interessi di Riad.
La fine dell’operazione ‘Tempesta Decisiva’, secondo alcuni analisti, va considerata una vittoria delle pressioni statunitensi sulle petromonarchie. Washington infatti ha accettato con malcelata preoccupazione la decisione da parte di Arabia Saudita, Egitto e altri paesi dell’area di intervenire militarmente contro la ribellione nello Yemen, per timore che la guerra contro gli sciiti del paese sostenuti da Teheran potesse far saltare la relativa collaborazione tra Washington e Teheran che ha portato alla recente firma di un preaccordo sul programma nucleare iraniano e ad una alleanza in Iraq contro lo Stato Islamico. Inoltre Washington teme che l’iperattivismo saudita nella regione e l’accelerazione dell’integrazione economica, politica e militare delle petromonarchie possa scalzare per sempre la propria egemonia in Medio Oriente. L’invio da parte degli Stati Uniti di una flotta da guerra nel Golfo di Aden, annunciato ieri, non rappresentava infatti solo un avvertimento nei confronti di Teheran che aveva fatto lo stesso pochi giorni prima ma soprattutto un tentativo di recuperare protagonismo in un’area del globo dove la presenza di Riad e dei suoi alleati si fa sempre più ingombrante.
Il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale di Washington, Alistair Baskey, ha affermato che gli Stati Uniti sostengono “la ripresa di un processo politico con l’aiuto dell’Onu e la facilitazione dell’aiuto umanitario”. Di “passo in avanti per la risoluzione del conflitto” hanno parlato anche le autorità iraniane, accusate da tutto il fronte sunnite di fornire sostegno militare ai ribelli.
Ma il cedimento dell’Arabia Saudita di fronte alle richieste statunitensi potrebbe essere solo parziale e temporaneo. Intanto il portavoce della coalizione di paesi aggressori, il generale Ahmed al-Assiri, ha tenuto a precisare che il blocco navale organizzato davanti ai porti dello Yemen rimarrà in vigore per impedire che ai ribelli giungano armi e rifornimenti. Oltretutto, mentre sono stati mobilitati i 100.000 uomini della guardia nazionale saudita non si sa a quale scopo, il generale al-Assiri ha spiegato che “non si possono escludere in futuro nuovi raid contro gli Houti”. Infatti, in queste ore, i bombardamenti aerei contro le postazioni dei ribelli continuano in varie località dello Yemen, in particolare nella città di Taez (la terza per importanza del paese), nelle cui strade sono in corso da ieri feroci combattimenti tra le forze fedeli al deposto presidente Abd Rabbo Mansur Hadi e le milizie Houthi. Secondo diverse fonti, combattimenti sono in corso in queste ore non solo a Taez ma anche ad Aden, Dhaleh e Huta.
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