Anno Domini 1999. La Riforma Berlinguer introduce nella Scuola italiana il principio dell’Autonomia.
L’Ordinanza del ministro relativa ai nuovi concorsi per insegnanti,
indetti a ben dieci anni da quelli precedenti, sancisce improvvisamente
la non computabilità degli anni di docenza prestati su Attività Alternativa all’Ora di Religione
ai fini dell’ammissione ai concorsi abilitanti. La valanga di ricorsi
dei docenti interessati viene puntualmente respinta. Un brutto segnale,
per la presunta laicità di uno Stato che si ostina a far credere di
essere a-confessionale.
Con il decreto legge 258 del 20 luglio 1999, il ministro Luigi Berlinguer istituisce poi l’INValSI, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione. La finalità? «Valutare l’efficacia dell’istruzione e la soddisfazione dell’utenza e promuovere la cultura dell’autovalutazione». In realtà si tratta di una rivisitazione potenziata del vecchio CEDE, istituito nel 1974 e attivo dal ‘79.
Dal
Cede All’Invalsi, i presidenti che si susseguono sono: Aldo
Visalberghi, Umberto Margiotta, Benedetto Vertecchi, Giovanni Trainito,
Giacomo Elias, Piero Cipollone, Paolo Sestito e Anna Maria Ajello. Basta
dare un’occhiata alle loro biografie ed ai contenuti dei loro
programmi, per notare il progressivo spostamento dell’INValSI dalle
iniziali posizioni laiche (come quelle del primo presidente
Visalberghi, partigiano, socialista, fondatore del Cicap) ad ambienti
sempre più vicini alla CEI
e, contemporaneamente, ai grandi Gruppi finanziari occidentali.
Spostamento che naturalmente fa da contrappunto al crescente
rafforzamento dell’Istituto, soprattutto nel corso degli ultimi quindici
anni. Da sottolineare, ad esempio, la figura di Piero Cipollone,
Direttore esecutivo della World Bank, dirigente del Servizio Studi della Banca d’Italia,
nonché cugino dell’arcivescovo di Lanciano e Ortona Emidio Cipollone.
Paolo Sestito poi Commissario Straordinario INValSI dal 2011 al 2014, è
alto dirigente di Bankitalia, vicedirettore del Dipartimento di Analisi economica. Ma è anche un uomo dell’IZA,
gigantesco ente tedesco di ricerca sull’organizzazione del lavoro
nell’economia globalizzata il cui presidente, l’economista Klaus
Zimmerman, ricopre, manco a dirlo, anche il ruolo di Consulente World Bank. In quali mani sta scivolando, pian piano, la scuola italiana?
In pole position all’INValSI cominciano a entrare nomi come quello di Elena Ugolini, dirigente scolastico del Polo di Istruzione privato e cattolico Malpighi di Bologna, oltre che membro dell’ufficio di presidenza di Comunione e Liberazione
(istituzione a cui la famiglia Ugolini ha dato contributi umani
“insostituibili”, come nel caso di don Giancarlo Ugolini, padre del
famoso Meeting di CL di cui il sacerdote ha altresì fondato la sezione di Rimini, o di Lella Ugolini, ideatrice della Fondazione Karis che gestisce l’omonima rete di scuole cattoliche). Elena Ugolini è tra i firmatari del Manifesto sull’Educazione – il documento che attacca la «cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell’educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa» - ed è da sempre impegnata in favore del finanziamento statale alle scuole private. All’INValSI comincia
a far carriera dal 2002, sotto il ministro Letizia Moratti, per poi
diventare Coordinatrice dei nuovi programmi per i licei sotto la Gelmini
e persino sottosegretario all’Istruzione sotto Profumo. Già, Francesco
Profumo, il ministro della Pubblica Istruzione membro dei C.d.A di Unicredit, Pirelli e Telecom,
da sempre molto vicino a quel cardinal Bagnasco con cui, il 28 giugno
2012, sigla l’accordo MIUR-CEI finalizzato a frenare l’emorragia di
studenti che, in numero sempre maggiore, decidono di non avvalersi
all’IRC (cioè dell’insegnamento religioso) a scuola. E’ lo stesso
Bagnasco a dichiarare in seguito che tale accordo: «consolida
ulteriormente l’armonioso inserimento dell’insegnamento della religione
cattolica nei percorsi formativi della scuola italiana».
Non basta. La connotazione cattolica dell’ente preposto alla valutazione della scuola pubblica italiana va ben oltre. L’INValSI infatti per effettuare le proprie valutazioni del sistema scolastico italiano si avvale dei test messi a punto da Istituti di ricerca privati come il TIMSS e il PIRLS, enti che a loro volta fanno capo all’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA), ossia l’Ente internazionale per la valutazione del rendimento scolastico
che ha sede ad Amsterdam e che coordina (e pilota) gli Istituti di
valutazione dei singoli Paesi dell’Eurozona in modo da omologare
programmi scolastici, metodologie e criteri docimologici in funzione
delle esigenze della politica, dell’imprenditoria e della finanza
europea. Ma attenzione, perché adesso la cosa si fa interessante.
L’IEA, infatti, a sua volta beneficia dei finanziamenti del Boston College, di cui ben due membri (su sette) siedono nel proprio Comitato esecutivo. Il Boston College è
una Università cattolica fondata dai Gesuiti nel 1863 che, tra i suoi
propositi principali, vanta quello di diffondere il cristianesimo
nell’istruzione giovanile. Non è forse un caso, d’altronde, che i più
importanti dirigenti TIMSS e PIRLS si trovino proprio nel direttivo di questa Università confessionale.
Il Boston
dispone di un patrimonio di 1,9 miliardi di dollari, vanta un giro
d’affari annuale di 820 milioni costituendo anche la più numerosa
comunità di gesuiti al mondo, fiore all’occhiello del Cardinale di
Boston O’Malley e annovera, tra i suoi ex studenti, illustri e influenti
politici del calibro di John Kerry, Tip O’Neill o del Governatore del
Connecticut Dannel P. Malloy. Il Boston gestisce in sintonia con l’IEA una fitta e capillare rete di enti o di alte personalità
interne o collegate ai ministeri dell’Istruzione di moltissimi Paesi
del mondo, incaricate di realizzare, a livello locale, il modello
educativo elaborato dai suoi ricercatori. Il referente italiano
dell’organizzazione è, attualmente, il dirigente INValSI
Elisa Caponera. Nonostante questa rete sia estremamente ramificata, può
sorprendere, ad esempio, l’assenza al suo interno di un referente per
la Francia. Ma la cosa è, in realtà, più che comprensibile, data la
posizione decisamente laica di questo Paese, nelle cui scuole, guarda
caso, non esiste l’insegnamento di alcuna religione.
Tanto per capirci, quando nel 2008 il Boston College si fonde con la Weston School of Theology, il «New York Times» definisce tale re-affiliazione: «un’ulteriore tappa del Boston College per diventare la potenza intellettuale cattolica della nazione».
Va appena sottolineato come la linea gesuitica – avversata dai
conservatori Woityla e Ratzinger – sia attualmente quella dominante in
Vaticano. Se infatti il cardinal O’Malley compariva tra i favoriti
all’ultimo conclave seguito alla discussa ed improvvisa abdicazione di
Benedetto XVI, il pontefice effettivamente eletto, Jorge Mario
Bergoglio, è il primo esponente della Compagnia di Gesù a salire al “Soglio di Pietro” dalla nascita di questo stesso ordine religioso.
Un
istituto di forte ispirazione cattolica come l’INValSI dunque non può
che accumulare un potere enorme. Ed è infatti proprio il ministro
Profumo, l’8 marzo 2013, a incassare improvvisamente dal Consiglio dei
Ministri in carica l’approvazione del Decreto sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione (il famigerato DPR 80) che affida all’INValSI
il controllo totale del nuovo Sistema di valutazione dell’efficienza
dell’insegnamento scolastico negli Istituti pubblici. Tale sistema,
detto “delle tre I“, vede tre attori fondamentali. Se infatti all’INValSI,
oltre al compito di coordinamento, tocca rilevare l’effettiva
preparazione degli studenti italiani attraverso la somministrazione di
test (quelli stessi ideati dai suddetti gesuiti del Boston), a cui le singole scuole non possono più opporsi, il ruolo dell’Indire (Istituto per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) consiste
nel provvedere all’aggiornamento dei docenti il cui lavoro risulti
“inefficace”. Il tutto con contorno di periodiche visite di Ispettori (la terza “I”) del MIUR atte
a sondare l’effettiva efficienza del personale docente e la conformità
dei programmi svolti con i dettami del ministero (e naturalmente del
cattolico INValSI). Va inoltre sottolineato che il sistema di controllo sugli istituti di istruzione pubblica messo a punto da MIUR ed INValSI
scatena, come al solito, serie implicazioni di tipo economico. I
risultati ottenuti nei test in questione dagli studenti di ogni singola
scuola infatti portano all’elaborazione di appositi indici atti a
caratterizzarla e a calcolare i futuri finanziamenti ministeriali da
destinarle. Accorgimento questo che assume un peso notevolissimo nella
cosiddetta era della “Scuola dell’Autonomia” e che, chiaramente, induce i
Presidi italiani a prender tutti i provvedimenti necessari a
valorizzare e ad imporre questo sistema di valutazione nelle rispettive
scuole. Insomma, se vogliono che la loro scuola disponga di fondi per
ricominciare a comprare i toner delle fotocopiatrici o per retribuire le
ore di straordinario dei loro docenti, i Dirigenti Scolastici italiani
debbono in tutti i modi costringere questi ultimi a uniformare i propri
programmi didattici, i propri parametri di valutazione e la tipologia
delle proprie verifiche ai criteri fissati dai gesuiti del Boston e dalla World Bank,
affinché i relativi studenti si trovino effettivamente nelle condizioni
di rispondere al meglio alle fatidiche “prove INValSI” facendo così
salire il più possibile i conseguenti indicatori di computo dei
finanziamenti scolastici.
A coronamento di tutto ciò, il 27 aprile 2013 il commissario INValSI
Sestito propone, nel corso di un’intervista, di inserire entro il 2015
una prova INValSi anche all’interno dell’Esame di Stato del quinto anno
delle superiori. Tra le righe, l’obbligo per tutti i docenti italiani di
adeguarsi a programmi didattici standard stabiliti dallo stesso
istituto di controllo, come unico modo per risparmiare ai rispettivi
alunni una solenne bocciatura. Per ora, alla minaccia non sono seguiti i
fatti, ma dalla “Buona Scuola” di Renzi l’istruzione pubblica italiana si sta aspettando anche questo.
Nel
novembre 2013 il neoministro all’Istruzione Maria Chiara Carrozza –
forse anche a causa delle critiche di chi, da tempo, si domandava
l’opportunità di continuare ad affidare la presidenza di un Istituto di
valutazione scolastica a dei banchieri – annuncia le dimissioni
irrevocabili di Sestito.
Il 6 febbraio 2014 è nominata presidente Anna Maria Ajello Messina, professore ordinario della facoltà di Psicologia de La Sapienza di Roma e membro, tra l’altro, di organizzazioni internazionali di ricerca sull’apprendimento come l’EARLI o l’ISCAR. Niente paura, però. L’orientamento confessionale dell’InValSI non muta. La professoressa Ajello è infatti attiva collaboratrice dell’Istituto Salesiano San Marco di Mestre e fa parte del Comitato scientifico della rivista IUSVEducation, che fa capo all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia. Un’università privata e, naturalmente, cattolica.
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