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22/04/2015

Santa romana scuola

Quello che dell’Invalsi non si dice e altri “miracoli” della istruzione detta pubblica.

Anno Domini 1999. La Riforma Berlinguer introduce nella Scuola italiana il principio dell’Autonomia. L’Ordinanza del ministro relativa ai nuovi concorsi per insegnanti, indetti a ben dieci anni da quelli precedenti, sancisce improvvisamente la non computabilità degli anni di docenza prestati su Attività Alternativa all’Ora di Religione ai fini dell’ammissione ai concorsi abilitanti. La valanga di ricorsi dei docenti interessati viene puntualmente respinta. Un brutto segnale, per la presunta laicità di uno Stato che si ostina a far credere di essere a-confessionale.

Con il decreto legge 258 del 20 luglio 1999, il ministro Luigi Berlinguer istituisce poi l’INValSI, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione. La finalità? «Valutare l’efficacia dell’istruzione e la soddisfazione dell’utenza e promuovere la cultura dell’autovalutazione». In realtà si tratta di una rivisitazione potenziata del vecchio CEDE, istituito nel 1974 e attivo dal ‘79.

Dal Cede All’Invalsi, i presidenti che si susseguono sono: Aldo Visalberghi, Umberto Margiotta, Benedetto Vertecchi, Giovanni Trainito, Giacomo Elias, Piero Cipollone, Paolo Sestito e Anna Maria Ajello. Basta dare un’occhiata alle loro biografie ed ai contenuti dei loro programmi, per notare il progressivo spostamento dell’INValSI dalle iniziali posizioni laiche (come quelle del primo presidente Visalberghi, partigiano, socialista, fondatore del Cicap) ad ambienti sempre più vicini alla CEI e, contemporaneamente, ai grandi Gruppi finanziari occidentali. Spostamento che naturalmente fa da contrappunto al crescente rafforzamento dell’Istituto, soprattutto nel corso degli ultimi quindici anni. Da sottolineare, ad esempio, la figura di Piero Cipollone, Direttore esecutivo della World Bank, dirigente del Servizio Studi della Banca d’Italia, nonché cugino dell’arcivescovo di Lanciano e Ortona Emidio Cipollone. Paolo Sestito poi Commissario Straordinario INValSI dal 2011 al 2014, è alto dirigente di Bankitalia, vicedirettore del Dipartimento di Analisi economica. Ma è anche un uomo dell’IZA, gigantesco ente tedesco di ricerca sull’organizzazione del lavoro nell’economia globalizzata il cui presidente, l’economista Klaus Zimmerman, ricopre, manco a dirlo, anche il ruolo di Consulente World Bank. In quali mani sta scivolando, pian piano, la scuola italiana?

In pole position all’INValSI cominciano a entrare nomi come quello di Elena Ugolini, dirigente scolastico del Polo di Istruzione privato e cattolico Malpighi di Bologna, oltre che membro dell’ufficio di presidenza di Comunione e Liberazione (istituzione a cui la famiglia Ugolini ha dato contributi umani “insostituibili”, come nel caso di don Giancarlo Ugolini, padre del famoso Meeting di CL di cui il sacerdote ha altresì fondato la sezione di Rimini, o di Lella Ugolini, ideatrice della Fondazione Karis che gestisce l’omonima rete di scuole cattoliche). Elena Ugolini è tra i firmatari del Manifesto sull’Educazione – il documento che attacca la «cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell’educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa» - ed è da sempre impegnata in favore del finanziamento statale alle scuole private. All’INValSI comincia a far carriera dal 2002, sotto il ministro Letizia Moratti, per poi diventare Coordinatrice dei nuovi programmi per i licei sotto la Gelmini e persino sottosegretario all’Istruzione sotto Profumo. Già, Francesco Profumo, il ministro della Pubblica Istruzione membro dei C.d.A di Unicredit, Pirelli e Telecom, da sempre molto vicino a quel cardinal Bagnasco con cui, il 28 giugno 2012, sigla l’accordo MIUR-CEI finalizzato a frenare l’emorragia di studenti che, in numero sempre maggiore, decidono di non avvalersi all’IRC (cioè dell’insegnamento religioso) a scuola. E’ lo stesso Bagnasco a dichiarare in seguito che tale accordo: «consolida ulteriormente l’armonioso inserimento dell’insegnamento della religione cattolica nei percorsi formativi della scuola italiana».

Non basta. La connotazione cattolica dell’ente preposto alla valutazione della scuola pubblica italiana va ben oltre. L’INValSI infatti per effettuare le proprie valutazioni del sistema scolastico italiano si avvale dei test messi a punto da Istituti di ricerca privati come il TIMSS e il PIRLS, enti che a loro volta fanno capo all’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA), ossia l’Ente internazionale per la valutazione del rendimento scolastico che ha sede ad Amsterdam e che coordina (e pilota) gli Istituti di valutazione dei singoli Paesi dell’Eurozona in modo da omologare programmi scolastici, metodologie e criteri docimologici in funzione delle esigenze della politica, dell’imprenditoria e della finanza europea. Ma attenzione, perché adesso la cosa si fa interessante.

L’IEA, infatti, a sua volta beneficia dei finanziamenti del Boston College, di cui ben due membri (su sette) siedono nel proprio Comitato esecutivo. Il Boston College è una Università cattolica fondata dai Gesuiti nel 1863 che, tra i suoi propositi principali, vanta quello di diffondere il cristianesimo nell’istruzione giovanile. Non è forse un caso, d’altronde, che i più importanti dirigenti TIMSS e PIRLS si trovino proprio nel direttivo di questa Università confessionale.

Il Boston dispone di un patrimonio di 1,9 miliardi di dollari, vanta un giro d’affari annuale di 820 milioni costituendo anche la più numerosa comunità di gesuiti al mondo, fiore all’occhiello del Cardinale di Boston O’Malley e annovera, tra i suoi ex studenti, illustri e influenti politici del calibro di John Kerry, Tip O’Neill o del Governatore del Connecticut Dannel P. Malloy. Il Boston gestisce in sintonia con l’IEA una fitta e capillare rete di enti o di alte personalità interne o collegate ai ministeri dell’Istruzione di moltissimi Paesi del mondo, incaricate di realizzare, a livello locale, il modello educativo elaborato dai suoi ricercatori. Il referente italiano dell’organizzazione è, attualmente, il dirigente INValSI Elisa Caponera. Nonostante questa rete sia estremamente ramificata, può sorprendere, ad esempio, l’assenza al suo interno di un referente per la Francia. Ma la cosa è, in realtà, più che comprensibile, data la posizione decisamente laica di questo Paese, nelle cui scuole, guarda caso, non esiste l’insegnamento di alcuna religione.

Tanto per capirci, quando nel 2008 il Boston College si fonde con la Weston School of Theology, il «New York Times» definisce tale re-affiliazione: «un’ulteriore tappa del Boston College per diventare la potenza intellettuale cattolica della nazione». Va appena sottolineato come la linea gesuitica – avversata dai conservatori Woityla e Ratzinger – sia attualmente quella dominante in Vaticano. Se infatti il cardinal O’Malley compariva tra i favoriti all’ultimo conclave seguito alla discussa ed improvvisa abdicazione di Benedetto XVI, il pontefice effettivamente eletto, Jorge Mario Bergoglio, è il primo esponente della Compagnia di Gesù a salire al “Soglio di Pietro” dalla nascita di questo stesso ordine religioso.

Un istituto di forte ispirazione cattolica come l’INValSI dunque non può che accumulare un potere enorme. Ed è infatti proprio il ministro Profumo, l’8 marzo 2013, a incassare improvvisamente dal Consiglio dei Ministri in carica l’approvazione del Decreto sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione (il famigerato DPR 80) che affida all’INValSI il controllo totale del nuovo Sistema di valutazione dell’efficienza dell’insegnamento scolastico negli Istituti pubblici. Tale sistema, detto “delle tre I“, vede tre attori fondamentali. Se infatti all’INValSI, oltre al compito di coordinamento, tocca rilevare l’effettiva preparazione degli studenti italiani attraverso la somministrazione di test (quelli stessi ideati dai suddetti gesuiti del Boston), a cui le singole scuole non possono più opporsi, il ruolo dell’Indire (Istituto per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) consiste nel provvedere all’aggiornamento dei docenti il cui lavoro risulti “inefficace”. Il tutto con contorno di periodiche visite di Ispettori (la terza “I”) del MIUR atte a sondare l’effettiva efficienza del personale docente e la conformità dei programmi svolti con i dettami del ministero (e naturalmente del cattolico INValSI). Va inoltre sottolineato che il sistema di controllo sugli istituti di istruzione pubblica messo a punto da MIUR ed INValSI scatena, come al solito, serie implicazioni di tipo economico. I risultati ottenuti nei test in questione dagli studenti di ogni singola scuola infatti portano all’elaborazione di appositi indici atti a caratterizzarla e a calcolare i futuri finanziamenti ministeriali da destinarle. Accorgimento questo che assume un peso notevolissimo nella cosiddetta era della “Scuola dell’Autonomia” e che, chiaramente, induce i Presidi italiani a prender tutti i provvedimenti necessari a valorizzare e ad imporre questo sistema di valutazione nelle rispettive scuole. Insomma, se vogliono che la loro scuola disponga di fondi per ricominciare a comprare i toner delle fotocopiatrici o per retribuire le ore di straordinario dei loro docenti, i Dirigenti Scolastici italiani debbono in tutti i modi costringere questi ultimi a uniformare i propri programmi didattici, i propri parametri di valutazione e la tipologia delle proprie verifiche ai criteri fissati dai gesuiti del Boston e dalla World Bank, affinché i relativi studenti si trovino effettivamente nelle condizioni di rispondere al meglio alle fatidiche “prove INValSI” facendo così salire il più possibile i conseguenti indicatori di computo dei finanziamenti scolastici.

A coronamento di tutto ciò, il 27 aprile 2013 il commissario INValSI Sestito propone, nel corso di un’intervista, di inserire entro il 2015 una prova INValSi anche all’interno dell’Esame di Stato del quinto anno delle superiori. Tra le righe, l’obbligo per tutti i docenti italiani di adeguarsi a programmi didattici standard stabiliti dallo stesso istituto di controllo, come unico modo per risparmiare ai rispettivi alunni una solenne bocciatura. Per ora, alla minaccia non sono seguiti i fatti, ma dalla “Buona Scuola” di Renzi l’istruzione pubblica italiana si sta aspettando anche questo.

Nel novembre 2013 il neoministro all’Istruzione Maria Chiara Carrozza – forse anche a causa delle critiche di chi, da tempo, si domandava l’opportunità di continuare ad affidare la presidenza di un Istituto di valutazione scolastica a dei banchieri – annuncia le dimissioni irrevocabili di Sestito.

Il 6 febbraio 2014 è nominata presidente Anna Maria Ajello Messina, professore ordinario della facoltà di Psicologia de La Sapienza di Roma e membro, tra l’altro, di organizzazioni internazionali di ricerca sull’apprendimento come l’EARLI o l’ISCAR. Niente paura, però. L’orientamento confessionale dell’InValSI non muta. La professoressa Ajello è infatti attiva collaboratrice dell’Istituto Salesiano San Marco di Mestre e fa parte del Comitato scientifico della rivista IUSVEducation, che fa capo all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia. Un’università privata e, naturalmente, cattolica.

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