Come la Lega qualche giorno fa, anche
Alba Dorata s’incarica di smentire da sé la prosopopea mediatica che
continua a dipingere certa estrema destra come contraria agli interessi
europeisti, presuntamente anti-euro, in realtà perfettamente integrata
al sistema economico neoliberista. Oggi è Artemios Matthaiopoulos,
deputato del partito nazista, a svelare la direzione di marcia del
partito in un’intervista al Corriere della Sera di sabato 25 aprile: “Veniamo all’euro. Meglio fuori o dentro? Dentro. Perché? Abbiamo già pagato a caro prezzo l’ingresso. Sarebbe assurdo pagare anche l’uscita”.
Questo passaggio, apparentemente espresso di sfuggita e senza
spiegazioni esaustive, risulta però essere centrale all’interno di un
ragionamento più generale (e infatti il giornalista lo coglie in pieno,
titolando il pezzo: Anche Alba Dorata vuole restare nell’eurozona. “Assurdo uscire”).
Perché certa estrema destra, dalla Lega Nord al Front National passando
per Alba Dorata, Jobbik o l’Ukip, guadagna voti quasi esclusivamente
grazie a sponsor politico-mediatici interessati a descrivere questi come
unica alternativa all’euro e alla Ue. Sebbene Renzi et similia non
siano i migliori governanti possibili, sebbene l’euro non abbia portato
quei vantaggi che ci aspettavamo – sembrano dirci i commentatori più
accreditati – meglio loro che l’alternativa neofascista à la Alba
Dorata. Il problema è che Alba Dorata, e ancor di più Lega Nord e Fn,
non sono “alternativi” al sistema produttivo, economico e politico
attuale, ma solo una degenerazione di quel modello. Non c’è insomma
ipotesi di una Grecia o una Francia “fascistizzate” fuori dalla Ue, ma perfettamente compatibili dentro i meccanismi comunitari, una volta smussata certa retorica razzistoide non consona al politicamente corretto europeista.
Non è un discorso massimalista. Anche
noi crediamo sia “meglio” Tsipras che Alba Dorata, così come sia meglio
fare politica con Renzi o Berlusconi al governo che con Salvini o
Casapound. Per un semplice fatto di agibilità, di formalità democratiche
in un certo senso “garantiste”, meglio inchiodare la liberaldemocrazia
alle sue contraddizioni che formazioni neofasciste che di queste
contraddizioni se ne sbatterebbero allegramente. Il problema politico
però è un altro. A differenza del racconto generalista, tali formazioni
di estrema destra non rappresentano un’alternativa, seppur
capitalistica, al dominio del capitale transnazionale europeista, quello
guidato da una borghesia internazionale globalizzata che punta alla
costruzione di un polo imperialista europeo. Insomma, con la Lega Nord
al governo non ci sarebbe alcuna uscita dall’euro, nessun ritorno ad una
borghesia nazionale “produttivista”, nessuna inversione di rotta con la
dinamica finanziaria, nessun ritorno in auge del modello piccola-media
impresa attraverso cui garantire una crescita economica “bloccata” dalle
direttiva comunitarie. E’ bene evidenziarlo, visto che certo
“anti-europeismo” viene affibbiato a tali formazioni che tutto sono
tranne che anti-europeiste.
Oggi la piccola-media borghesia
impoverita, tanto socialmente quanto nelle sue espressioni politiche,
non ha alcuna possibilità di imporre un ordine del discorso; di “stringere alleanze” con settori di classe diversi dal
suo; di muoversi autonomamente nello scenario
politico europeo. Se storicamente è sempre così, oggi più che mai questa
categorizzazione spuria risulta impossibilitata ad agire da sé, perché
l’unico obiettivo economico che si pone, quello di salvaguardare il
proprio tenore di vita, può avvenire cercando di agganciarsi al carro
del capitalismo vincitore, non quello di salvaguardare “interessi
nazionali” con pezzi di proletariato (altro discorso si avrebbe in
presenza di forti rappresentanze del lavoro dipendente salariato capaci
di attrarre quote di borghesia impoverita). Dunque, le espressioni
politiche di tale borghesia, a cominciare da Alba Dorata, non possono
immaginarsi altrove se non nel grande capitale.
Ciò che invece potrebbe in teoria essere
possibile è scegliere un capitalismo avverso agli interessi Ue, come
quello russo o cinese. Un discorso irreale per paesi troppo legati alla
storia europea, come Spagna o Italia, ma che potrebbe essere realistico
se immaginato per la Grecia. Ma questo significherebbe la rottura con la
Ue, e abbiamo visto come tale scenario non sia realizzabile da queste
forze politiche. A meno di una “metabolizzazione” del distacco greco da
parte dello stesso grande capitale, come sembra stia avvenendo da parte
della Germania. A quel punto non sarebbe più la Grecia ad uscire, ma il
resto della Ue ad espungerla dal corpo europeista. Non più una rottura
allora, gravida di potenzialità positive, ma un'espulsione che ne
decreterebbe la definitiva marginalizzazione. Uno scenario che sta
venendo pensato dal cuore della Ue.
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