A poco più di un mese dalle elezioni la Turchia è preda di
significative tensioni interne, di cui il partito di Erdogan, Akp
(Giustizia e Sviluppo) pare far da catalizzatore. Ieri, dopo una serie
di attacchi perpetrati da sconosciuti contro uffici elettorali in tutto
il paese, ad essere colpito è stato quello dell’Akp nella città di
Batman, nella provincia sudorientale del Kurdistan turco: un morto e un
ferito.
L’uomo armato è arrivato a mezzogiorno e ha sparato quattro o
cinque volte prima di tentare la fuga e essere fermato dalla polizia. La
vittima è Abi Nasiroglu, figlio dell’ex deputato dell’Akp Nezir
Nasiroglu. Secondo Diyaeddin Ucar, capo del partito nella
provincia di Batman, non si sarebbe trattato di un attacco motivato da
ragioni politiche, ma da una disputa per denaro.
Che la tensione politica sia però alle stelle in Turchia in
vista delle elezioni del 7 giugno prossimo è innegabile. Pochi giorni fa
ad essere presi di mira sono stati gli uffici elettorali dell’Hdp
(Partito democratico del popolo, fazione curda) e quello del Mhp
(Partito Nazionalista).
Sulla graticola c’è proprio il presidente-sultano Erdogan, uscito
vincitore da nove elezioni di fila, dalle parlamentari alle
presidenziali alle comunali. Stavolta però il risultato delle urne non è
così scontato: a far dormire sonni poco tranquilli all’Akp –
che in un decennio ha modificato il volto laico della Turchia, con
normative sempre più legate alla religione islamica e dirette a ridurre
la libertà di espressione nel paese – è l’Hdp. I curdi turchi questa
volta parteciperanno alle elezioni con l’obiettivo di accaparrarsi il
10% dei voti, la quota necessaria a entrare in parlamento. Ad oggi la popolazione curda rappresenta tra il 17% e il 23% del totale.
“Se ci riusciranno – spiega l’analista Rebwar Karim Wali – siederanno in parlamento per la prima volta come partito politico. Ciò
significa che l’Akp perderà molti seggi e non sarà più in grado di
ottenere facilmente i propri obiettivi di modifica della costituzione e
del sistema parlamentare turco verso un sistema parlamentare”.
Se quel 10% fosse raggiunto, al partito curdo andrebbero 60 seggi su
un totale di 550, costringendo l’Akp a formare un governo di coalizione
ampio e quindi meno stabile: “Il principale scopo dell’Hdp è di ridurre
l’influenza dell’Akp e il suo potere di cambiare la costituzione e le
regole politiche. Punta a infliggere all’Akp una sconfitta che i partiti
ultranazionalisti turchi non sono riusciti a infliggergli in 13 anni”.
Nel 2011 l’Hdp per la prima volta prese parte in maniera indipendente
alle elezioni parlamentari, dopo anni di volontario boicottaggio del
voto: all’epoca ottenne il 6,6%, corrispondente a circa tre milioni di
voti. Stavolta si presenterà come partito.
Pochi giorni fa il partito curdo ha presentato il proprio
programma elettorale, diviso in 12 sezioni e incentrato su donne,
lavoratori e giovani, libertà e diritti, ambiente e energia pulita:
“Il manifesto elettorale che presentiamo è l’incubo del sultano e il
sogno di tutti i popoli della Turchia”, ha detto il co-segretario
Yuksekdag, facendo un chiaro riferimento alle mire presidenzialiste di
Erdogan. Per spingere la gente a votare, il partito ha promesso un aiuto
economico di 200 lire turche (circa 70 euro) a tutti i giovani tra 15 e
25 anni per i trasporti e per ingressi gratuiti nei musei del paese.
L’Hdp ha poi detto di voler creare un Ministero delle Donne che
sostituisca l’attuale Ministero per le Politiche Sociali e la Famiglia,
di voler aprire asili locali gratuiti, cancellare le lezioni di
religione nelle scuole pubbliche, innalzare il salario minimo e la
pensione minima a 1.800 lire turche al mese (circa 620 euro) e abbassare
le ore di lavoro settimanali a 35. Riconoscerà i diritti degli
omosessuali nella costituzione perché “la nuova costituzione dovrà
rappresentare identità, culture, lingue e credi multipli”.
Ma soprattutto la minoranza curda intende sfidare Erdogan su un
terreno per lui accidentato, l’Armenia: il co-segretario Demirtas ha
aggiunto che, in ambito di politica estera, l’Hdp si impegnerà ad aprire
incondizionatamente i confini con l’Armenia e cancellerà l’embargo.
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