Anche su Copenaghen soffia un vento di destra, spinto dalla reazione di un consistente settore della popolazione che associa le ondate migratorie alla riduzione di un welfare che fino a pochi anni fa sembrava eterno e intoccabile. E come spesso accade il senso di insicurezza cerca – e trova – risposte facili in un populismo di destra che ha gioco facile a indicare gli immigrati come capri espiatori piuttosto che a riconoscerli come vittime dello stesso meccanismo che riduce la qualità della vita nella parte ‘fortunata’ dell’emisfero nord.
Il responso delle elezioni politiche in Danimarca è chiaro. Non solo il blocco di centrodestra – Blu – guidato dall’ex premier Lars Lokke Rasmussen ottiene 90 seggi su un totale di 179, ma i populisti xenofobi del Partito del Popolo hanno conquistato ben il 21.1% dei voti, diventando il secondo partito in parlamento grazie a una feroce campagna anti-immigrati e islamofoba. Sconfitti i socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt che restano il primo partito ma perdono una quota consistente di consensi e ottengono solo il 26.3% dei voti.
A governare – la Thorning-Schmidt ha già annunciato le proprie dimissioni non solo dalla carica di premier ma anche da quella di segretaria del partito socialista democratico – sarà quindi di nuovo Lars Lokke Rasmussen, già ministro nei governi di Anders Fogh Rasmussen e poi nel 2009 scelto come premier quando il suo predecessore fu eletto segretario generale dell’Alleanza Atlantica.
Dopo alcuni anni di alleanza all’opposizione del governo di centrosinistra Lars Lokke Rasmussen ha portato la coalizione formata dal suo partito liberale (Venstre), dal Partito del Popolo, da Alleanza Liberale e dai conservatori al 51,5%. Una vittoria che gli consentirà di governare ma che lascia al leader politico l’amaro in bocca, visto che la sua formazione ha perso ben il 7% rispetto alle scorse elezioni ottenendo solo il 19.5% dei voti. La coalizione guidata da Rasmussen ha quindi vinto solo in virtù del vero e proprio boom dell’estrema destra. I populisti di destra potranno fare la voce grossa nel governo, potendo contare su 37 seggi (quasi il doppio rispetto a quattro anni fa) contro i 34 di Venstre. L’opposizione di centrosinistra potrà contare in totale su una pattuglia di 85 parlamentari. I socialdemocratici ne ottengono 47, tre in più rispetto al parlamento appena sciolto. Ma il Partito Social Liberale si è più che dimezzato passando dal 9.5 al 4.5%, e anche la sinistra 'radicale' rappresentata dal Partito Socialista Popolare ha perso ben cinque punti fermandosi al 4.2%. E alla fine né l'aumento dei rossoverdi della Lista Unitaria, che diventa la quarta forza con l'8.1%, né l'ingresso in parlamento degli ecologisti di centro de La Alternativa (4.2%), hanno permesso alla coalizione di centrosinistra di battere conservatori e populisti.
Sicuramente il nuovo esecutivo imprimerà una consistente restrizione all’immigrazione extracomunitaria nel paese, ma si parla anche di una limitazione dell’immigrazione comunitaria come sta già accadendo in altri paesi dell’Unione Europea – Belgio e Gran Bretagna soprattutto – in nome della difesa di uno stato sociale e di un sistema di welfare che viene considerato dalla propaganda di destra ‘sotto attacco’ da parte di un numero eccessivo di migranti, molti dei quali, si sostiene, approfitterebbero indebitamente dell’assistenza sociale e sanitaria concessa dal piccolo paese.
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