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15/06/2015

Offensiva curda contro l’Is ai confini turchi, Erdogan preoccupato

Continua da settimane una importante offensiva dei miliziani curdi delle Ypg/Jpg contro le milizie jihadiste dello Stato Islamico. Nei giorni scorsi i curdi hanno liberato una quindicina di villaggi abitati da cristiani e nelle ultime ore sembra, stando a notizie ancora parziali e frammentate, che le Ypg stiano entrando a Tal Abyad, località del governatorato di Raqqa (una delle capitali dell'Is in Siria) al confine con la Turchia finora controllata saldamente dai fondamentalisti islamici.

Stando a quanto riferito ad alcuni media da un funzionario curdo, Idriss Naasan, le Unità di Protezione del Popolo sarebbero riuscite a penetrare all’interno del centro abitato mettendo in fuga i combattenti di Daesh dopo aver occupato Suluk, un villaggio a pochi chilometri dalla città. Ora sarebbe quindi nelle mani delle Ypg un posto di frontiera con la Turchia fondamentale per i jihadisti che lo utilizzano per far passare i combattenti che arrivano in Turchia da vari paesi o reclutati in loco, per evacuare i feriti e per rifornirsi di armi e aiuti. Il risultato, ci tiene a precisare la stampa internazionale, sarebbe stato ottenuto grazie alla collaborazione di alcune brigate di ciò che rimane dell’Esercito Siriano Libero – i cosiddetti ribelli ‘moderati’ controllati da petromonarchie, Turchia e Stati Uniti – e di alcuni raid aerei della coalizione guidata da Washington contro alcune postazioni dei jihadisti. Per rallentare l’avanzata delle Ypg questi ultimi avrebbero anche fatto saltare due ponti ma senza grandi risultati, ed ora oltre a togliere a Daesh una postazione fondamentale le milizie curde potrebbero ottenere un altro risultato: conquistare un territorio conquistato dall’Isis che si frappone tra i cantoni di Kobane, già liberato, e quello di Cizire.

Naturalmente i successi delle milizie curde, sostenute anche dalle popolazioni del nord della Siria incluse nei consigli di governo dei territori liberati sulla base di un modello non etnicista impensieriscono non poco il ‘sultano’ turco Erdogan, già alle prese con una sconfitta senza precedenti nelle elezioni legislative dello scorso 7 giugno. Il consolidamento dell’area di autogoverno curda in Siria si salda con lo storico risultato elettorale dell’Hdp in Turchia e con il crescente protagonismo delle organizzazioni popolari curde sul versante turco.

Oggi il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha espresso esplicitamente la sua preoccupazione per l'avanzata delle forze curde al confine turco, affermando che le Ypg potrebbero in futuro minacciare la Turchia (evidentemente non era altrettanto preoccupato quando alle proprie frontiere c’era lo Stato Islamico con i propri tagliagole). "Questo non è un buon segno", ha detto a dei giornalisti turchi a bordo dell'aereo presidenziale che lo riportava in Turchia dal sua viaggio in Azerbaijan, aggiungendo: "Potrebbe portare alla creazione di una struttura che minaccia le nostre frontiere. Tutti devono tenere in considerazione i nostri timori in merito a questa questione". Per darsi un tono e fornire qualche fondamento alle proprie ‘preoccupazioni’ Erdogan ha addirittura accusato i combattenti curdi di prendere di mira le popolazioni arabe e turkmene del nord della Siria.

A creare non pochi grattacapi all’esecutivo turco in questi giorni il forte flusso di profughi che fuggono dagli intensi combattimenti proprio nell’area di Tal Abyad. A migliaia, in particolare donne, anziani e bambini, si sono ammassati al valico che porta in Turchia, ad Akçakale. Ma a lungo le autorità turche sono state irremovibili. Più volte i soldati e i poliziotti turchi schierati in gran numero sulla frontiera hanno diretto i getti d’acqua degli idranti contro gli inermi profughi ed alcuni attivisti curdi che li sostenevano, gasandoli con i lacrimogeni e arrivando addirittura a sparare proiettili veri. Alla fine oggi Ankara è stata comunque costretta ad aprire per alcune ore il valico e a far passare alcune centinaia di persone che si sono aggiunte ai circa 2 milioni di profughi siriani già ospiti – spesso indesiderati e abbandonati – dalla Turchia.

Nei giorni scorsi, inoltre, i curdi hanno denunciato che le autorità di Ankara hanno più volte impedito agli aiuti diretti ai civili del cantone di Kobane di poter arrivare in Rojava passando dalla frontiera curda, che rimane sigillata per i curdi ma non per i jihadisti che secondo la stessa stampa di Ankara possono contare su una complicità non indifferente da parte dei servizi segreti e delle forze armate turche. Intanto più di 100 mila persone sono tornate a Kobane e nelle località circostanti dove migliaia di volontari stanno lavorando alla bonifica dei centri abitati dalle bombe inesplose e a coordinare gli aiuti ai civili che non hanno spesso né cibo né acqua né materiali da costruzione per riparare le loro case o le loro imprese distrutte dai combattimenti e dai bombardamenti. Cibo, acqua e altri aiuti raccolti dai curdi turchi e da alcuni ong internazionali sono stati più volte sequestrati dalle autorità di Ankara e dalle guardie di frontiera che hanno addotto motivi procedurali o burocratici per nascondere un ostracismo nei confronti della popolazione curda ormai sempre più esplicito.

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