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18/10/2015

Egitto - Elezioni politiche al via

Democracy Internazional, organizzazione statunitense, ha annunciato che non ci saranno i suoi osservatori durante le parlamentari egiziane, iniziate oggi con l’apertura dei seggi all’estero in 139 ambasciate. L’Egitto non ha un Parlamento da giugno del 2012.

L’organizzazione accreditata a monitorare sulla correttezza della operazioni di voto dalla Commissione elettorale egiziana, ha lamentato difficoltà nell’ottenimento dei visti per gli osservatori. E per alcuni si tratta di una forma di pressione del governo del Cairo per evitare che occhi scomodi osservino la tornata elettorale da cui, ritengono i più, uscirà un Parlamento allineato con il presidente Abdel Fattah al-Sisi.

D’altronde, nelle liste dei candidati mancano i Fratelli Musulmani, messi fuori legge e soggetti a una dura repressione dopo il golpe del luglio 2013, che ha deposto l’ex presidente Morsi, e non ci sarà neanche il partito islamico di Abdel Moneim Aboul Fotouh, ex esponente della Fratellanza e candidato indipendente alle scorse presidenziali, considerato un moderato. Nel 2012 ha fondato il partito Forte Egitto. Almeno cinque membri del partito sono in carcere accusati di aver organizzato una campagna contro il referendum costituzionale nel 2014. Aboul Fotouh ha chiamato al boicottaggio del voto, denunciando minacce ai suoi esponenti.

Domani e dopodomani, ed anche al secondo turno, il 22 e il 23 novembre, non ci saranno neanche gli osservatori del Carter Center, altra organizzazione statunitense che l’anno scorso ha chiuso i suoi uffici al Cairo e ha spiegato che non monitorerà le parlamentari perché queste elezioni non porteranno a una genuina transizione democratica.

Le parlamentari, infatti, sono una tappa di quella road map disegnata da Al Sisi all’indomani del golpe militare che lo ha portato alla guida del Paese. Sono uno dei tasselli della transizione democratica promossa dal presidente, ma in cui ormai pochi credono. Al Sisi governa con il pugno di ferro, in mancanza di un Parlamento ha avocato a sé il potere legislativo e lo ha utilizzato, agitando ragioni di sicurezza nazionale, per limitare o eliminare ogni spazio di discussione politica, sbarazzandosi degli oppositori. In primis i Fratelli Musulmani, rivali temibili per il consenso popolare che raccolgono, ma anche i laici e i giovani che avevano alimentato la cosiddetta primavera egiziana. Le carceri egiziane traboccano di detenuti politici e nei tribunali si comminano centinaia di condanne a morte.

Questa tornata elettorale non dovrebbe dunque riservare sorprese per Al Sisi. Gli egiziani sono chiamati a votare per 596 membri della Camera dei rappresentanti: 448 saranno eletti nelle liste indipendenti e 120 in quelle di partito. Gli altri 28 parlamentari saranno nominati dal presidente.

Una volta eletto, il Parlamento dovrà votare tutte le leggi emanate in sua assenza da Al Sisi e avrà anche il potere di contestare la decisione del presidente di prendere parte alla guerra in Yemen al fianco dei sauditi. È improbabile che la nuova Assemblea metta in discussione l’operato di Al Sisi che, intanto, nelle ultime settimane ha ottenuto un prestito di tre miliardi di dollari dalla Banca Mondiale per le casse in deficit del Paese. Non è chiaro se il prestito, e soprattutto le condizioni poste dalla Banca Mondiale per accordarlo, saranno soggetto al voto del Parlamento o meno.

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