Il dieselgate presenta il primo amaro conto al vertice di Volkswagen, che ha visto chiudersi il terzo trimestre dell'anno in corso con perdite per 3,5 miliardi, invertendo il risultato positivo quasi identico dello stesso periodo nel 2014.
6,9 miliardi in meno, insomma, ovvero quasi esattamente quanto il gruppo di Wolfsburg ha deciso di accantonare (6,7 miliardi) per far fronte alle prevedibili multe Usa e ai costi industriali per richiamare 11 milioni di auto (ma il numero potrebbe aumentare).
Il fatturato del periodo è addirittura salito un po' (+5,3%), perché l'esplosione dello scandalo è avvenuta alla fine del trimestre, quindi non aveva ancora subito le conseguenze di una più che certa riduzione delle vendite sulle alimentate a gasolio. Anche il profitto è rimasto in attivo, pur registrando un calo consistente (-65%), dopo l'anno boom della ripresa del mercato dell'auto.
Nell'immediato, per quanto riguarda l'aspetto finanziario, Volkswagen è ancora solidissima. I problemi sono tutti oltre l'orizzonte, dal 2016 in poi, perché sarà difficile convincere la clientela potenziale che le auto del gruppo sono ora “in regola” o con prestazioni simili a quelle promesse fin qui. Tanto per dirne una, nemmeno i vertici del gruppo sanno dire se – dopo gli interventi “riparatori” sulle auto già vendute – tutto resterà invariato oppure no. Nel secondo caso, con un peggioramento quanto a prestazioni e consumi, un vastissimo segmento dell'usato subirebbe una drastica svalutazione.
Solo su un fronte i “furbetti del maggiolino” possono stare tranquilli: l'Unione Europea farà di tutto per evitare il tracollo di una delle multinazionali-pilastro dell'economia continentale. Tanto più che tutti gli altri produttori di auto hanno esattamente gli stessi problemi di Vw: sovraesposizione verso le motorizzazioni diesel, livelli di emissioni inattendibili e refrattarietà ai controlli seri. Sarà un caso, ma ad oltre un mese dall'esplosione dello scandalo, nessun produttore mondiale ha provato minimamente ad infastidire la casa di Wolsburg con pubblicità aggressive e comparazioni. Segno certo che i controlli permissivi della Ue – assolutamente rigida invece in fatto di normative – hanno dato una mano sostanziale a tutti quanti nel piazzare come “puliti” motori al contrario altamente inquinanti.
La prova regina è arrivata in questi giorni. Il tentativo della Commissione di imporre l'obbligo di effettuare i controlli sulle emissioni non più in base a test di laboratorio ma in condizioni di guida reali (gli Usa hanno scoperto il trucco Vw esattamente in questo modo) ha visto l'opposizione frontale di tutti i governi di paesi produttori di auto (Italia, Francia, Germania e Spagna).
La proposta, come ricordato già ieri, era assolutamente permissiva verso i costruttori: portare il livello delle emissioni di Nox (ossidi di azoto) a quello previsto dallo standard Euro 6 da qui a due anni. Per non stressare troppo le case, veniva comunque concessa una tolleranza del 60%, non proprio “stringente”. Cosa hanno chiesto tutti i governi? Margini di tolleranza molto più alti, fino a due-tre volte. Evidentemente i costruttori non sono in grado di rispettare né i limiti attuali, né tantomeno quelli futuri.
E se è così, i problemi futuri dell'industria automobilistica non riguarderanno solo Vw e la Germania, ma l'intera economia europea.
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