di Michele Paris
La visita di questa settimana in Gran Bretagna del presidente cinese,
Xi Jinping, è stata contrassegnata da un’eccezionale accoglienza
riservata sia dal governo Cameron sia della casa reale, a conferma
dell’importanza dei crescenti legami commerciali e finanziari tra coloro
che possono essere considerati rispettivamente l’alleato più fedele e
il principale rivale degli Stati Uniti.
Dopo l’arrivo
all’aeroporto di Heathrow nella serata di lunedì, Xi è stato ricevuto il
giorno successivo dalla regina Elisabetta, dal duca di Edimburgo e dal
primo ministro, David Cameron, per poi essere accompagnato dalla stessa
sovrana nella carrozza reale fino a Buckingham Palace, dove è stato
ospitato assieme alla moglie per tutta la sua permanenza a Londra.
Martedì,
poi, il leader cinese ha preso parte a un “banchetto di stato” con i
membri del governo e della famiglia reale, ad esclusione del principe
Carlo, secondo i media britannici tenuto lontano per evitare imbarazzi
all’ospite d’onore, visto il sostegno espresso più volte dall’erede al
trono per la causa tibetana. Nella giornata di mercoledì, invece, Xi ha
incontrato Cameron, prima di volare a Manchester per visitare alcuni
progetti di investimento assieme al Cancelliere dello Scacchiere, George
Osborne.
Sempre martedì, Xi ha parlato ai membri delle due
camere del Parlamento britannico, affermando come i due paesi stiano
diventando “sempre più interdipendenti” e dando vita a “una comunità di
interessi condivisi”. Il presidente cinese ha fatto inoltre riferimento a
due questioni cruciali nei rapporti bilaterali, l’adesione come membro
fondatore della Gran Bretagna alla Banca Asiatica di Investimenti nelle
Infrastrutture (AIIB) e la scelta di Londra come primo mercato di bond
cinesi in yuan al di fuori della madrepatria.
Il governo
conservatore britannico si è ritrovato esposto a critiche e pressioni a
causa della cordialissima accoglienza riservata a Xi Jinping, tanto che
vari esponenti del gabinetto hanno cercato di giustificare il
consolidamento dei rapporti con Pechino. Il Ministro degli Esteri,
Philip Hammond, ha ad esempio sostenuto in un’intervista alla BBC che
“i legami con la Cina sono decisamente nel nostro interesse” e che il
suo governo guarda a questo paese per assicurarsi “investimenti in
infrastrutture”.
Per il governo Cameron, un rapporto più solido
con la Cina potrebbe d’altra parte sbloccare fino a 30 miliardi di
sterline in accordi commerciali e investimenti in Gran Bretagna, creando
circa 4 mila nuovi posti di lavoro in vari settori.
La visita di
Xi e gli affari conclusi questa settimana erano stati in parte
preparati da una trasferta in Cina a settembre di Osborne, durante la
quale il ministro conservatore aveva assicurato che la Gran Bretagna
intende diventare il “partner occidentale numero uno” di Pechino.
Come
per molti altri paesi, dunque, la Cina rappresenta anche per la Gran
Bretagna una straordinaria opportunità dal punto di vista economico, in
particolare sul fronte degli investimenti diretti. Attualmente, la Cina è
già il secondo paese da cui la Gran Bretagna importa il maggior numero
di prodotti, dopo la Germania, mentre l’export britannico verso la Cina è
più che raddoppiato tra il 2010 e il 2014, salendo a quasi 16 miliardi
di sterline.
Allo stesso modo, negli ultimi tre anni gli
investimenti cinesi in Gran Bretagna sono aumentati a ritmi vertiginosi,
mentre le interconnessioni finanziarie tra i due paesi hanno raggiunto
livelli decisamente consistenti, come conferma il fatto che le banche
del Regno hanno un’esposizione verso la Cina superiore a quella
combinata verso USA e UE. Secondo il Tesoro britannico, infine, la Cina
dovrebbe superare gli Stati Uniti come secondo partner commerciale di
Londra entro i prossimi dieci anni.
La presenza di Xi in Gran
Bretagna è stata così l’occasione per promuovere vari accordi, tra cui
spiccano quelli relativi agli investimenti cinesi nel settore
dell’energia atomica. Londra intende cercare finanziamenti per una serie
di progetti di reattori nucleari per un valore di un centinaio di
miliardi di sterline nel prossimo decennio. Prevedibilmente, più di un
giornale britannico ha ricordato come l’afflusso di capitale cinese in
questo ambito abbia implicazioni per la sicurezza nazionale del paese,
tanto che sezioni delle forze armate e della comunità dell’intelligence
sembrano avere espresso le proprie perplessità.
Il crescente
orientamento di Londra verso la Cina è comunque un dato di fatto
acquisito per il governo Cameron. La conferma di ciò era giunta tra
l’altro con il già ricordato annuncio qualche mese fa della
partecipazione della Gran Bretagna all’AIIB, nelle intenzioni cinesi
vera e propria alternativa a istituzioni come la Banca Mondiale o la
Banca Asiatica per lo Sviluppo, tradizionalmente dominate dagli Stati
Uniti. La decisione era stata presa nonostante il parere contrario e le
pressioni di Washington e aveva scatenato una corsa tra i paesi
occidentali ad aderire al nuovo istituto internazionale patrocinato da
Pechino.
Come dimostra la nascita dell’AIIB, la capacità della
Cina di attrarre nella propria orbita economico-finanziaria molti paesi
alleati degli Stati Uniti produce significative conseguenze strategiche,
emerse chiaramente nel dibattito scaturito dalla visita di Xi Jinping a
Londra. Tanto più che l’avvicinamento a Pechino di paesi come Gran
Bretagna o Australia, tradizionalmente allineati agli interessi
dell’imperialismo USA, si sovrappone alla cosiddetta “svolta” asiatica
di Washington, ovvero la serie di iniziative e progetti diplomatici,
economici e militari per contenere l’espansionismo cinese che, spesso,
si basano o dovrebbero basarsi sulla collaborazione con questi stessi
paesi.
I malumori degli Stati Uniti per questa evoluzione devono
essere stati presi in considerazione dal governo Cameron, come
confermano le dichiarazioni del primo ministro e di alcuni membri del
suo gabinetto per garantire che la “relazione speciale” con Washington
non esclude la costruzione di una “solida partnership” con la Cina.
Il
fatto che il governo britannico, nonostante le rassicurazioni, abbia
ritenuto di dovere intraprendere un percorso di avvicinamento così
deciso verso Pechino contro le indicazioni USA testimonia a sufficienza
di quali interessi siano in gioco nella competizione per intercettare il
capitale cinese o penetrare nello sterminato mercato del colosso
asiatico.
Questi processi suggeriscono anche e soprattutto una
tendenza verso l’inasprimento delle relazioni internazionali, anche tra
paesi alleati, a causa della crisi strutturale del capitalismo. Un
deterioramento dei rapporti che, tra USA e Gran Bretagna, appare ancora
relativamente trascurabile, anche se, a ben vedere, l’insofferenza di
Washington nei confronti dell’atteggiamento fin troppo accondiscendente
di Londra verso la Cina si è intravista in maniera chiara in questi
giorni.
Sempre il Financial Times, ad esempio, questa
settimana fa ha citato un anonimo ex membro “molto influente” del governo
americano, il quale ha sostenuto senza mezzi termini che l’eccessiva
“deferenza” del governo Cameron nei confronti di Xi “potrebbe in futuro
creare più di un problema per la Gran Bretagna”.
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