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24/05/2017

Perché nulla vada perduto dell’antifascismo


Dino Giacosa antifascista e partigiano. L’attento lavoro di Vittoria Grimaldi e Adriana Valabrega.

Si è concluso ieri il Salone del Libro di Torino. Una lunga kermesse durata parecchi giorni, con una miriade di libri, presentazioni, eventi. A me, piace ricordare e parlare qui dell’ultimo evento tenutosi al Salone 2017, ultimo in ordine cronologico, ma – per il mio modesto personale interesse – il primo. Alle ore 18,00 di ieri, nell’ambito del programma degli eventi degli editori indipendenti del Piemonte organizzati da Prontolibri al Salone del Libro di Torino 2017, c’è stato: Perché nulla vada perduto, con gli interventi di Vittoria Grimaldi e Adriana Valabrega.

Si parlava di Dino Giacosa, antifascista e partigiano, partendo da due opere che lo riguardano e delle quali erano appunto presenti le autrici, Vittoria Grimaldi* e Adriana Valabrega**.

“Perché… nulla vada perduto: Dino Giacosa, una vita per la libertà e la giustizia”, di Vittoria Grimaldi. Paola Caramella Editrice, Torino, 2009.

“M.U.R.I. 1938. Movimento Unitario di Rinnovamento Italiano” di Adriana Valabrega, Feltrinelli, 2013.

Le autrici Adriana Valabrega (a sinistra) e Vittoria Grimaldi (a destra) con il magistrato Antonio Osnato.

La storia narrata dalle due opere, la storia di Dino Giacosa e del MURI, sono un pezzo importante delle storia antifascista e partigiana del Piemonte e dell’Italia. Il risultato di questa attenta ricostruzione viene brevemente riassunto qui di seguito. Chi scrive ha imparato molto, e ringrazia le due autrici. Nulla deve andare perduto, dell’antifascismo.

Dino Giacosa, avvocato, antifascista e partigiano, è stato una delle figure più importanti dell’antifascismo italiano. Nato a Torino nel 1916, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Torino. Completa gli studi laureandosi nel 1939 a Genova, città dove ha dovuto trasferirsi per motivi di lavoro (è segretario di direzione presso l’Enpi, Ente nazionale prevenzione infortuni ligure). Fervente antifascista, nel 1938 fonda con Luigi Passadore e Franco Valabrega il Movimento unitario rinnovamento italiano (Muri), gruppo cospirativo clandestino operante fra Piemonte e Liguria. Giacosa si trasferì immediatamente dopo a Milano, lavorando alla locale sede Enpi. L’attività del MURI fu scoperta dalla Polizia segreta fascista, l’OVRA, nel 1940. Giacosa fu arrestato e deferito, con una trentina di suoi compagni, al Tribunale speciale che, nel 1940, lo assegnò al confino nell’isola di Ventotene. Dopo due anni, l’avvocato riuscì a sottrarsi alla sanzione e a raggiungere, nel Cuneese, il gruppo di antifascisti capeggiato da Duccio Galimberti. Giacosa lavora presso lo studio legale di Galimberti, con il quale stringe una forte amicizia e una solida collaborazione nell’organizzare l’attività antifascista nel Cuneese. Dopo l’8 settembre 1943, presso Valdieri, in località Madonna del Colletto insieme a Galimberti e a Dante Livio Bianco è fra gli organizzatori della banda partigiana “Italia libera”, con la quale ben presto si sposta tra la valle Stura e Grana, in località Paralupo.

Allontanatosi dal gruppo in seguito a divergenze, si sposta in Valle Pesio, ove nel febbraio 1944 entra in contatto con la formazione autonoma “Valle Pesio” comandata da Piero Cosa, poi confluita nel Gruppo Divisioni Autonome Rinnovamento, che contribuisce a riorganizzare diventandone commissario politico. Dà vita al Gruppo unitario di rinnovamento nazionale (GURN), organizzazione foriera di un progetto di rinnovamento politico-istituzionale da affiancare alla lotta militare, e al Servizio X, struttura segreta con mansioni di reclutamento, informazione e collegamento. Nel dopoguerra l’avvocato Giacosa si è impegnato nella propaganda politica repubblicana e federalista. Nel 1947, con prefazione di Ferruccio Parri, è uscito un suo volumetto dal titolo Tesi partigiana: considerazioni sommarie sui principi che governano la condotta della guerra partigiana in Italia. Brillante avvocato, muore a Cuneo nel 1999. Vittoria Grimaldi ha pubblicato Perché nulla vada perduto; Dino Giacosa: una vita per la libertà e la giustizia, per la prima volta nel 2000, riscoprendo ed analizzando la storia e la figura di Giacosa.

Il movimento di pensiero e d’azione MURI (Movimento Unitario di Rinnovamento Italiano) fu un movimento antifascista, democratico, repubblicano antimonarchico, liberalprogressista secondo gli insegnamenti di Mazzini, Gobetti e dei fratelli Rosselli. Il suo primo nucleo risale al 1937 con il significato di movimento unitario di ricostruzione italiana. Fu fondato nel 1938 da Dino Giacosa e Franco Valabrega di Torino insieme a Luigi Passadore di Genova e Alberto Cassin di Busca, era contrario alla dittatura fascista e alle leggi razziali antisemite del 1938. Dino Giacosa (Torino, 11/07/1916 – 28/6/1999) combatté con Duccio Galimberti nella “Banda Italia Libera” di Madonna del Colletto, e successivamente a Val Pesio; Franco Valabrega (Torino, 11/8/1916 – 23/8/1980) combatté come vicecommissario partigiano nell’XI Brigata Garibaldi in Val di Lanzo insieme a Gianni Dolino; Luigi Passadore (Genova, 6/7/1917) dottore in legge; Alberto Cassin (Busca (CN), 3/2/1916 – Auschwitz inverno 1944) dottore in chimica, impiegato. Il MURI nasce come organizzazione clandestina antifascista e si forma inizialmente a Genova, città in cui Giacosa lavora e studia.

A Torino la diffusione avviene grazie alla collaborazione di Franco Valabrega ed in poco tempo il Muri si allarga formalmente ad Alessandria, Asti, Novara, Chivasso, Savona, Milano, Lissone, Verona, Brescia, Treviglio, Firenze, Livorno, Bologna, Roma, Napoli e Bari. Nella primavera del 1940 il vertice dell’organizzazione fu arrestato dalla polizia e deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato che lo prosciolse in istruttoria, passando i casi alla Commissione per il confino che inviò numerosi aderenti, fra cui lo stesso Giacosa, al domicilio coatto.

L’8 settembre 1943, Giacosa era a Cuneo, lavorava presso lo studio Galimberti. Aderì immediatamente alla lotta armata e, dopo un breve passaggio alla banda Italia libera di Madonna del Colletto, nel febbraio 1944, si unì alla banda di Valle Pesio del capitano Piero Cosa, ponendo così le basi delle Formazioni autonome Rinnovamento. Il Muri, formato da antifascisti di Torino, Milano, Genova, Firenze, Roma e altre città italiane, era organizzato a catena, e ogni murino conosceva solo due persone associate con le quali poteva comunicare tramite parole-chiave tenute segrete.

L’attività antifascista coinvolgeva giovani e meno giovani di tutte le classi sociali, studenti, avvocati, piccoli industriali, insegnanti, artigiani, commercianti, religiosi e liberi pensatori, cristiani, ebrei, valdesi, per organizzare azioni di sabotaggio e attivare un’azione educativa sulla popolazione, in nome della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia, anche tramite volantini che contenevano i principi della lotta antifascista: contro il regime, contro la censura, contro le imposizioni antilibertarie, il razzismo, la violenza dei fascisti, e contro il re Vittorio Emanuele III che non sapeva imporsi per rendere l’Italia libera e unita. I murini – come accennato sopra – vennero scoperti a causa di infiltrati e spie fasciste dell’OVRA, e condannati al carcere e al confino, nel giugno 1940.

Gli ideali morali e politici di resistenza al fascismo e al totalitarismo da parte degli associati al Muri ne fecero un movimento politico unitario democratico e repubblicano, e furono le linee guida di molti partigiani che continuarono dopo l’8 settembre 1943 la lotta contro il fascismo e l’occupazione tedesca combattendo nelle diverse formazioni soprattutto GL, garibaldine, o autonome “Rinnovamento”, in Piemonte, ma anche in Liguria e in Lombardia.

Gli ideali di uguaglianza, libertà e giustizia, espressi nel Decalogo del giusto, il manifesto dei murini, dovevano essere realizzati in uno spazio storico di libertà internazionale ed europea come avevano insegnato Giuseppe Mazzini nella Giovane Europa (1834) e Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene (1941). Terminata l’emergenza bellica, il Muri rinacque in veste ufficiale schierandosi in posizione di centro, fra i movimenti indipendenti, dandosi un assetto improntato alle normali regole democratiche. Era diretto da una Presidenza e da un Comitato, disponeva di una serie di uffici centrali (sede principale a Torino), di sezioni (Piemonte, Liguria, Toscana e Calabria); ebbe, nel primo periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale, un suo giornale politico chiamato Movimento. Il giornale era un settimanale, redatto a Genova. Il Muri pare terminare la sua attività nella tarda estate del 1946 dopo un periodo di crisi.

* Vittoria Grimaldi, docente, storica e poetessa torinese, si è orientata verso la psicologia di Lacan, per dedicarsi alla prassi psicanalitica sia nel rapporto di coppia sia nella terapia di gruppo, esperienze che hanno contribuito in larga misura allo sviluppo del suo pensiero teorico e alla ricerca del vero nel concreto delle vicende umane. Docente presso il Liceo Scientifico “Galileo Ferraris” di Torino in storia e filosofia, èutrice di un’opera storica su Dino Giacosa, figura di spicco della resistenza cuneese (Perché nulla vada perduto), ha scritto un racconto autobiografico, Icaro, e il saggio filosofico Verità del mito e mito della verità. Per la narrativa si ricordano I sentieri del desiderio (2009) e Il cerchio imperfetto (2011). Nel 2016 è vincitrice della XIII edizione del Premio Letterario dedicato a Michele Ginotta, a Cavour (Torino).

**Adriana Valabrega torinese di nascita, si è laureata in filosofia presso l’Università di Torino con una tesi sul filosofo ebreo Martin Buber. Insegna da molti anni al liceo classico Cesare Beccaria di Milano. Prima di “Come arabeschi di melograni” (2016) ha pubblicato altre raccolte di poesie presso la casa editrice Paola Caramella di Torino: “Acrobata sul filo del tempo” (2009), “Oltre la vetrata trasparente” (2011), “Alberi che volano” (2014). E’ autrice dell’opera storica M.U.R.I. 1938 (2013) dedicata al Movimento Unitario di Rinnovamento Italiano, associazione antifascista fondata fin dal 1938 da Dino Giacosa, Franco Valabrega e Luigi Passadore. Quest’opera affronta anche il tema tragico delle persecuzioni contro gli ebrei subite dalla famiglia paterna, dal nonno Giacobbe Enrico, giornalista e scrittore di poesie in piemontese, tra i fondatori del Circolo della Stampa di Torino.

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