Innanzitutto un ringraziamento agli organizzatori di questa assemblea. Per noi è un onore essere qui e vi ringraziamo per l’invito e per l’opportunità.
Il Collettivo Comunista GCS è una piccola organizzazione di resistenza secondo la brillante definizione che ne ha appena dato il Compagno Giorgio Cremaschi. Una piccola organizzazione combattiva che esiste oramai da quasi quattro anni. Ovviamente partiamo da un dato di fatto, riprendendo l’intervento della compagna Manuela Palermi che ha detto che i partiti oggi non esistono praticamente più.
Pensiamo che sia in parte vero: lo verifichiamo anche alle Elezioni Comunali di Genova dove, in un fiorire di liste civiche, l’unico partito presente è proprio quello che rifiuta in teoria questa impostazione: il Movimento 5 stelle.
Mentre quello che è il partito più strutturato, il Partito Democratico, si camuffa dietro a liste nominali e da anni non riesce a fare una manifestazione, un presidio o un comizio in piazza.
Occorrerebbe anche riflettere sul fatto che un piccolo collettivo come il nostro, che si dibatte tra mille difficoltà e rimane un piccolo gruppo di militanti, sia riuscito a organizzare quello che è stato, probabilmente, il maggior corteo politico in città degli ultimi anni, dove circa 2000 compagni hanno attraversato la città a una settimana dall’ultima drammatica alluvione.
Uno dei temi che è stato richiamato nell’introduzione di Mauro Casadio è la distinzione tra populismo e comunismo. Siamo ovviamente d’accordo ma occorrerà anche fare chiarezza e proporre una definizione di populismo per sottrarre tale parola all’uso indiscriminato che ne fanno i media.
Allora crediamo che occorra recuperare quella che ci sembra la definizione più sensata, quella fornita da Ernesto Laclau nel suo “La ragione populista”. In quel libro si spiega, in maniera del tutto convincente, che il populismo è una risposta a una serie di domande sociali inevase che pervadono le società in crisi. In tal senso, la risposta populista non può che essere una risposta generica.
Il blocco sociale che sta dietro a questa risposta è quindi, per forza di cose, un gruppo spurio, privo di riferimenti sociali e di classe. E’ quindi ovvio che i populisti sono diversi dai comunisti i quali devono per forza riferirsi alle contraddizioni di classe.
Noi pensiamo che la frattura sociale sia quindi quella tra sfruttati e sfruttatori e non tra chi riesce a ricevere risposte da un sistema e chi no. Esistono certamente vari tipi di populismi, quelli di destra come quelli di sinistra ma la costruzione di una organizzazione di classe è comunque una cosa ben diversa dalla costruzione di un movimento populista.
Negli interventi che ci hanno preceduto abbiamo sentito una serie di considerazioni sul cosa significa essere comunisti oggi. Cremaschi ha sostenuto giustamente che i comunisti devono essere contro il capitalismo. E’ vero ma, vogliamo aggiungere noi, essere contro il capitalismo non basta e bisognerà essere tra coloro che amano il socialismo. Cremaschi ci ha giustamente ricordato che la prospettiva socialista dovrà per forza di cose partire dalle diverse situazioni concrete in ogni paese, ha parlato della questione ambientale e ha voluto introdurre anche il ragionamento sulla decrescita. Siamo d’accordo con l’analisi delle situazioni concrete ma crediamo che una buona base di un ragionamento su cosa significhi socialismo oggi, anche nei nostri territori, possa semplicemente partire da uno slogan che ancora mantiene tutta la sua validità: “lavorare meno, lavorare tutti, produrre il necessario, redistribuire tutto”.
Ovviamente, come collettivo, non possiamo che accettare l’invito al confronto e alla creazione di un gruppo di contatto permanente tra comunisti che è stato fatto nell’introduzione.
Come Collettivo non abbiamo mai pensato di poter essere fulcro della ricostruzione di una organizzazione di classe e crediamo che nessuno tra i presenti possa pensarlo. Per quel che ci riguarda ci consideriamo come un’esperienza transitoria e siamo pronti a scioglierci anche domani.
Ci sembra anche giusto sottolineare, come fatto da Mauro Casadio in apertura, che la ricomposizione organizzativa debba per forza partire dall’alto e non dal basso. Da una azione soggettiva di avanguardia e non dall’accumulo delle lotte. Sappiamo che è una discussione storica e qui non possiamo approfondire. Ci limitiamo a sottolineare che in questi anni, come è stato più volte sottolineato anche oggi, si è smarrita la coscienza di classe e chi lotta spesso è privo di una visione generale dei rapporti sociali. In questa fase partire quindi dalle lotte per ricostruire una organizzazione ci sembra impossibile e non proponibile.
Ovviamente l’idea di avviare un ambito di confronto comune è giusto e doveroso ma, per evitare di perderci in discussioni senza costrutto, pensiamo che si debba esplicitare bene la strategia a breve termine che ci deve guidare. Per noi deve essere la ricostruzione di una organizzazione di classe unitaria. Questa organizzazione comunista assume quindi un valore strategico e, in questa fase, deve necessariamente affiancare una struttura di fronte più tattica in grado di interagire con la struttura sociale disgregata che abbiamo di fronte.
Per questo riteniamo comunque fondamentale procedere con la costruzione della Piattaforma Sociale Eurostop che stiamo avviando in questi giorni.
Collettivo Comunista GCS
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