Il processo per la messa fuori legge dei comunisti ucraini prosegue e, probabilmente, si sta avvicinando alla sua conclusione (il 31 maggio potrebbe essere emessa la sentenza sul ricorso presentato dal Partito Comunista di Ucraina contro il provvedimento liberticida).
Con questo resoconto, pubblicato nel settimanale dei comunisti portoghesi, continuiamo ad informare sugli sviluppi di una vicenda che, nel nostro paese, continua ad essere avvolta dal colpevole silenzio, non solo dell’apparato mediatico dominante, ma anche delle forze presenti nel nostro Parlamento. (Marx21.it)
Si è tenuta a Kiev, alla Corte Amministrativa di Appello, il 15 maggio, una nuova sessione del processo contro il Partito Comunista di Ucraina (PCU), che mira alla sua messa fuori legge. La solidarietà con il PCU – che è stata costante durante l’intero processo – è stata riaffermata dalla presenza di João Pimenta Lopes, deputato del PCP al Parlamento Europeo, in rappresentanza del Gruppo della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, e anche dal rappresentante del Partito Comunista di Boemia e Moravia e da una rappresentante dell’Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici.
Nella sessione sono state presentate le argomentazioni finali della difesa, tra cui va rilevato l’intervento di Petro Simonenko, segretario generale del PCU, che ha denunciato l’incostituzionalità della messa al bando del partito e della cosiddetta “Legge di decomunistizzazione”.
Il segretario generale del PCU ha avvertito dei rischi per la democrazia di quella decisione e ha denunciato la violazione del principio del pluralismo politico, il danno già causato e l’assenza della separazione dei poteri giudiziario ed esecutivo, che compromette l’indipendenza dei giudici, come è stato dimostrato nel corso di tutto il processo, di cui sono state enumerate le irregolarità.
Nel suo intervento, Petro Simonenko ha anche affrontato gli sviluppi politici nel paese, mettendo in rilievo gli eventi che, dal golpe del febbraio 2014 con la deriva fascistizzante in Ucraina, hanno portato alla persecuzione dei comunisti e di altri democratici, con l’obiettivo di mettere al bando il PCU, cercando attraverso un processo politico di compromettere e, possibilmente, annientare una forza politica conseguente con “più di 100.000 militanti e 3 milioni di elettori, che affronta il regime di natura fascista attualmente al potere”.
Sono stati riportati numerosi esempi, non solo della persecuzione giudiziaria, ma anche degli attacchi e delle aggressioni contro militanti comunisti, e degli assalti e saccheggi delle sedi del PCU. E’ stato rivendicato il fatto che qualsiasi decisione venga presa, essa dovrà rispettare, oltre che la Costituzione dell’Ucraina, la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e gli altri obblighi internazionali assunti dall’Ucraina, compresi quelli derivanti dall’Accordo di Associazione con l’UE. Sono stati anche ricordati diversi esempi di tentativi di messa fuori legge di Partiti Comunisti in altri paesi dell’Europa (Moldavia, Ungheria) sventati e rientrati dopo il ricorso al Tribunale Europeo dei Diritti dell’Uomo.
Simonenko ha concluso con il riferimento storico al fatto che è la terza volta che si tenta di mettere fuori legge il PCU – la prima fu tra il 1941 e il 1944, dopo l’occupazione nazista; la seconda nel 1991, con la fine dell’Unione Sovietica, decisione rientrata nel 2000; e il terzo tentativo è quello in corso dal 2014. E’ servito questo esempio per affermare la determinazione dei comunisti ucraini a proseguire la lotta contro il tentativo di messa al bando del PCU, la manipolazione e la riscrittura della storia e il potere di natura fascistizzante in Ucraina.
L’udienza si è conclusa con la calendarizzazione di una nuova sessione del processo per il prossimo 31 maggio, quando saranno presentate le argomentazioni della difesa ancora mancanti e probabilmente sarà emessa la sentenza da parte del collegio giudicante per quanto riguarda il ricorso presentato dal PCU.
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