Stamattina avevamo pubblicato questo articolo sull’interesse tedesco per lo “svecchiamento” di una parte dell’industria italiana ormai dipendente dalle filiere che fanno capo a Berlino. Una riflessione acuta e argomentata, non ancora una notizia, peraltro a seguito di un “evento” che solo i nostri altrettanto acuti compagni emiliani avevano colto nella sua importanza...
Così come nei giorni scorsi avevamo letto come “rottura”, in buona parte strategica, il conflitto diventato palese a Taormina tra la Germania merkeliana e gli Usa di Trump. Giudizio confermato nel giro di poche ore dal Washington Post.
Ancora poche ore ed ecco l’Ansa, agenzia giornalistica che detta il ritmo e l’interpretazione politica del giornalismo italiano, diramare questo secco lancio:
E’ il settore della componentistica auto quello che in Italia potrebbe subire il maggior contraccolpo da un eventuale scontro commerciale tra Stati Uniti e Germania. I milioni di auto che le case automobilistiche tedesche vendono negli Usa e che il presidente Trump ha dichiarato al G7 di voler ”fermare”, infatti, utilizzano moltissimi componenti italiani. Nel 2016 tutti i principali brand, da Mercedes, a Bmw, a Volkswagen, ad Audi, per citarne solo alcuni, hanno importato dal nostro paese – rileva l’Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) – un totale di circa 3,9 miliardi di euro (per la precisione 3.884.747.959 di euro) di parti auto, che fanno della Germania il primo mercato di destinazione dell’export dei componenti italiani, con una quota sul totale esportato del 19,5% ed in lieve calo dell’1% rispetto al 2015.Allacciate le cinture. Sempre più spesso ci capita di concludere in questo modo…
Ma non è da sottovalutare anche il valore commerciale che ha la componentistica auto italiana direttamente esportata negli Stati Uniti. Sempre nel 2016, rileva l’Anfia, l’Italia ha esportato in Usa parti auto per 1.116.433.202 di euro, con una quota sul totale di export del settore del 5,59% ed in calo del 28,1% rispetto al 2015.
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