Traduzione di Fabrizio Poggi
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Crisi senza interruzioni
Compagni, dopo il 1991 nel nostro paese si è stabilito un capitalismo regressivo, parassitario, oligarchico e comprador, fondato sui settori bancario e dell’export delle materie prime. Ciò riflette chiaramente la trasformazione della Russia in un’appendice di materie prime e mercato di sbocco di merci straniere.
Tendendo a rafforzare le proprie posizioni nel paese, la leadership statale ha intensificato la retorica patriottica, intraprendendo una serie di passi diversi. Si è riportata la Crimea nei confini patrii. Si è fornito sostegno al legittimo governo siriano. E tuttavia, l’oligarchia russa non ha né la forza né la volontà di rompere con il sistema del capitalismo globale. E’ per questo che, tuttora, non si sono riconosciute DNR e LNR. E’ in chiara fase di stallo “la svolta verso l’Oriente”. Continuano gli attacchi alla Bielorussia.
Dopo le “riforme”-pogrom di Serdjukov (Anatolij Serdjukov: ex Ministro della difesa e precedentemente Capo dell’Agenzia delle entrate. ndt) si sono risolti molti, ma certamente non tutti, i problemi legati all’effettivo potenziale delle Forze Armate. Si sta procedendo a ridurre il bilancio della Difesa; ma, senza un’industria potente, indipendente dalle forniture straniere, è impossibile una difesa efficace della sovranità del paese.
In un quarto di secolo di “riforme” liberali, si è insediato in Russia un capitalismo oligarchico-burocratico periferico.
Una pesante concessione al capitale globale è stata rappresentata dall’adesione della Russia all’Organizzazione mondiale del commercio; contro tale passo, si è mosso attivamente solo il PCFR. A causa delle riduzioni tariffarie, in 5 anni di adesione al WTO il nostro bilancio ha perso circa 800 miliardi di rubli e le perdite indirette hanno superato i 4 trilioni.
E’ stata data carta bianca ai grossi proprietari nel saccheggio della Russia. Solo negli ultimi due anni, la fuga di capitali ha superato i 70 miliardi di dollari. Le autorità stanno tranquillamente a guardare come gli oligarchi esportino i capitali in società off-shore e in banche estere e per di più invitano noi alla “pace sociale” con chi sta derubando la Russia.
La dipendenza dal capitale straniero sta cominciando a minacciare la sovranità del paese. La quota di società con capitali stranieri è del 75% nel settore delle comunicazioni, del 56% in quello estrattivo e del 49% nel settore manifatturiero.
Da oltre due anni sta riducendosi il PIL del paese. Il bilancio dello Stato perde miliardi di rubli. Dissesto ovunque, tranne che nel settore delle materie prime; sono fallite la modernizzazione e la diversificazione dell’economia.
La politica socio-economica ha trasformato il paese in una società di povertà di massa. Secondo i dati ufficiali, negli ultimi tre anni i redditi reali dei cittadini russi sono calati di circa il 13%; quasi 20 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà e, secondo il PCFR, il minimo ufficiale di sussistenza è ridotto deliberatamente di 2-2,5 volte.
La Russia è diventata un paese di straordinarie disuguaglianze. Il 62% delle sue ricchezze è nelle mani di milionari in dollari e il 29% in quelle di miliardari. Secondo la società internazionale di ricerche New World Wealth, il nostro paese è al primo posto nel mondo in termini di disuguaglianza dei redditi. Solo nell’ultimo anno, la ricchezza complessiva dei 200 più ricchi uomini d’affari russi è cresciuta di 100 miliardi di dollari. I “campioni del reddito” possiedono 460 miliardi di dollari: cioè due volte tanto il budget annuale di un paese con una popolazione di 150 milioni di persone!
La realtà della Russia di oggi è descritta esattamente dalle parole del francese nel “Mistero Buffo” di Majakovskij:
“Hanno promesso di dividere in parti uguali:
a uno – una ciambella, all’altro – il buco della ciambella.
Questa è la repubblica democratica”.
Dunque, i problemi principali dell’economia russa sono:
– il suo modello basato sulle materie prime;
– la distruzione del potenziale industriale;
– la povertà e il basso potere d’acquisto dei cittadini;
– l’erronea politica monetario-creditizia;
– l’inefficienza del sistema di direzione statale.
Estremamente inefficiente è anche la politica regionale del governo. Sono soltanto nove le regioni che portano utili. Il debito dei bilanci regionali raggiunge già i 2,5 trilioni di rubli.
Il PCFR è pronto a mutare radicalmente la situazione. Noi sosteniamo che la crisi in Russia sia dovuta al fattore umano; essa è dovuta al governo, privo di un coerente programma di sviluppo. Già Spinoza diceva “Chi non sa verso dove stia navigando, non ha venti favorevoli”. Così che, o al governo della Russia ci sono cattivi nocchieri, oppure essi stanno deliberatamente guidando la nave dello stato verso gli scogli.
La contraddizione tra gli interessi del paese e quelli del capitale russo è una di quelle fondamentali. Solo un nuovo socialismo consentirà di far fronte alla disuguaglianza sociale, alla rovina economica e permetterà di dar vita a un efficiente sistema di direzione. Così è stato nel 1917. Allora la Russia fu salvata dal “progetto rosso” del Grande Ottobre. I bolscevichi ristabilirono la sovranità del paese e lo difesero dall’essere inghiottito dallo stomaco insaziabile del capitale mondiale.
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