Il libro di Duccio Valori – La strada sbagliata. Riflessioni per un’economia al servizio della società – è di straordinaria utilità per l’informazione e la discussione sulle sciagure nella storia recente del nostro paese. Lo è in particolare su quelle scelte che hanno portato a dolorose e insensate privatizzazioni dell’industria pubblica che hanno desertificato il sistema industriale in Italia, e di cui si stanno tuttora pagando le conseguenze in termini di licenziamenti, delocalizzazioni, crisi aziendali.
Se è vero che l’Italia è la seconda potenza manifatturiera d’Europa dopo la Germania, si è dimostrato chiaramente durante la pandemia sia la vulnerabilità/assenza del sistema industriale in molti settori sia la sua subalternità alle filiere produttive internazionali, in particolare quella tedesca.
Duccio Valori, scomparso nel 2017, è stato negli anni un alto dirigente in diverse industrie pubbliche: dall’Efim all’Egam, dall’Iri all’Eni. Dunque conosceva benissimo e da dentro quell’industria pubblica che dal 1992 è stata privatizzata e smantellata da tutti i governi, e con particolare zelanteria quelli di centro-sinistra.
Non a caso il libro inizia con una lettera/appello a Prodi durante il suo governo nel 2007, nella quale Duccio Valori chiedeva al Presidente del Consiglio ed ex presidente dell’Iri di non ripetere più gli errori già commessi con le prime dismissioni industriali dell’Iri e quindi di fermare le privatizzazioni (citando profeticamente Alitalia, Telecom e Autostrade). Quell’appello è diventato un articolo su Il manifesto e il libro ne contiene diciassette, più quasi altrettanti pubblicati su Altraeconomia.
Nei vari articoli e saggi di Duccio Valori scorrono le analisi e i commenti a vicende e vertenze industriali/sindacali che abbiamo conosciuto in questi trenta anni: dalla Fincantieri alla Fiat di Marchionne, dalla Ducati all’Alcoa.
In tutti gli articoli emerge come la distruzione industriale nel nostro paese realizzata dall’egemonia liberista e imposta dai diktat europei sul divieto degli “aiuti di Stato”, sia stata una strada sbagliata e dalla natura profondamente antisociale.
Le prefazione del libro è curata da Giorgio Cremaschi che ha conosciuto Valori nel 2007 durante la vertenza della Fincantieri. “Valori diede un contributo decisivo a quella vertenza scrivendo e fornendo direttamente argomenti che smontavano quella operazione borsistica che grazie a lui venne fermata”.
Il libro si chiude, emblematicamente, con un articolo inedito e dedicato alla necessità di mettere un freno ai mercanti di schiavi attraverso una “normalizzazione” dei flussi migratori che sottrarrebbe agli scafisti e ai trafficanti di persone le alte somme che i migranti pagano per arrivare in Italia e in Europa.
“Duccio Valori era la confutazione vivente che le ragioni dell’economia e della loro società fossero tra loro incompatibili. Egli al contrario continuamente dimostrava come fosse possibile e razionale un’economia al servizio della società e della giustizia sociale”, chiosa Cremaschi.
È dal 1992 che i governi che si sono succeduti hanno condotto e continuano a tenere il nostro paese sulla “strada sbagliata”, oggi più che ieri visti i pieni poteri di cui sembra disporre il governo Draghi.
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