Il presidente del consiglio Draghi ha buttato una caramella su Roma e subito i candidati dei principali partiti e schieramenti si sono gettati nella mischia per contendersela.
“Candidiamo Roma per l’EXPO del 2030“, ha promesso il banchiere capo. Sì, una grande fiera come quella del 2015 a Milano, che ha lasciato un deserto fatiscente là dove c’erano luminosi edifici esaltati come simboli di uno smagliante futuro, ma che ha agevolato una gigantesca speculazione edilizia.
Pochi giorni fa ho partecipato ad una enorme assemblea popolare sulla casa sotto la sede della Regione Lazio. Centinaia di persone senza casa o minacciate di sgombero per sfratto.
Ecco, l’annuncio di Draghi ha, sulla città dove la questione sociale sta esplodendo, lo stesso effetto delle brioches di Maria Antonietta. Eppure tutti i quattro principali candidati che fingono di scontrarsi, compresa la sindaca uscente, hanno esaltato il messaggio di Draghi, come Fantozzi di fronte al capoufficio.
A proposito di Milano, Greta Thunberg vi ha appena definito come “bla bla bla” tutte le promesse dei politici sulla crisi climatica. E il sindaco uscente ha risposto schierandosi fortemente con l’ambientalismo, affermando che la sua città sia all’avanguardia nella riconversione ecologica.
Sì, con i “boschi verticali”, piante sui balconi dei grattaceli che portano verde natura in abitazioni del valore minimo di 8.000 euro al metro quadro. E il finto antagonista di destra del sindaco uscente ha aggiunto che bisogna ridurre le tasse su tutte le case, quelle dei ricchi in primo luogo.
Intanto le periferie boccheggiano nei veleni dell’inquinamento.
A Torino in pompa magna si avviano i lavori per il Parco della Salute. Cioè una mega opera sanitaria che copre una gigantesco finanziamento alle aziende private della salute.
Come ha detto il presidente di destra della Regione, “il servizio sanitario pagato dallo Stato può anche essere affidato ai privati, l’importante è il risultato“. E Cinquestelle e centrosinistra approvano e sostengono.
A Bologna ci ha pensato La Repubblica a rafforzare il consenso bipartisan intorno ai grandi affari. Il quotidiano ha organizzato un confronto tra il candidato a sindaco del centrosinistra e quello del centrodestra, escludendo tutti gli altri (come a Roma, Torino, Milano, del resto).
Così, senza il disturbo di altre voci, i due candidati hanno potuto celebrare il loro totale accordo nel gestire la città nel nome di grandi opere, fiere e mercati, imprese e profitti.
Infine a Napoli il miraggio dei soldi del PNRR ha risvegliato gli appetiti e le promesse dei principali concorrenti alla guida della città. Sia quello di centrosinistra sia quello di centrodestra sono seguaci fanatici di Draghi, ma poi nella campagna elettorale finiscono per riproporre Achille Lauro.
“Io vi farò avere più soldi da Roma“, “no, sarò io il più bravo“... ecco l’essenza dello scontro. E naturalmente a chi vengono di comune accordo promessi questi soldi? Ma alle imprese, è ovvio!
Nelle cinque principali città dove si vota per il Comune, i principali candidati sembrano scontrarsi su tanto, ma in concreto sono d’accordo su tutto. Perché tutti appartengono al PUA, il Partito Unico degli Affari che comanda e decide la vita reale e le scelte politiche delle città.
Anche chi era nato ed aveva raccolto consenso per combattere quel partito nel nome del popolo, ha finito per adeguarsi ad esso. Stanno coi ricchi e dei ricchi vogliono prima di tutto la benedicente approvazione.
Per questo, se non volete lamentarvi poi di essere stati imbrogliati, provate ora a sostenere le candidate ed i candidati di #PoterealPopolo.
Se li farete entrare nei consigli comunali scoprirete che il PUA avrà finalmente trovato il suo antagonista. Nel nome del pubblico e dei servizi pubblici, delle periferie e dell’eguaglianza sociale, della salute ambientale per tutti e non solo per i ricchi.
Contro il PUA.
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