Il presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo per togliere il segreto ai documenti legati all’attacco terroristico dell’11 settembre. La decisione a otto giorni dal ventesimo anniversario degli attentati alle Torri Gemelle. Nei giorni scorsi molti familiari delle vittime avevano chiesto, in tono polemico, a Biden di non presentarsi alla cerimonia, se non avesse ordinato la desecretazione dei documenti.
L’ordine esecutivo firmato da Biden chiede al procuratore generale di rendere pubblici nei prossimi sei mesi i documenti declassificati. Quali documenti e declassificati fa chi?
Secondo osservatori e famiglie delle vittime rivelerebbero il coinvolgimento dell’Arabia Saudita.
Verso un po’ verità con 20 anni di ritardo
Joe Biden come promesso ha firmato un decreto in cui ordina la declassificazione di alcuni documenti (quali?), finora top secret relativi alle indagini sugli attacchi dell′11 settembre 2001. I documenti, che secondo molti osservatori e le famiglie delle vittime potrebbero rivelare il presunto coinvolgimento dell’Arabia Saudita, saranno resi pubblici nel giro di sei mesi. Il presidente viene così incontro alle famiglie delle vittime le quali avevano chiesto ripetutamente di declassificare le carte.
Via i segreti o non ti vogliamo vicino
In vista del ventennale degli attacchi inoltre gli avevano anche chiesto di non venire a New York qualora avesse deciso di tenere ancora segreto il dossier. In questi giorni avevano anche chiesto, in una lettera inviata all’ispettore generale del dipartimento della giustizia, di avviare un’indagine sul bureau investigativo per alcune prove che potrebbero essere andate perse o non più rintracciabili.
Quelle prime 28 pagine di segreti
Molti americani pensano che gli attentati dell’11 settembre 2001 non siano stati organizzati “solo” da Osama Bin Laden, ma siano frutto di una più ampia cospirazione che vede coinvolti ambienti vicini alla Casa regnante saudita. Lo aveva scritto nel 2016 la Commissioni Intelligence della Camera e del Senato in un rapporto sulle attività dei Servizi di Intelligence prima e dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001. Delle migliaia di pagine del rapporto sull’incapacità dimostrata dalla comunità d’intelligence americana di mettere insieme e analizzare informazioni che avrebbero potuto sventare gli attentati, 28 le pagine chiave protette dal segreto di stato che, dopo proteste e pressioni mediatiche, sono state desecretate da Obama il 15 luglio del 2016.
I pericolosi amici di Trump
Quali segreti i tanto esplosivi in quelle 28 pagine da spingere due presidenti di fedi politiche contrapposte, a coprirle col segreto di Stato? Salvaguardare l’alleanza e i legami economici che uniscono Washington e Riad da oltre mezzo secolo. Scriveva la Commissione: «Mentre si trovavano negli Stati Uniti alcuni dei dirottatori dell’11 settembre ricevettero supporto e assistenza da personaggi che possono ritenersi collegati al governo saudita. Ci sono informazioni da fonti dell’FBI secondo le quali almeno due di questi personaggi erano funzionari dell’intelligence saudita». I due personaggi principali di cui si parla nelle 28 pagine rimaste segrete per un quindicennio sono Omar Bayoumi e Omar Bassnan, cittadini sauditi fuggiti dagli Stati Uniti poche settimane dopo gli attentati di New York e di Washington.
Il plateale coinvolgimento saudita
Secondo l’FBI, Omar Bayoumi era “chiaramente un funzionario dell’intelligence saudita” con uno stipendio pagato sia da compagnie di stato saudite che direttamente dalla moglie dell’ambasciatore, il principe Bandar. Cifre più consistenti quando arriva negli Stati Uniti il commando di 19 terroristi di Al Qaeda che avrebbero poi compiuto gli attentati. È stato sempre Bayoumi che nel 2000 ha accolto a San Diego due dei dirottatori, Nawaf Al Hazmi e Khalid Al Midhar, trovando loro un appartamento in affitto e firmando col suo nome come garante il relativo contratto. Ma, soprattutto, è stato lui ad avergli «fornito informazioni sulle scuole di volo». Anche Omar Bassnan Anche Bassnan riceveva fondi dall’ambasciatore saudita
L’impunità sovrana dei principi assassini
Le 28 pagine contengono molti altri dettagli su personaggi legati al governo saudita con provati legami con Al Qaeda. Uno dei capi di Al Qaeda, Abu Zubaydah, arrestato in Pakistan nel marzo del 2002, aveva indosso al momento della cattura una rubrica telefonica che conteneva, tra l’altro, il numero riservato del principe Bandar (il quale, è bene ricordarlo, si vantava di pranzare almeno una volta alla settimana con il presidente Bush e col vice presidente Dick Cheney) e quello del capo delle sue guardie del corpo. Ed ecco l’accusa gravissima in casa Usa. Secondo l’ex senatore repubblicano Bob Graham, «Il governo federale ha tentato di riscrivere il racconto dell’11 settembre per negare il ruolo dei sauditi in questa orribile storia».
Poi con Trump amore e affari
Parole molto dure che non hanno comunque guastato le eccellenti relazioni che legano Washington a Riad, rafforzate con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Nel 2016, dopo le rivelazioni della Commissione parlamentare, approvata la legge “Giustizia contro gli sponsor del terrorismo” che poteva consentire alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di chiedere risarcimenti miliardari al Regno saudita. Scenario improbabile, almeno per ora. Titubanze di Obama, e con Trump alla Casa Bianca la legge si è poi arenata al Senato.
Oltre le ‘28 pagine nere’ che già dicono molto, nel prossimo futuro sarà davvero desecretata la prova definitiva sul coinvolgimento diretto e consapevole del governo del Regno arabo in un atto di guerra contro l’America? E gli Stati Uniti sono pronti a rischiare di dover sconvolgere le loro spesso spregiudicate alleanza in Medio Oriente?
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