Se a volte dire “sta tornando
l’austerità” può sembrare qualcosa di astratto, un breve articolo di
Roberto Petrini sull’Avvenire del 15 novembre ci sbatte in faccia un
esempio di cosa significa – e significherà a breve – concretamente.
Spulciando fra le tabelle della NADEF “aggiornata” (cioè quella in cui ha già messo le mani il neonato governo Meloni), si scopre infatti una drammatica diminuzione della spesa sanitaria già a partire dall’anno prossimo.
Ricordiamo che la NADEF (acronimo che
sta per “Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza”) è il
documento che il Governo deve presentare ogni autunno per definire il
quadro macroeconomico per il successivo triennio. Si tratta quindi di un
documento ‘di cornice’ che fissa alcuni paletti (ad esempio il rapporto
deficit/PIL previsto), mentre le singole misure che finiscono per
determinare quel risultato saranno inserite nei provvedimenti
successivi, a partire dalla Legge di Bilancio.
Quest’anno, date le elezioni a
settembre, il Governo Draghi aveva presentato un documento ‘monco’,
limitato cioè a previsioni circa la normale evoluzione prevedibile per i
principali aggregati economici; il subentrante Governo Meloni ha
completato tale documento, definendo così lo ‘spazio fiscale’ che ha
deciso di prendersi per la propria politica economica. Ancora un
documento di cornice, quindi, ma da cui già è possibile assumere alcune
(preoccupanti) indicazioni.
Si scopre infatti – da due scarne
tabelline a pagina 13 e 14 – che si prevede una diminuzione della spesa
sanitaria (rispetto al dato di quest’anno) di circa 2,2 miliardi nel 2023 e di ulteriori oltre 3 miliardi l’anno successivo, per un totale di ben oltre 5 miliardi
in solo un biennio. Se si considera in rapporto al PIL, la situazione è
ancora più drammatica, perché si prevede la diminuzione di 1 punto
percentuale netto (dal 7% al 6%) in un solo triennio.
E si tratta, si badi, di “spesa corrente”, che vuol dire ad esempio meno medici e infermieri (e peggio pagati), meno farmaci e attrezzature, meno pulizie negli ospedali, code di attesa se possibile ancora più lunghe, etc.
Siamo noi ad essere catastrofisti? Si direbbe di no, se perfino la Corte dei Conti in una recente relazione nota che “Andrà verificato se un profilo di finanziamento (e di spesa) quale quello prefigurato nei quadri tendenziali sia compatibile con le necessità che ancora caratterizzano il comparto e, in particolare, con la soddisfazione dei bisogni di personale legati anche alla riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR e con le spese connesse all’aumento dei costi dell’energia”.
Si torna, insomma, a una stagione di tagli anche nel settore della
sanità, come peraltro auspicato non solo dal centro destra (ricordate il
celebre “ma chi è che va più dal medico di base?” dell’attuale ministro dell’Economia Giorgetti) ma pure dal nuovo eroe (e parlamentare) del centrosinistra Carlo Cottarelli.
E si metta l’animo in pace chi pensava che una pandemia avesse insegnato qualcosa,
e che la favoletta degli infermieri-eroi durasse più di una Legge di
bilancio. Dopo l’umiliante rinnovo del contratto degli operatori del
comparto della Sanità, arriva questa nuova batosta, che ci riporta
esattamente al punto precedente la stagione pre-Covid, quando ci siamo
fatti trovare con un sistema sanitario a pezzi al presentarsi della
pandemia.
Si è usata a sproposito la metafora
della guerra per raccontare la lotta contro il virus; nei mesi in cui le
armi sparano per davvero in tante parti del mondo un paragone del
genere non dovrebbe essere usato, ma per quanto riguarda noi il vero
attacco – scientifico, mirato, spietato – è quello nascosto in queste
paginette asettiche che nei prossimi anni mostreranno in pieno la loro
durezza.
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