La manovra finanziaria sveglia l’Italia dopo quel sonnellino leggero che è stato il governo Draghi. Il whatever it takes è finito male, la politica dei bonus s’è afflosciata: da oggi, ancora meno per tanti, molto di più per i soliti.
A cominciare dai miliardi per il caro–bollette, che autorizzano di fatto la speculazione, perché lo Stato si fa carico degli aumenti ingiustificati e speculativi, invece che perseguire l’aggiotaggio delle scorte e imporre una tassazione pari alle percentuali di aumento delle compagnie energetiche, le quali hanno pure avuto la pretesa di resistere a quel blando 25% di tassazione sugli extraprofitti.
La grancassa suona l’attacco al reddito di cittadinanza, mette una marcia in più alla truffa del cuneo fiscale e della flat tax – pretesti propagandistici per non aumentare i salari – che sono nuove tappe forzate per lo smantellamento definitivo dei pilastri dello Stato sociale.
L’aumento delle pensioni è ridicolo, caritatevole, uno sberleffo ai più deboli.
Trentacinque miliardi sprecati. È una manovra eseguita col bloccasterzo verso le reali condizioni della stragrande maggioranza dei cittadini, minacciati dalla forbice della crisi: con una lama i redditi vengono tagliati dagli aumenti dei prezzi al consumo; l’altra lama, quella dell’inflazione, affilata al 12%, taglia di netto il potere d’acquisto.
Questa finanziaria dimostra che il programma politico con il quale è andata al governo l’attuale maggioranza era del tutto sbagliato, tanto che non sono riusciti a realizzarlo, neppure in parte. Anche la vendetta sociale dell’attacco al reddito di cittadinanza risulta grottesco, è il “vorrei ma non posso se no succede il finimondo”: 8 mesi su 12 è una tortura economica contro i poveri, che avrà conseguenze soprattutto al Sud.
Quello che rimane delle promesse elettorali sono solo le bugie propagandistiche, che hanno le gambe così corte che a due mesi da quel fatidico 25 settembre sono già impantanate nelle pastoie delle lobby e delle camarille corporative.
C’è una sola certezza: è la finanziaria del whatever it takes di Confindustria – sempre e soprattutto a carico del debito pubblico.
In pratica si sono accontentate le oligarchie e le corporazioni che hanno votato a destra, perché questa è la linea di politica economica di questo governo, un governo reazionario verso i diritti non solo civili, ma soprattutto sociali.
Le opposizioni parlamentari si agitano nella loro inconcludenza e ambiguità, minacciano – udite, udite! – di scendere in piazza, mentre dovrebbero scendere dal Palazzo, al quale invece rimangono appiccicati con la colla liberista. Questo è il vero problema, e loro sono parte del problema.
Per dirla in breve: allo stesso modo con cui si finanzia il conflitto in Ucraina, si alimenta la guerra civile contro e tra i poveri e gli impoveriti. Con buona pace di quell’aggettivo – sociale – con cui la destra estrema s’è crogiolata per anni, alla quale son bastate poche settimane al governo per rinnegarlo: millantano populismo e “sovranismo”, ma sono apprendisti liberisti. E pure sotto esame...
Questa finanziaria è la manovra di Heimlich al contrario: invece di far sputare al sistema quello che ostruisce la giustizia sociale, vuole far ingoiare altri rospi, indigesti e velenosi, furbi e classisti. È su questo terreno politico che si giocano il ruolo, la consistenza e l’organizzazione di base dell’opposizione sociale in Italia.
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