Vladimir Kličkò, ex campione del mondo di boxe, nonché fratello del sindaco di Kiev Vitalij Kličkò, ha dichiarato alla tedesca ZDF che non intende rispondere alla mobilitazione militare: «Non sono disposto a morire per il paese. Sono pronto a vivere per esso; e questo è molto più difficile che morire».
Sembra che la dichiarazione abbia avuto una discreta eco e che questo sia il pensiero di moltissimi ucraini in età di richiamo che se ne sono andati all’estero.
Le parole di Kličkò arrivano inoltre sullo sfondo delle sempre più numerose rese di interi reparti ucraini al fronte, motivate spesso con la constatazione che «i comandi ci sbattono in prima linea e così non ci lasciano altra scelta».
L’esternazione dell’ex pugile che, per la verità, trascorre la propria esistenza abbastanza tranquillamente tra Germania e Stati Uniti, ha peraltro anche un senso ben diverso e, soprattutto, nient’affatto “pacifista”, mentre fa supporre che l’unica rappresentazione del soldato russo annidata nella testa di Vladimir Kličkò scaturisca dalle immagini del discutibile ma famoso film di produzione USA-Gran Bretagna-Francia-Germania-Irlanda “Il nemico alle porte”.
Ecco cosa dice, riportato in forma un po’ più estesa, il fratello di un sindaco in passato oggetto costante delle frizzatine dei media russi per le ripetute uscite sgrammaticate, lapalissiane o illogicamente inquietanti.
«La domanda che si ripete sempre e in cui è racchiusa la differenza tra russi e ucraini è “sei disposto a morire per il tuo paese?”. È stata rivolta anche a me. Se hai in mano un AK o qualsiasi altra arma e ti spediscono al fronte… Dunque la differenza tra soldati russi e ucraini è questa: No, non sono disposto a morire per il paese. Sono pronto a vivere per il mio paese. Questo è più difficile che morire.
Mi hanno già raccontato questa storia, quando i soldati russi vanno avanti col fucile in mano, o senza. Essi muoiono, vengono uccisi, dopo di che vengono mandati all’attacco sempre nuovi soldati, di nuovo e ancora. Si deve comprendere che questa è un sentimento da schiavi, per come vengono trattati i soldati russi, come vengono mobilitati e poi, senza remore, vengono gettati al fronte.
Gli ucraini sono diversi. Siamo persone libere. Gli ucraini che sono al fronte non sono stati mobilitati. La maggior parte sono persone che hanno deciso volontariamente di andare al fronte. Ecco la differenza».
Ora, a parte la – a dir poco – imbarazzante ammissione di ritenersi, lui, una “persona libera” di starsene fuori dell’Ucraina e la raccapricciante sicurezza di una Ucraina “libera”, governata da una junta golpista inneggiante (e praticante il) al nazismo, i lettori di questo e altri giornali hanno sicuramente presenti le immagini di continui episodi di reclutamento “volontario” per le piazze e le strade ucraine e molti sanno, per esperienza, quanti giovani ucraini siano riusciti a spostarsi all’estero dal febbraio 2022.
In effetti, Kličkò afferma anche che «non tutti devono andare al fronte», poiché i soldati hanno bisogno di «un sostegno alle spalle», così che in molti fanno tesoro delle sue parole. Ha poi detto di esser stato (una volta) in prima linea «per fare impressione» e ha ammonito gli ucraini che ognuno di essi in età fino a 60 anni «prima o poi dovrà aspettarsi di andare in combattimento».
All’atto pratico, Kiev aveva avviato la mobilitazione degli uomini da 18 a 60 anni immediatamente dopo l’inizio delle operazioni di guerra nel febbraio 2022.
Secondo i piani, la mobilitazione avrebbe dovuto svolgersi per tappe: per primi, ex militari con esperienze di combattimento, che avessero servito per contratto o avessero preso parte all’aggressione al Donbass.
Sarebbe stata poi la volta di militari che avessero prestato servizio di leva prima del 2014. Con la terza tappa, si dovevano mobilitare i diplomati in materie militari, in qualità di ufficiali della riserva, e tutti coloro le cui età e condizioni fisiche lo consentissero.
Con la quarta tappa, possono essere chiamate tutte le cosiddette “riserve pubbliche”: cioè tutti i cittadini, senza riguardo a età e condizioni fisiche. Tanto più che appena poche settimane fa era apparsa la notizia secondo cui, data la crescente carenza di “carne da macello”, in fase di reclutamento Kiev intende abolire la categoria dei “rivedibili”, lasciando solamente quelle di “abile” e “riformato”.
Il tenente-colonello russo della riserva Roman Škurlatov ha dichiarato al settimanale Argumenty i Fakty che, così come Kličkò, ci sono tanti altri che sono disposti a vivere per l’Ucraina, però lontano da essa: le «parole di Kličkò suonano ciniche, sullo sfondo di ciò che accade in Ucraina: mobilitazione totale, prendono tutti; basta che uno cammini male, sieda male, si nasconda male e lo gettano nella fornace senza preparazione, senza che abbia alcun desiderio morale di difendere la cosiddetta propria patria».
È un fatto, afferma Škurlatov, che molti giovani e meno giovani non intendano combattere per l’Ucraina e la seconda parte della frase di Kličkò può benissimo essere cancellata: semplicemente, «essi vogliono vivere. Niente da dire: cinico, ma onesto».
A questo punto, difficile dire quale effetto abbiano ora le uscite “filosofeggianti” di Vladimir Kličkò; soprattutto adesso che nuove forze servono alla junta nazigolpista per eseguire gli ordini che arrivano da Washington e Londra per una nuova offensiva che dovrebbe iniziare già in ottobre, lungo le direttrici di Khersòn e Zaporože.
Secondo notizie diffuse dalla TASS su indiscrezioni dei Servizi, un grosso contingente di fanteria di marina sarebbe stato concentrato nella regione di Nikolaev, con l’obiettivo di passare il Dnepr. Allo stesso tempo Kiev (o i suoi “curatori” anglo-americani) prevedono di impossessarsi della centrale di Zaporože con l’azione di reparti speciali ucraini, addestrati appositamente da istruttori britannici.
Ora, nota Komsomol’skaja Pravda, sono proprio i britannici che, oltre a mostrare più russofobia degli stessi americani, addestrano di solito gli ucraini per le incursioni o per le operazioni subacquee.
Si ricorda un recente episodio, allorché un reparto speciale ucraino, sbarcato nell’area di Evpatorija, in Crimea, nelle vicinanze di un villaggio turistico, venne messo in fuga da un «ometto in costume da bagno, armato di un fucile da caccia».
Secondo il corrispondente del Times Max Tucker, erano stati proprio «i consiglieri militari britannici a programmare e controllare quella operazione. E non si trattava di qualche “volontario”, ma proprio di reparti speciali britannici, operanti in territorio ucraino».
Insomma, alle uscite dei pugili e dei coscritti ucraini possono ben adattarsi le parole dette nell’Iliade da Achille al re Priamo: «Gli dei filarono questo per i mortali infelici: vivere nell’amarezza; essi invece son senza pene».
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