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26/10/2023

Chi si crede “padrone del mondo” è fuori di cranio

Se c’è un rimprovero da fare al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, riguardo al suo discorso di ieri, è quello di aver detto alcune banalità. Semplici constatazioni di una realtà esistente da decenni, ma che hanno fatto saltare sulla sedia come tarantolati l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan e soprattutto il suo capo, il ministro degli esteri Eli Cohen.

Potete leggere il discorso completo di Guterres alla fine di questo articolo. Qui ci limitiamo a indicare i passaggi salienti che hanno fatto esplodere il fronte degli stragisti internazionali, portatori di una “narrazione” che il resto del mondo – la stragrande maggioranza degli Stati e della popolazione – proprio non può più tollerare.

Guterres, come ogni titolare di “poltrone” di prima fila in organismi statutariamente super partes non è affatto un estremista, men che meno un “antisemita”.

Portoghese, “socialista” nel senso (vuoto) contemporaneo, è stato presidente del consiglio del suo paese, poi presidente del Consiglio Europeo che ha approvato l’Agenda di Lisbona (una strategia di “riforme economiche” che hanno distrutto il welfare europeo e l’istruzione nei paesi dove sono state adottate), poi Alto Commissario Onu per i rifugiati, e infine Segretario Generale.

Un “sughero”, come si dice in gergo, capace di affrontare mille tempeste senza mai affondare, grazie a una capacità di compromesso certo poco commendevole ma altamente redditizia per la propria carriera.

Ma proprio questa capacità di compromesso lo ha obbligato a tener conto – nell’affrontare la guerra in corso sopra Gaza e dopo il “diluvio di Al Aqsa” – di tutte le posizioni esistenti sul pianeta, e non solo di quelle Usa-Israele (come si fa ad ogni ora sui “nostri” media mainstream).

E dunque a tirar fuori le formule che noi definiamo “banalità”, anche se ovviamente sono particolarmente urticanti per i sionisti e “l’area euro-atlantica”.

Com’era inevitabile, dovendo dare un colpo al cerchio e un altro alla botte, ha iniziato con la condanna dell’offensiva di Hamas.
“In un momento cruciale come questo, è fondamentale essere chiari sui principi, a partire da quello fondamentale del rispetto e della protezione dei civili. Ho condannato in modo inequivocabile gli orribili e inauditi atti di terrore compiuti da Hamas il 7 ottobre in Israele.

Nulla può giustificare l’uccisione, il ferimento e il rapimento deliberato di civili – o il lancio di razzi contro obiettivi civili. Tutti gli ostaggi devono essere trattati umanamente e rilasciati immediatamente e senza condizioni. Noto con rispetto la presenza tra noi dei membri delle loro famiglie.”
Se, giustamente, si fissa come principio “il rispetto dei civili”, ne consegue che ogni strage di civili deve essere condannata in toto allo stesso modo. Indipendentemente da chi ne provoca una (o più), e a prescindere dai mezzi usati (semi-artigianali o altamente tecnologici).

Il secondo principio obbligatorio da fissare in una sede “super partes” è ovviamente “il contesto” in cui esplode un conflitto e “la storia” alle spalle del “fatto contingente”. Una guerra, una strage, un conflitto, insomma, non è un asteroide che ci cade sulla testa ma il frutto avvelenato di quel che è avvenuto in precedenza.

Stiamo illustrando criteri semplici, di quelli che si insegnano alle medie inferiori, non di alta filosofia politica. Uno studente che non li capisse, o provasse a negarli, sarebbe giustamente bocciato.

Nel presentare in modo concreto anche questo secondo principio Guterres ha dovuto necessariamente pronunciare anche le frasi che gli hanno attirato addosso l’odio dell’establishment occidentale al completo, a partire da Israele.
“È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e tormentata dalla violenza; la loro economia soffocata; la loro gente sfollata e le loro case demolite. Le speranze di una soluzione politica alla loro situazione sono svanite.

Ma le rimostranze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi terribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese.

Anche la guerra ha delle regole.”
C’è qualcuno – che non sia israeliano o in malafede – che possa negare che i palestinesi abbiano subito per 75 anni (dalla fondazione dello stato di Israele) tutte quelle ingiustizie, persecuzioni, deportazioni ed anche molto altro (omicidi mirati, torture, “detenzioni amministrative” senza processo, anche di bambini, ecc.)?

Sono fatti. Comprovati, registrati in video, foto, documenti, testimonianze. Riconosciuti da Stati, storici, politici, ricercatori. Anche occidentali, persino israeliani...

Una banalità ripeterlo. Ma necessaria, in un consesso ufficialmente “terzo”.

Tanto è bastato a farne chiedere le dimissioni da parte israeliana (e solo da loro). Con espressioni inequivocabili su quale sia la mentalità imperante nel governo Netanyahu: “Signor segretario generale, in che mondo vive?” ha gridato Cohen.

“Ho sentito le richieste di una ‘risposta proporzionata’ – ha poi aggiunto – e la risposta proporzionata al brutale massacro del 7 ottobre è la distruzione totale di Hamas“.

E l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan: “Il segretario generale dell’Onu, che dimostra comprensione per la campagna di uccisioni di massa di bambini, donne e anziani non è adatto a guidare le Nazioni unite. Chiedo si dimetta immediatamente“.

A quell’ora Jens Stoltenberg, ossequiente segretario generale della Nato, stava parlando (in Europa) e non ha fatto in tempo a riscrivere il suo discorso, altrimenti non si sarebbe arrischiato a finire sotto la stessa frusta.

Anche lui, infatti, come Guterres e altri leader occidentali, ha cercato di porre un limite alla “risposta” che Tel Aviv sta praticando: “Israele ha il diritto di difendersi ma deve farlo in linea con il diritto internazionale e la protezione dei civili è cruciale”.

Non che Stoltenberg sia rinsavito all’improvviso (è il “falco” meno raziocinante, sul fronte del sostegno all’Ucraina). Ma deve aver fiutato la dimensione esplosiva dei problemi internazionali se Netanyahu passerà la “linea rossa” del tollerabile per il resto del mondo.

E immediatamente, stamattina, è scoppiata la più devastante “grana strategica” proprio all’interno della Nato. Il presidente turco Erdogan – un furioso massacratore dei curdi e dell’opposizione interna – ha rotto il fronte dell’alleanza militare occidentale: “I militanti di Hamas sono dei “liberatori” che combattono per la loro terra e “non dei terroristi”, come riporta Al Arabiya.

“Circa la metà di coloro che sono stati uccisi negli attacchi israeliani su Gaza sono bambini, persino questo dato dimostra che l’obiettivo è un’atrocità, per commettere crimini contro l’umanità premeditati”.

“Non abbiamo problemi con lo Stato di Israele ma non abbiamo mai approvato le atrocità commesse da Israele e il suo modo di agire, simile a un’organizzazione più che uno Stato”, ha aggiunto Erdogan. Discorso fatto camminando sulle uova, districandosi tra alleanze esterne con gli Usa e un sentiment interno di massa decisamente a favore del campo opposto, a Gaza.

Ma tornando per un attimo all’accoppiata ambasciatore/ministro di Israele all’Onu, un paio di cose dimostrano senza se e senza ma che in queste teste il “doppio standard” è vissuto come un diritto a fare sempre quel che si vuole o conviene.

Altrimenti non si potrebbe neanche pensare di dire che Hamas conduce una “campagna di uccisioni di massa di bambini, donne e anziani” mentre la propria aviazione ultramoderna, in questi quindici giorni, ha distrutto metà delle case di Gaza uccidendo – dati provvisori, visto che molti corpi sono rimasti sotto le macerie – quasi 6.000 palestinesi, di cui oltre un terzo bambini al di sotto dei dodici anni (la popolazione di Gaza, al 40%, rientra in questa fascia di età).

Gli israeliani hanno contato 120 bambini uccisi nell’attacco di Hamas. E certamente la morte di ognuno di loro è ingiustificabile. Ma perché 2.000 bambini palestinesi dovrebbero invece essere contabilizzati come parte (provvisoriamente) della “risposta proporzionata”? Siamo già quasi a 20 contro uno. Roba da far impallidire Kappler.

Un criterio generale è insomma valido per tutti. Altrimenti c’è solo il “diritto alla vendetta”, che naturalmente non ha confini né limiti, se non l’autosoddisfazione del “vendicatore”.

E non serve neanche essere studiosi dell’Antico Testamento per sapere che ogni vendetta ne chiama altre, all’infinito, un tempo dopo l’altro.

Che è poi la storia – “il contesto” e “i precedenti” – di cui gli israeliani di destra (Netanyahu & co.) e tutto l’establishment euro-atlantico non vogliono neanche sentir nominare.

“Tutto” andrebbe limitato all’”attacco terroristico di Hamas”, trattato come un “atto ingiustificato e non provocato”. 75 anni di guerre, di stragi, deportazioni, non contano nulla. Un branco di migliaia folli si sarebbe svegliato una mattina e, imbevuti di integralismo religioso e odio antisemita, si sarebbero avventati su pacifici israeliani occupati nel loro normale tran tran, in un giorno di festa. Sembra di sentire Gramellini...

Molto comodo, retoricamente. E molto falso. Anche perché i palestinesi sono semiti e sanno di esserlo. Ma anche perché pure lo Stato di Israele è per legge uno “stato confessionale”, ovvero uno “stato ebraico” e non laico. Gli “altri” possono essere tollerati, se utili e sottomessi, ma non saranno mai dei “pari” (si chiama apartheid...).

Normali tecniche di “disumanizzazione del nemico” di turno, certo. Ma se i rappresentanti ufficiali di un governo (ministro degli esteri e ambasciatore) arrivano a pretendere che queste tecniche siano l’unica “verità” cui il mondo si dovrebbe attenere, allora siamo ben oltre le colonne d’Ercole del suprematismo razzial-religioso.

C’è il gruppo dirigente di uno Stato in fondo minore (10 milioni di abitanti) che, essendo spalleggiato e protetto da sempre dalla superpotenza Usa, è arrivato a sentirsi “padrone del mondo”.

Ma non metterà uno scolapasta in testa mentre si avvia sul viale del tramonto o del ricovero. Chi crede di avere gott mit uns è sempre pericoloso. Per sé e per il mondo.

*****

Il discorso completo di Antonio Guterres all’Onu

La situazione in Medio Oriente si fa di ora in ora più terribile. La guerra a Gaza infuria e rischia di estendersi a tutta la regione. Le divisioni stanno spaccando le società. Le tensioni minacciano di esplodere.

In un momento cruciale come questo, è fondamentale essere chiari sui principi, a partire da quello fondamentale del rispetto e della protezione dei civili. Ho condannato in modo inequivocabile gli orribili e inauditi atti di terrore compiuti da Hamas il 7 ottobre in Israele.

Nulla può giustificare l’uccisione, il ferimento e il rapimento deliberato di civili – o il lancio di razzi contro obiettivi civili. Tutti gli ostaggi devono essere trattati umanamente e rilasciati immediatamente e senza condizioni. Noto con rispetto la presenza tra noi dei membri delle loro famiglie.

È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e tormentata dalla violenza; la loro economia soffocata; la loro gente sfollata e le loro case demolite. Le speranze di una soluzione politica alla loro situazione sono svanite.

Ma le rimostranze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi terribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese.

Anche la guerra ha delle regole. Dobbiamo chiedere a tutte le parti in causa di sostenere e rispettare gli obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale; di prestare costante attenzione, nella conduzione delle operazioni militari, a risparmiare i civili; di rispettare e proteggere gli ospedali e di rispettare l’inviolabilità delle strutture dell’ONU che oggi ospitano più di 600.000 palestinesi.

L’incessante bombardamento di Gaza da parte delle forze israeliane, il livello di vittime civili e la distruzione di quartieri continuano a crescere e sono profondamente allarmanti.

Piango e onoro le decine di colleghi dell’ONU che lavorano per l’UNRWA [Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente] – purtroppo almeno 35 – uccisi nei bombardamenti su Gaza nelle ultime due settimane. Devo alle loro famiglie la mia condanna di queste e di molte altre uccisioni simili.

La protezione dei civili è fondamentale in ogni conflitto armato. Proteggere i civili non può mai significare usarli come scudi umani. Proteggere i civili non significa ordinare a più di 1 milione di persone di evacuare a sud, dove non ci sono ripari, cibo, acqua, medicine e carburante, e poi continuare a bombardare il sud stesso.

Sono profondamente preoccupato per le chiare violazioni del diritto umanitario internazionale a cui stiamo assistendo a Gaza. Voglio essere chiaro: nessuna parte di un conflitto armato è al di sopra del diritto internazionale umanitario.

Fortunatamente, alcuni aiuti umanitari stanno finalmente arrivando a Gaza. Ma si tratta di una goccia di aiuti in un oceano di necessità. Inoltre, le forniture di carburante delle Nazioni Unite a Gaza si esauriranno nel giro di pochi giorni. Questo sarebbe un altro disastro. Senza carburante, gli aiuti non possono essere consegnati, gli ospedali non hanno energia e l’acqua potabile non può essere purificata o addirittura pompata.

La popolazione di Gaza ha bisogno di aiuti continui ad un livello corrispondente alle enormi necessità. Gli aiuti devono essere consegnati senza restrizioni. Rendo omaggio ai nostri colleghi delle Nazioni Unite e ai partner umanitari a Gaza che lavorano in condizioni pericolose e rischiano la vita per fornire aiuti a chi ne ha bisogno. Sono un’ispirazione.

Per alleviare le sofferenze epiche, rendere più facile e sicura la consegna degli aiuti e facilitare il rilascio degli ostaggi, rinnovo il mio appello per un immediato cessate il fuoco umanitario.

Anche in questo momento di grave e immediato pericolo, non possiamo perdere di vista l’unica base realistica per una vera pace e stabilità: la soluzione dei due Stati. Gli israeliani devono vedere concretizzate le loro legittime esigenze di sicurezza e i palestinesi devono vedere realizzate le loro legittime aspirazioni a uno Stato indipendente, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e gli accordi precedenti.

Infine, dobbiamo essere chiari sul principio di sostenere la dignità umana. La polarizzazione e la disumanizzazione sono alimentate da uno tsunami di disinformazione. Dobbiamo opporci alle forze dell’antisemitismo, del bigottismo antimusulmano e di tutte le forme di odio.

Oggi è la Giornata delle Nazioni Unite, che segna i 78 anni dall’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. La Carta riflette il nostro impegno comune a promuovere la pace, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani. In questa Giornata delle Nazioni Unite, in questo momento critico, faccio appello a tutti affinché ci si ritiri dall’orlo del baratro prima che la violenza mieta altre vite e si diffonda ancora di più.

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