Lunedì 30 ottobre la General Motors e la United Auto Workers International hanno raggiunto una ipotesi d’accordo.
È il terzo accordo provvisorio, che completa il quadro della lotta per il rinnovo contrattuale con le Big 3 – Ford, Stellantis e GM, nell’ordine temporale – iniziato con lo Stand Up Strike del 15 settembre.
Questa, come le altre bozze, dovranno essere discusse dalle varie sezioni locali del sindacato prima di essere sottoposte a votazione, ma è chiaro che i guadagni ottenuti – in termini salariali e di garanzie complessive – con uno sciopero durato più di un mese e mezzo sono da considerare “storici”, e tendenzialmente in linea con le richieste dei lavoratori.
Scrive Labor Notes a caldo, dopo l’annuncio di una bozza d’accordo alla Ford: «Con poche eccezioni, la storia della UAW dal 1979, e specialmente dal 2007, è stata quella di regalare concessione su concessione, anche quando i tempi erano relativamente buoni. Quest’anno, sotto una nuova leadership, il sindacato ha cominciato finalmente a recuperare il terreno perduto».
È un punto di svolta dopo anni di stipendi stagnanti e di concessioni alla controparte, che avevano caratterizzato la condizione dei lavoratori dell’automotive dalla crisi finanziaria del 2008 fino ad oggi, costretti – dalla vecchia dirigenza sindacale – a fare “sacrifici per non far fallire il settore”, mentre il management vedeva salire i propri stipendi e gli azionisti aumentare i propri dividendi.
Nel picco dell’azione, circa un terzo dei 146 mila lavoratori aderenti all’UAW era entrata in sciopero, tra cui i tre maggiori stabilimenti delle tre case automobilistiche.
Un fatto inedito che ha scritto una nuova pagina del sindacalismo militante statunitense grazie alla nuova dirigenza della UAW, al cui vertice vi è ora Shawn Fain, ex elettricista di Kokomo nell’Indiana, eletto di misura a marzo grazie all’appoggio della corrente “riformista” del sindacato, dopo gli scandali giudiziari della precedente leadership corrotta e concertativa.
Una fase nuova che ha aperto un nuovo ciclo di lotta con una strategia precisa.
Dopo la bozza d’accordo trovata con Ford e Stellantis, nella serata di sabato, la UAW aveva deciso di far incrociare le braccia ai circa 4.000 lavoratori dello stabilimento GM di Spring Hill, Tennessee, che fabbricano parti poi assemblate in 9 stabilimenti del Nord America, 7 dei quali non erano ancora in sciopero.
In questo modo, gli operai della Local 1853 si erano uniti agli altri 14mila della GM in sciopero, in un rush finale, mentre i lavoratori delle altre aziende erano rientrati al lavoro.
Era il 44esimo giorno di sciopero, lo stesso numero di giorni della storica azione del sit-down strike alla GM di Flint, quando il sindacato venne finalmente riconosciuto dalla controparte padronale, nel 1937; il precedente cui lo Stand Up strike si ispira.
Si tratta del più grande stabilimento della GM negli Stati Uniti, dove vengono prodotte la Cadillac XT5, XT6, oltre alla all-electric Lyriq e la GMC Acadia.
Le trattative si erano arenate sabato su alcuni punti dirimenti concernenti i benefit pensionistici, il periodo di conversione dei lavoratori da tempo parziale a tempo pieno, e il trattamento dei lavoratori degli stabilimenti di batterie, uno dei settori di sviluppo della transizione all’elettrico di GM che ne aprirà ben 4 nei prossimi anni.
Un duro colpo per l’azienda che ha deciso di accelerare per finalizzare le trattative per non perdere ulteriori guadagni: 200 milioni di dollari solo l’ultima settimana, riporta l’agenzia stampa Associated Press e 800 milioni prima della sua estensione alla Arlington Assembly Plant secondo quanto riferisce l’azienda.
GM era stata graziata in un primo momento ad inizio d’ottobre, quando grazie a storiche concessioni fornite dall’azienda, Shawn Fain aveva “sospeso” l’annuncio dello sciopero minacciato, presentandosi in diretta FB con una maglietta recitante Eat the Rich.
Le tre case automobilistiche si sono sentite “toccate nel portafoglio” da un’iniziativa sindacale inedita con scioperi a gatto selvaggio, prima “in crescendo” – annunciati il venerdì durante le seguitissime dirette FB – e poi improvvisi, senza una cadenza temporale precisa, “risparmiando” l’azienda che faceva più progressi al tavolo delle trattative e quindi senza dissanguare le casse del sindacato (negli Usa è il sindacato a pagare lo stipendio durante lo sciopero).
Il significato della vittoria dei lavoratori della UAW si estende molto al di là della categoria: ne sono coscienti i dirigenti sindacali e gli stessi analisti.
«È molto di più di una faccenda che riguarda l’industria dell’auto; è un segnale a tutto il paese che i lavoratori sindacalizzati possono chiedere ed ottenere grandi aumenti salariali», afferma Patrick Anderson dall’Anderson Economic Group, intervistato dalla Reuters.
Una vittoria storica dopo quella dei lavoratori dei Teamsters della UPS e degli sceneggiatori di Hollywood, dentro quel processo di sindacalizzazione piuttosto esteso che va dalla logistica (Amazon), alla ristorazione (Starbucks), dal settore della formazione (scuole e università) alla sanità.
Da ciò che trapela da fonti interne (mentre scriviamo), i lavoratori più anziani alla GM otterranno aumenti del 33%, gli incrementi salariali in media saranno del 25%, in linea con quanto ottenuto dalle altre Big del settore.
La Ford, secondo quanto riferisce Fain, ha messo sul tavolo il 50% di denaro in più rispetto a quanto fatto il 15 settembre.
Gli incrementi medi del 25%, più il recupero dell’inflazione, saranno alla fine di oltre il 30%, portando il salario a 40 dollari l’ora nei maggiori stabilimenti della Ford.
Il vice-presidente della UAW, Chuck Browning, commentando l’accordo con Ford, ha detto chiaramente che «grazie alla forza dei nostri iscritti ai picchetti e alla minaccia di estensione ulteriore dello sciopero, abbiamo ottenuto il contratto più redditizio per i nostri aderenti dai tempi in cui Walter Reuthner era presidente» (colui che guidò la Uaw dal 1946 al 1970).
La bozza d’accordo prevede il ripristino del meccanismo di adeguamento salariale al costo della vita (COLA), la fine della differenziazione dei lavoratori attraverso il sistema dei tiers, l’assunzione in pianta stabile dei lavoratori a tempo determinato, l’incremento sostanzioso delle pensioni.
«Non lasciare che dicano che non si può fare. La classe operaia sta andando all’offensiva e sta per vincere», ha scritto su X (ex-Twitter).
E proprio la Ford aveva visto fermare improvvisamente per prima il suo maggiore stabilimento.
Certamente l’accordo non comprende la totalità delle richieste formulate dal sindacato: rimane fuori la proposta delle 32 ore a parità di salario ed il ripristino del vecchio sistema pensionistico, mentre le richieste d’aumento erano pari al 40%.
Non è detto, perciò, che per quanto vantaggiosa possa sembrare l’ipotesi d’accordo, questa non venga bocciata, come già fatto alla Mack Truck all’inizio del mese, quando Fain aveva ribadito che sono comunque i lavoratori ad avere l’ultima parola.
Alla Stellantis, secondo la bozza d’accordo, la media degli aumenti salariali è del 25% – e bisogna ricordare che dal 2001 al 2022 gli stipendi erano già aumentati del 23% – con i lavoratori che totalizzeranno aumenti record (anche del 168%), con il ripristino del COLA (“scala mobile”) e la fine del sistema del Wage Tiers.
La casa automobilistica ha alla fine messo sul tavolo più del doppio di quanto proposto all’inizio della vertenza.
Fain aveva letteralmente buttato nel cestino, in un video diventato virale, la prima serie di proposte di Stellantis.
Se le ipotesi d’accordo venissero ratificate dalla base, il contratto scadrebbe il 30 aprile del 2028, dando all’UAW la possibilità di scioperare il Primo Maggio, come hanno ricordato i due dirigenti sindacali. Una data scelta non a caso.
«Quando torneremo al tavolo delle trattative, nel 2028, non sarà solo con le Big 3, ma con le Big 5 o le Big 6», cioè con le maggiori case automobilistiche che hanno stabilimenti nel paese – come Tesla o Toyota – dove il sindacato non è ancora riuscito ad entrare e su cui la UAW concentrerà i suoi sforzi organizzativi a partire da oggi.
Come hanno detto Fain e Browning: «Questo contratto è più di un contratto. È un appello all’azione per i lavoratori ovunque, per organizzarsi e lottare per una vita migliore».
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