Il Congresso degli Stati Uniti ha richiesto una revisione formale della strategia di difesa del paese. Nel rapporto che ne è scaturito viene indicata la necessità di una revisione dei programmi del Pentagono, che consenta di combattere e sostenere lo sforzo bellico su due fronti contemporaneamente.
L’analisi è stata prodotta dalla Commissione sulla strategia di difesa nazionale, un comitato bipartisan in cui è coinvolto anche il think thank Rand, da sempre legato all’apparato militare di Washington. La Commissione è guidata dall’ex deputata statunitense Jane Harman, che in precedenza ha ricoperto il ruolo di funzionario di alto rango presso la Commissione per l’intelligence della Camera.
Lo scopo del gruppo che ha stilato il rapporto è quello di fornire raccomandazioni su “presupposti, obiettivi strategici, missioni prioritarie, investimenti importanti nelle capacità di difesa, assetto e struttura delle forze, concetti operativi e rischi strategici e militari”.
Mentre prima Trump e poi Biden si sono concentrati sull’Indo-Pacifico, ora si chiede di programmare le risorse e l’organizzazione delle forze armate con lo scopo di combattere in almeno due scenari separati. Nel rapporto si chiede una crescita della spesa per la difesa superiore al tasso di inflazione, per far fronte alle minacce provenienti da Cina e Russia.
L’ipotesi di due conflitti contemporanei è quella che ha segnato la strategia statunitense dopo la Guerra Fredda. Ed effettivamente, dal 2001 Washington è sempre stata coinvolta in più di una guerra, seppur non nella scala di una guerra del Vietnam e tantomeno della Seconda guerra mondiale.
La disastrosa ritirata dall’Afghanistan ha mostrato come le forze armate statunitensi non fossero più in grado di sostenere un tale livello di scontro. E si era deciso di reiquilibrare le prospettive, magari affidando agli alleati europei la tenuta del fianco europeo della NATO e concentrandosi sul Pacifico.
L’escalation ucraina ha lanciato il riarmo della UE, ma allo stesso tempo sembra aver provocato maggiori preoccupazioni anche oltre l’Atlantico rispetto alle scelte strategiche precedenti. E dunque ora si chiede di tornare a un livello di prontezza e di impegno come era immaginato in passato.
Ma la richiesta riguarda uno sforzo ancora maggiore. La dottrina delle due guerra degli anni Duemila si rivolgeva a stati che non potevano minimamente eguagliare le forze occidentali in quanto a tecnologie e capacità produttiva, mentre ora i bersagli sono le filiere di paesi come la Russia, la Cina e persino l’Iran, che dispongono di strumenti molto più avanzati.
“La Commissione ritiene che l’esercito statunitense non abbia né le capacità né la competenza necessarie per essere sicuro di poter dissuadere e prevalere in combattimento”, ha aggiunto la Commissione. Il Pentagono deve garantire armi ad alta tecnologia su larga scala e rifornirle di munizioni a un ritmo maggiore.
Le opinioni riguardo alle conclusioni della Commissioni sono contrastanti. C’è chi crede sia impossibile impegnarsi su due teatri, come Elbridge Colby, il quale aveva già contribuito a sviluppare la strategia di difesa del 2018 dell’amministrazione Trump; e chi ne vorrebbe addirittura tre di scenari di guerra, come Thomas Mahnken, tra i commissari estensori del rapporto.
Rimane forte l’idea che gli alleati, in particolare quelli europei, debbano cominciare a pensare da soli alla propria difesa. Ma ad ogni modo, tutti sono convinti che anche solo affrontando la Cina, le forze armate statunitensi dovrebbero sostenere un livello di prontezza globale.
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