La squadra di governo, entrata in carica stamattina con la benedizione di Al-Sisi, è
composta da trenta ministri, tra cui tanti tecnocrati e quattro donne,
ed è guidata dal premier Ibrahim Mehlib che ricopriva l’incarico ad
interim già da cinque mesi. Rispetto al precedente esecutivo
provvisorio, il nuovo esecutivo, il terzo dalla cacciata dell’ex
presidente Mohamed Morsi un anno fa, ha 14 ministri in più e sarà dedito
a garantire la sicurezza e a rilanciare l’economia del Paese, ha
promesso Al-Sisi che ha pure ribadito la sua fermezza nel
contrasto a chiunque prenda le armi contro l’esecutivo. Un non tanto
velato riferimento ai Fratelli Musulmani, i vincitori delle prime
elezioni libere nell’Egitto post-Mubarak diventati un’organizzazione
illegale contro cui il generale ha scatenato una campagna repressiva.
Dallo scorso 3 luglio, giorno in cui i
militari hanno preso il potere cacciando Morsi, le manifestazioni della
Fratellanza e dei suoi sostenitori non si sono mai fermate e neanche la
repressione. Più di 1.400 persone sono morte negli scontri, 500 tra
poliziotti e soldati hanno perso la vita in attacchi contro le caserme e
i posti di blocco e oltre 15.000 presunti sostenitori della
Fratellanza, quindi “terroristi”, sono finiti in carcere.
Dietro le sbarre c’è l’intera leadership del movimento islamico
egiziano, incluso Morsi, e le pene inflitte sono state spesso
pesantissime: decine di condanne a morte che hanno scatenato il biasimo
internazionale.
In cella ci sono anche alcuni giornalisti della tv qatariota Al Jazeera, accusati di essere sostenitori o addirittura affiliati dei Fratelli Musulmani. È di oggi la notizia della scarcerazione del reporter Abdullah Elshamy che è in sciopero della fame da cento giorni. Elshamy è stato arrestato lo scorso agosto mentre seguiva al Cairo lo sgombero violento di un sit-in dei sostenitori di Morsi, un giorno di sangue in cui morirono centinaia di persone e migliaia rimasero ferite. Il giornalista non è mai stato incriminato per alcun reato. La stretta contro la Fratellanza ha colpito anche due note catene egiziane di supermercati controllate da uomini vicini al movimento, sequestrate dal governo.
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