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25/06/2014

Tutto il potere a Napolitano. Il decreto sulla P.A. diventano due

Chi governa oggi l'Italia? Di certo non Renzi e il suo manipolo di giovani esordienti allo sbaraglio, cui l'unica dote che va riconosciuta è una faccia tosta di invidiabile spessore. Forse un po' Pier Carlo Padoan, fresco di dimissioni da capoeconomista dell'Ocse, l'unico della pattuglia che possa vantare un solido curriculum di competenze indubbie, per quanto assolutamente contestabili nel merito.

La domanda è d'obbligo dopo la vicenda del “decreto sulla riforma della pubblica amministrazione”, inviato dal governo alla Presidenza della Repubblica, per la firma di prammatica, ben undici giorni fa. Lasciamo da parte i gossip che da almeno una settimana circondavano “il riserbo” del Quirinale nell'analizzare un testo omnibus, contenente finanziamenti per grandi opere e varie amenità, oltre alla “riforma” vera e propria. Quest'ultima, a una prima lettura, presentava inoltre numerosi interrogativi sulla costituzionalità di alcuni passaggi (“riformare lo Stato”, senza possedere una robusta cultura istituzionale, è un'impresa complessa e foriera di brutte figure).

Concentriamoci esclusivamente sui due decreti apparsi in Gazzetta Ufficiale, debitamente firmati da Giorgio Napolitano.

Sono infatti due invece dell'unico inviato dal governo. Le cronache degli addetti ai lavori raccontano che “il decreto legge omnibus licenziato il 13 giugno scorso è stato nel frattempo spacchettato in due distinti provvedimenti (da un lato pubblica amministrazione e semplificazioni, dall'altro crescita). Ma anche perché alcune norme sono state modificate, altre rimosse e altre ancora aggiunte”. Aggiunte, addirittura! Per esempio, una cosuccia come la proroga fino al 30 settembre 2014 dei lavori per la seconda tornata dell'abilitazione scientifica nazionale per i docenti universitari.

Scusate. Da quando in qua il governo in carica viene sostituito dai tecnici del Quirinale in completa autonomia? Vi sembra tutto normale? Ai giornali mainstream sì, visto che non sono più abituati a farsi domande scomode. Eppure, secondo la Costituzione ancora vigente, i decreti – forma di legislazione parecchio ambigua, visto che salta completamente il passaggio parlamentare, spostando il baricentro dal Parlamento all'esecutivo – devono essere proposti dal governo e casomai respinti dal Presidente della Repubblica, se vi ravvisa errori marchiani, aspetti incostituzionali, incoerenze, ecc.

In questo caso, invece, il Quirtinale si è assunto il compito di riscrivere completamente il decreto, sostituendosi di fatto al governo. Sottolineiamo la doppia sostituzione: il governo fa una legge (questo e non altro è un decreto) evitando di interrogare il Parlamento e viene a sua volta bypassato dal Presidente. Che in questo modo si comporta come l'effettivo Capo del Governo. C'è stato un golpe che ha imposto la repubblica presidenziale e non ce lo hanno nemmeno fatto sapere, a quanto pare...

Ci sembra evidente che ormai si governi semplicemente scrivendo quel che l'Unione Europea (più Bce e Fmi) ci dicono di fare. Le “cosa da fare” sono quelle, inutile star lì a discutere “democraticamente” se siano o giuste o no; si perde solo tempo...

Ci sembra però altrettanto evidente che la masnada di absolute beginners che sta occupando le poltrone ministeriali sia così incompetente da non riuscire neppure a “tradurre” quegli ordini secondo il codice nostrano. E che qui debbano sostituirsi – ancora una volta – “i tecnici” che sanno dove mettere le mani.

Il merito dei due provvedimenti, a questo punto, è persino meno interessante. Si conferma tutto quel che era già stato anticipato, e quindi:
  • dimezzamento dei permessi sindacali per ciascuna organizzazione, a partire dal 1 settembre;
  • fine della possibilità di restare in servizio per due anni dopo il raggiungimento dell'età pensionabile;
  • un blocco del turnover dei dipendenti un po' meno rigido (si va da un tasso di sostituzione del 20% per il 2015 fino al 100% “a regime”, dal 2018);
  • mobilità obbligatoria fino a 50km dal luogo di residenza;
  • “semplificazioni” a pioggia, specie in materia di concessioni per l'edilizia.
Inutile perdere tempo, no?

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