Il rifiuto, in extremis, di firmare il patto di associazione con l’Unione Europea era costato caro, carissimo all’ex presidente ucraino Yanukovich, destituito da un colpo di stato sostenuto e fomentato da Bruxelles e, per motivi diversi, da Washington.
Ora, a pochi mesi dal golpe e in piena guerra civile, l’oligarca stramiliardario Poroshenko ha suggellato ieri il patto che porta ufficialmente Kiev nell’orbita economica, politica e militare dell’Unione Europea e l’avvicina alla Nato.
Poroshenko, al suo arrivo al vertice Ue dove ha firmato la seconda e ultima parte del pacchetto dell'Accordo di associazione con Bruxelles, dopo che quella politica era stata già siglata a marzo dal primo ministro Arseni Yatseniuk, ha definito quello di ieri «un giorno storico per il mio Paese, il più importante dall'indipendenza». In realtà i nazionalisti che si sono impossessati del potere a Kiev hanno già consegnato l’Ucraina alla Banca Centrale e al Fondo Monetario Internazionale, che hanno concesso una prima tranche di aiuti in cambio di un draconiano piano di tagli ai salari e alle pensioni, di aumenti della bolletta energetica e del gas per le famiglie, di riduzione dei sussidi a poveri e disoccupati, di riduzione del numero di dipendenti pubblici. Parlare in questo contesto come fa la nuova classe dirigente golpista di “indipendenza ritrovata” suona come un vero paradosso.
Oltretutto, la strada tutta teorica di avvicinamento di Kiev all’Unione Europea è tutta in salita, e innumerevoli sono i sacrifici che il popolo ucraino sarà obbligato a compiere per rispondere ai requisiti che di volta in volta Bruxelles fisserà. La sottoscrizione di accordi di associazione (AA) e di cooperazione economica (DCFTA) da parte degli oligarchi ucraini non spalanca affatto le porte di Bruxelles.
E accentua lo scontro con Mosca che ieri ha reagito molto duramente alla firma del trattato di associazione, definita “illegittima” da Sergei Glazyev, influente consigliere del presidente Putin, che poi ha etichettato Poroshenko come un «nazista»; da parte sua il viceministro degli esteri russo Grigory Karasin ha minacciato «gravi conseguenze» per Kiev perché «la conclusione di un tale accordo» ha spiegato, «impatta significativamente sul concetto di sovranità». Mosca, che è stata già colpita da pesanti sanzioni e da un repentino isolamento da parte occidentale, potrebbe rispondere all’ingresso dell'Ucraina nello spazio economico europeo con l’imposizione di notevoli restrizioni alle esportazioni di Kiev verso la Russia – già preannunciate ieri dal responsabile degli esteri – mettendo in ulteriore difficoltà un’economia già allo stremo e che regge solo grazie agli aiuti occidentali.
Ieri, insieme all’oligarca Poroshenko, a firmare il patto di associazione con Bruxelles erano presenti anche i leader della Georgia e della Moldova. Il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy non è voluto mancare all’appuntamento ed ha parlato di "un grande giorno" per l'Europa, la quale oggi sarà "al fianco" dei paesi neo-associati "più che mai". Dichiarazioni che suonano come un'annessione nella sfera d'influenza europea di paesi che hanno fatto parte dell'Unione sovietica e che il presidente russo Vladimir Putin avrebbe voluto vedere come partner del polo euroasiatico di cui è promotore. Un colpaccio per l’Unione Europea che però a questo punto dovrà fare i conti con un clima di tensione con Mosca senza precedenti.
Tensione che in tutti e tre i paesi si è già trasformata in scontro diretto tra una parte della popolazione desiderosa di avvicinarsi a Bruxelles e alla Nato e una parte decisamente 'filorussa' e indisponibile alla cooptazione nell'Unione Europea; se in Ucraina la guerra civile è iniziata a causa del golpe di febbraio e delle persecuzioni delle popolazioni dell'est del paese da parte del nuovo regime e delle forze di estrema destra, la crisi ha assunto aspetti bellici sia in Georgia sia in Moldova ormai da anni, con intere regioni di fatto dichiaratesi indipendenti dall'autorità centrali.
Oltretutto l’isolamento nei confronti di Mosca potrebbe costare caro non solo all’economia russa, ma anche a quella della locomotiva europea. Le imprese esportatrici tedesche hanno finora subìto mancati introiti per oltre 2 miliardi di euro a causa delle sanzioni decise nei confronti della Russia ed anche per la situazione di grave crisi economico e militare scatenata in Ucraina dal golpe sostenuto dall’esecutivo Merkel. L'ha reso noto nei giorni scorsi Eckhard Cordes, presidente del comitato per i paesi dell'Est delle Federazioni economiche tedesche. Tra gennaio e aprile le esportazioni tedesche destinate all'Ucraina, a causa del conflitto, sono crollate del 31 per cento su base annua. Verso la Russia del 14 per cento. In valori assoluti, l'export verso l'Ucraina ha perso 500 milioni di euro, quello verso la Russia di 1,7 miliardi di euro.
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