C’è qualcosa che sfugge in ciò che sta accedendo da quasi due settimane in Israele. Perché tanta forza fuori misura da parte di Israele che pare intenzionata a non fermarsi nonostante il sempre più forte isolamento internazionale? Cosa nasconde Israele e quali le ragioni di Hamas per resistere?
Il segretario di Stato Usa impegnato in una offensiva mediatica con interventi misurati con il bilancino su cinque diverse reti televisive alla fine si fa scappare la verità. John Kerry, in una pausa pubblicitaria dell’intervista a Fox, non si accorge che il microfono non è spento e, al telefono con una persona del suo staff, si lascia sfuggire: «Altro che operazione di precisione…», esclama Kerry nel giorno della strage di Sajaya. «Altro che operazione di precisione. L’escalation è significativa. Dobbiamo andare lì stasera. È pazzesco stare seduti».
Uno storia nata male e con molti angoli bui
Per comprendere le rispettive posizioni delle parti in campo, riprendiamo i dati essenziali.
A. Il sequestro di tre giovani studenti israeliani il 12 giugno a Hebron e il rinvenimento dei loro corpi fa riemergere il baratro che divide Abu Mazen da Hamas, nonostante l’avvenuta pacificazione dell’aprile 2014 che non piaceva ad Israele.
B. Israele accusa del crimine l’intero movimento di Hamas che nega di essere coinvolto. La ricerca dei responsabili inizia con un bombardamento a Gaza e prosegue in Cisgiordania con l’arresto di 560 persone e l’uccisione di 6 civili.
C. I due presunto colpevoli, Marwan Qawasmeh e Amer Abi Eishe, erano noti per gli attacchi a civili israeliani durante le fasi di cessate il fuoco fra Israele e Hamas. Il movimento definiva le loro azioni atti di sabotaggio. Due provocatori.
D. Sin dall’inizio la linea di Abu Mazen è in aperto contrasto con quella di Hamas. L’ANP collabora con le forze israeliane nelle ricerche dei sequestrati e allo scoppio della crisi di Gaza condanna le bombe ma cerca e sostiene la tregua.
E. I razzi sparati da Gaza verso Israele, ultimi i fratelli maggiori dei vecchi Qassam, più potenti anche se sempre senza sistemi di guida, minacciano le grandi città israeliane. Lancio di razzi, bombe istraeliane. Ma chi lancia veramente i razzi?
I due obiettivi dichiarati di Israele
Israele ha due obiettivi da centrare con l’ennesima campagna militare a Gaza: primo, depotenziare sensibilmente la capacità reattiva delle formazioni armate presenti a Gaza distruggendone i tunnel, quelli costruiti sotto i 14 km di confine di Rafah tra la Striscia e l’Egitto da dove proviene il rifornimento di armi. Secondo, trovare e smantellare i tunnel scavati al confine di Eretz fra Gaza e Israele per impedire l’infiltrazione di nuclei armati nel Paese.
Per centrare il primo obiettivo, Tel Aviv può contare sul Presidente egiziano che ha incluso Fratelli Musulmani e Hamas nell’elenco delle organizzazioni terroriste, procedendo alla distruzione di 1.100 tunnel e chiudendo Rafah anche in costanza dei bombardamenti israeliani.
L’obiettivo segreto individuato dal Mossad
Ma Tel Aviv è allarmato anche dalla crescente presenza ai funerali delle vittime a Gaza delle bandiere nere del Califfato Islamico proclamato in Iraq e Siria alla fine del giugno 2014 e da allora operativo come IS, Islamic State.
Secondo l’intelligence israeliana, il gruppo salafita qaedista Ansar Al Bayat Maqdis, si sarebbe schierato con IS e avrebbe inviato combattenti e armi anche nella Striscia di Gaza. Il gruppo jihadista operante nella penisola del Sinai - già inserito da una Corte egiziana nella Black List - sarebbe responsabile di attacchi contro siti e militari e attentati contro Israele a Eilat.
Valutazione di minaccia che verrebbe condivisa del Presidente egiziano, secondo il quale all’inizio di luglio la sicurezza ha fermato 15 militanti di IS in procinto di entrare a Gaza.
L’intelligence dell’ANP si spinge oltre
Convinti del declino di Hamas dopo il colpo di Stato del 3 luglio 2013 in Egitto, esponenti della sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese sostengono che i leader delle formazioni salafite della Striscia, riuniti nel gruppo “Al Quds Mujahiddin Shura”, hanno giurato fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi dopo le vittorie in Iraq e Siria nel maggio 2014.
E ritengono inoltre opera di combattenti di IS il lancio di razzi a lunga gittata contro Israele durante la seconda decade di luglio.
Non solo Hamas è il nemico condiviso con l’Egitto
Il Gruppo salafita di matrice qaedista Ansar Bayat al Maqdis venne creato nel Sinai dopo la caduta del Presidente Mubarak nel 2011.
E’ accusato dell’uccisione di oltre 200 militari e ufficiali egiziani e pur contrario ai Fratelli Musulmani e alla loro partecipazione alle elezioni ne ha supportato l’ascesa e vendicato la caduta con manifestazioni di protesta e attacchi ai golpisti.
Il leader di Ansar Al Bayat Maqdis, Shadi al Menei, sarebbe stato ucciso in uno scontro a fuoco a Magharo da militari egiziani.
Il nemico del mio nemico che non può essere mio amico
Tanti fronti contrapposti, nemici vecchi e nuovi nella partita eterna israelo-palestinese. Con nemici temibili e nuovi che spingono oggi Israele a cercare di fare far piazza pulita almeno di quelli tradizionali e ben noti?
Una possibilità del valutare.
Con Hamas che i nemici li ha ora non solo nella dirompente e incontenibile potenza militare di Israele ma anche alle spalle.
Il nuovo Egitto del laicismo con le stellette di Al Sisi che rimbalza su Hamas la scomunica legale verso i Fratelli Musulmani. E le formazioni salafite e qaediste ormai presenti a Gaza e di cui pochi, stranamente fanno cenno.
Presenze imbarazzanti per chi? Certo pericolose per molti.
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