86mila.
Questo il numero totale di riservisti richiamati dall’esercito
israeliano per l’operazione militare contro Gaza. Oggi l’ultimo round: altri 16mila soldati per proseguire un’offensiva che si fa ogni giorno più sanguinosa e drammatica.
La decisione di incrementare il numero di militari impiegati è stata
presa ieri nella riunione di gabinetto, meeting che si terrà anche oggi
pomeriggio. Oltre alle truppe, Israele ha anche bisogno di armi e, dopo
una serie di commenti stizziti con l’amministrazione Washington e il
presidente Obama, la Casa Bianca ha comunque accettato di inviare a Tel
Aviv altre munizioni: mortai 120mm e munizioni per lanciagranate da 40
mm.
Intanto proseguono i bombardamenti: stamattina 15 palestinesi –
sfollati in una scuola dell’Onu nel campo profughi di Jabaliya, a nord –
sono stati feriti quando colpi sparati dall’esercito israeliano hanno
centrato una moschea.
Siamo ormai al 24 esimo giorno di “Barriera Protettiva” e i numeri ormai toccano quelli di Piombo Fuso. Per
molti l’operazione in corso è molto più devastante di quella che fu
l’offensiva del 2008-2009 per il livello altissimo di distruzione e il
numero di sfollati, elevatissimo a causa dei bombardamenti
diretti contro abitazioni civili. A Gaza non c’è più elettricità: dopo
il bombardamento dell’unico impianto elettrico della Striscia, gran
parte della popolazione ha la corrente per due ore al giorno, ma nel
centro dell’enclave è completamente assente.
I target colpiti negli ultimi due giorni – scuole Unrwa,
ospedali, parchi giochi, mercati – hanno fatto alzare la voce anche ai
più silenziosi alleati israeliani. Ieri sia il presidente Obama che il
segretario generale dell’Onu hanno condannato gli attacchi ai civili,
con il Palazzo di Vetro che definiva “oltraggioso” il bombardamento
della scuola Unrwa di Jabaliya.
Parole dure anche dall’Unrwa, l’agenzia
Onu per i rifugiati, a corto di fondi e spazio per gli oltre 215mila
rifugiati interni a Gaza. Impossibile accoglierli tutti: con 4.987 case
completamente e 26.270 parzialmente distrutte, è diventato estremamente
difficile trovare riparo a Gaza. Nelle scuole dell’Unrwa,
affollate, carenti di bagni, cibo e acqua e comunque target dei raid
israeliani, la popolazione vive in condizioni pessime. Da cui la
dichiarazione di ieri sera: l’Unrwa non ce la fa più a prendersi cura
degli sfollati che Israele ha provocato, per cui Israele – in quanto
potere occupante – se ne assuma la responsabilità.
Ma se qualcuno alza la voce ed esprime almeno disappunto per l’operazione in corso, la diplomazia non si muove. Oggi al Cairo dovrebbero volare una delegazione di Hamas e dell’Olp per discutere di nuovo della proposta di tregua egiziana. All’orizzonte
non c’è nulla. Israele non apre ad alcuna discussione ed intensifica
l’operazione, Hamas sa di non poter tornare al precedente status quo,
all’assedio, come se niente fosse successo, come se non fossero morte
ammazzate 1.360 persone.
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