Nel giro di pochi mesi sono arrivate diverse notizie dalla Germania che meritano di esse considerate insieme. Nei primi mesi dell’anno, la crisi ucraina – soprattutto dopo l’annessione della Crimea – c’è stato il pressing americano per le sanzioni alla Russia. Inopinatamente, la Germania si è schierata a favore delle sanzioni e con un certo fervore piuttosto sospetto. L’attenzione è subito caduta sulle esportazioni di gas e sul connesso problema di Southsteam, mentre meno attenzione è stata riservata al blocco dei conti russi nelle banche occidentali (ovviamente conti di grandi magnati, società di esportazione ecc.). Fra i paesi in cui esisteva (e supponiamo esista ancora) una delle massime concentrazioni di capitali russi c’è naturalmente la Germania, per via del fittissimo import-export fra i due paesi: la Germania è il maggiore partner commerciale della Russia sia in entrata che in uscita.
Alla misura del blocco di alcuni conti bancari seguì immediatamente il crollo della Borsa di Mosca, mentre iniziava una manovra Usa per destabilizzare il rublo.
Poi, in marzo sono giunte notizie non proprio confortanti sulla situazione delle banche tedesche in vista degli stress test previsti per il 2018. Del precario stato di salute della Commerzbank si sapeva, mentre era meno nota la situazione non più floridissima della Deutsche Bank: sono quelle situazioni in cui trattenere forzosamente qualche conto può fare comodo per qualche tempo.
Nel frattempo, i rapporti russo-tedeschi, pur sotto minaccia, sono proseguiti in qualche modo e società tedesche e francesi rilevavano consistenti quote dell’Eni nella società impegnata a costruire Southstream, di cui veniva modificato il percorso che non passava più dall’Italia (neppure per la diramazione del Tarvisio) ma dai Balcani puntava direttamente all’Austria ed alla Germania (poi, bisognerà vedere se la cosa andrà in porto, ma per ora diverse società tedesche continuano a scommettere sulla Russia).
Poi ci sono state le elezioni europee, dove la Cdu-Csu, pur registrando una flessione, si è mantenuta su livelli ragguardevoli e, nel complesso, è uscita bene dalla prova. Peraltro, la Merkel è riuscita, anche se a prezzo di una lunga trattativa, ad imporre il suo candidato a capo della Commissione, Junker, un successo politico faticosamente raggiunto, ma pur sempre un successo. Di qui in poi le cose iniziano a prendere una strada poco chiara: a fine giugno è nuovamente esplosa la grana dello spionaggio americano nei confronti della Germania che sarebbe allegramente continuato dopo il caso Snowden. Scontata meraviglia sia della Merkel (“Non si spiano gli alleati!”) che di Obama (“non ne sapevo nulla!”) scesi tutti e due dal pero. Ma come sono ingenui questi governanti! Eppure, a pensarci bene, se c’è un paese che gli Usa hanno interesse a spiare è proprio la Germania, il membro più irrequieto della Nato ed anche quello più vicino ai russi. Alleati? Si, di chi?
Semmai è interessante capire come la notizia sia venuta fuori: chi c’è dietro? Lo stesso che ha manovrato il caso Snowden?
Vedremo, ma la notizia più curiosa è quella che è lampeggiata per un solo giorno sui mass media: la rinuncia di Merkel a ripresentarsi nel 2018 e la decisione di dimettersi qualche tempo prima per mettere in pista il successore. La cosa è strana: la Merkel ha vinto le politiche solo 10 mesi fa, poi è andata tutto sommato bene alle europee ed ha saldamente il governo in mano. Perché parla di dimissioni? Lo farebbe per evitare una sconfitta, ma, a 4 anni dalle votazioni pare una preoccupazione un po’ eccessiva, e poi, non pare che la Spd, allo stato attuale sia nelle migliori delle condizioni per battere la Cdu/Csu. E gli è andato bene anche il mondiale! Insomma perché mai dovrebbe perdere? E perché mai dovrebbe avviare la successione con un paio di anni di anticipo annunciandola un altro paio di anni prima?
Lecito porsi una domanda: a chi sta parlando? Allo stato delle conoscenze si intuisce che c’è un qualche nesso fra queste diverse notizie, ma è decisamente troppo poco per capire cosa le leghi e come. Quello che si capisce è che sono i sordi rimbombi che avvertono di un temporale in attivo. E qui conviene avere una bussola di riferimento per capire cosa si stia profilando.
La riunificazione tedesca è stata il principale avvenimento prodotto dalla fine del bipolarismo: la caduta del Muro è stata il simbolo visivo della fine di quell’ordine mondiale. Poi le floride sorti della Germania sono andate di pari passo con la fase trionfale del nuovo ordine mondiale: la distensione nei rapporti con la Russia schiudeva ricche praterie alle imprese tedesche, la nascita dell’Euro candidava Berlino a capitale naturale della nuova Europa, nuove frontiere all’espansionismo economico tedesco di aprivano via via verso est: Turchia, Kazhakstan, Cina, Corea.
La Germania poteva ritenersi a buon diritto uno dei protagonisti nel nuovo ordine mondiale sotto l’ombrello americano.
E quando è arrivata la crisi, nel 2008, la Germania è stata certamente uno dei paesi che ha retto meglio il colpo, anzi ha moltiplicato crediti ed influenza. E la Germania è rimasta al centro di un sistema di alleanze a cerchi sovrapposti: membro della Nato, paese leader della Ue, ma insieme massimo partner commerciale della Russia.
Ora però il vento è girato e le cose si mettono male. La crisi ucraina inizia a prospettare un nuovo bipolarismo fra Usa da un lato e Cina e Russia dall’altro. E’ presto per dire se questa tendenza prenderà corpo e si materializzerà in un nuovo ordine mondiale, ma tutti iniziano a prendere le misure ed a posizionarsi nel caso ciò dovesse accadere. E la domanda che gli americani ed i russi si pongono è: “Ma la Germania da quale parte deciderà di stare?”.
Fonte
Io penso che la Germania non intenda stare da nessuna parte se non dalla propria. Tradotto, ciò che si profila per il futuro non è un nuovo bipolarismo, ma un multipolarismo in cui oltre la Germania, tenteranno di acquistare spazi quanto più indipendenti anche Giappone, India e Brasile unitamente al blocco latino americano.
Nessun commento:
Posta un commento