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23/07/2014

10 cose da sapere per comprendere la guerra in Palestina

In questi giorni di tanto inchiostro versato sulla guerra in Palestina, quella che manca è spesso una visione delle cose basata sui fatti e sulle vicende storiche che hanno segnato oltre 65 anni di conflitti in terra santa. Per questo ci siamo posti dieci domande sulla questione palestinese ed abbiamo cercato dieci risposte, per provare a fornire una base che possa servire a comprendere un conflitto che ancora non vede fine, a partire dai fatti e non dalle opinioni.

1. GLI EBREI HANNO SEMPRE VOLUTO UN PROPRIO STATO IN PALESTINA?

La risposta è No. Ad affermare la volontà di costruire uno stato ebraico in terra santa è inizialmente una minoranza esigua di ebrei europei, raccolti nel “movimento sionista”, che nasce a fine ’800. Per dare un’idea di come questa ideologia non fosse comune a tutto il popolo ebraico basti pensare che erano proprio gli ebrei più ortodossi a rigettare l’idea come blasfema, in quanto sostenevano che il regno di dio non poteva essere costruito in terra, ma sarebbe arrivato come dono divino dopo il giudizio universale. Il Sionismo diventa maggioritario dopo le tragedie della II guerra mondiale, quando anche gli stati europei e gli Usa si convincono (un po’ per senso di colpa, e soprattutto perché nessuno voleva accogliere i profughi ebrei all’interno del proprio stato) ad accettare l’idea dell’Inghilterra, che è quella di creare una stato ebraico in Palestina, al fianco di uno stato palestinese con Gerusalemme città dallo status internazionale, a mandato Onu.

2. DA CHI ERA ABITATA STORICAMENTE LA PALESTINA?

Secondo l’opinione dei sionisti israeliani il territorio della Palestina era pressoché disabitato fino all’inizio dell’immigrazione ebraica di inizio ’900, per questo affermano spesso che gli ebrei sono un “popolo senza terra che è andato ad abitare una terra senza popolo”, ma è vero questo? La risposta è No. Secondo i dati dell’Impero Ottomano ad inizio ’900 la Palestina era abitata da circa 800mila persone: oltre 700mila arabi-musulmani, circa 80mila cristiani e non più di 20mila ebrei. La popolazione ebraica crebbe nei primi decenni del ’900 ma ancora nel 1914 non superava le 59mila unità. Altra affermazione piuttosto in voga e non vera è quella secondo cui i palestinesi non avessero alcuna identità nazionale e fossero “beduini arretrati che vivevano nelle tende ignorando la civiltà”. Per relegare questo altro cavallo di battaglia sionista tra le bufale della storia può bastare dare un’occhiata ad un archivio di vecchie foto (vi consigliamo questo), le quali testimoniano senza dubbio come già a fine ’800 la Palestina fosse una realtà urbanizzata, con una propria economia (ferveva la produzione e il commercio di agrumi) e alcune proprie istituzioni, come la scuola superiore di Stato.

3. PERCHE’ ANCORA NON ESISTE LO STATO PALESTINESE ANCHE SE ERA GIA’ PREVISTO NEL 1948?

Questo è un problema complesso. Inizialmente sono gli stati arabi confinanti a rifiutare la soluzione dei due stati in quanto questo avrebbe significato accettare anche lo stato di Israele ed una divisione territoriale che riservava allo stato ebraico la maggioranza del territorio palestinese, mentre a livello di popolazione gli ebrei in Palestina rappresentavano all’epoca un’esigua minoranza. Per questo già nel 1948 Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania dichiarano guerra ad Israele che però, forte dei migliori equipaggiamenti militari, vinse la guerra. Un nuovo conflitto si verifica nel 1967 (la “guerra dei sei giorni”) e vede ancora Israele vincere ed occupare nuove terre. Un accordo tra le parti viene firmato nel 1993 (“accordo di Oslo”) tra il leder dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) Yasser Arafat e il primo ministro israeliano Rabin. L’accordo avrebbe dovuto sancire la nascita dello stato di Palestina entro cinque anni, ma l’assassinio di Rabin da parte di estremisti ebrei contrari all’accordo e l’opinione diversa dei suoi successori hanno fatto sì che l’accordo non sia mai stato messo in atto.

4. COME NASCE LA LOTTA ARMATA PALESTINESE?

Nel 1964 viene fondata l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) che già dal 1974 è accettata dalla Lega Araba come unico rappresentante del popolo Palestinese. L’Olp ha come obiettivo nel proprio statuto “la liberazione della Palestina attraverso la lotta armata”, alla quale rinuncia solo nel 1993 dopo gli accordi di Oslo. Sono sempre esistite anche altre sigle che attuavano la lotta armata ed anche attentati suicidi, come ad esempio “Settembre Nero”, che nel 1972 si rese protagonista dell’assassinio di 11 atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera.

5. LA LOTTA ARMATA PALESTINESE E’ UNA FORMA DI TERRORISMO ISLAMICO?

Islamico sicuramente no, o comunque non solo. L’Olp nasce come struttura laica con al suo interno correnti islamiche, cristiane, socialiste e comuniste. La radicalizzazione islamica delle organizzazioni palestinesi è una evoluzione recente e comunque maggioritaria solo a Gaza. Sulla questione del terrorismo, invece, a livello formale vi sono diverse interpretazioni. Mentre alcuni stati, seguendo le indicazioni degli Usa hanno sempre considerato l’Olp (ed ora Hamas) come organizzazioni terroristiche, l’Onu ha attuato invece delle risoluzioni che affermano principi diversi. In particolare l’Olp è stata riconosciuta dall’Onu nel 1975 come rappresentante del popolo palestinese, mentre nel 1977 venne approvata una modifica alla convenzione di Ginevra la quale riconosceva che, in linea generale “la lotta armata poteva essere usata, come ultima risorsa, come mezzo per esercitare il diritto all’autodeterminazione”. Per molti anni diversi stati europei hanno riconosciuto il diritto alla lotta armata dei palestinesi e tra questi anche l’Italia. A questo proposito vi consigliamo di guardare il video dell’intervento dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 1985, quando afferma che “i palestinesi hanno il diritto di usare le armi per liberarsi dall’occupazione della loro terra”.

6. QUELLA DI HAMAS A GAZA E’ UNA DITTATURA?

Anche qui la risposta è: dipende. Più no che sì in realtà. Hamas arriva al potere nel 2006 vincendo le elezioni. A queste ottiene più voti del partito di Abu Mazen (Al Fatah) e la maggioranza dei seggi. Tuttavia a questi risultati segue uno sconto tra Al Fatah (maggioritario in Cisgiordania) e Hamas (maggioritario nella striscia di Gaza), che si conclude con l’eliminazione, anche fisica, dei rivali politici da parte di entrambe le fazioni in lotta ed un governo palestinese di fatto diviso in due: la Cisgiordania ad Al Fatah e Gaza ad Hamas. Negli anni successivi ci sono stati diversi tentativi per formare un governo di unità nazionale tra le due fazioni, l’ultimo accordo è di poche settimane fa ma la nuova offensiva militare lo ha bloccato.

7. I BOMBARDAMENTI ISRAELIANI AVVENGONO PER LEGITTIMA DIFESA?
Questo è da sempre l’argomento più controverso: secondo gli israeliani gli attacchi a Gaza sono sempre una risposta al lancio di razzi verso Israele, mentre secondo i Palestinesi sono i lanci di razzi ad essere di risposta alle aggressioni israeliane. In questo caso specifico, l’offensiva israeliana cominciata l’8 luglio è stata giustificata con l’assassinio di tre coloni israeliani da parte di Hamas. Tuttavia le prove che Israele dice di avere riguardo alla responsabilità del governo di Gaza non sono ancora state mostrate. In linea generale, secondo le statistiche pubblicate da un’inchiesta dell’Huffington Post la realtà è la seguente: il 79% di tutte le pause nel conflitto sono terminate quando Israele ha ucciso un Palestinese, mentre solo l’8% sono state interrotte da un attacco palestinese. Il rimanente 13% consiste di interruzioni provocate da uccisioni da ambedue le parti nel medesimo giorno. Nei 25 periodi di assenza di violenza di durata superiore alla settimana invece Israele ne ha unilateralmente interrotti 24, pari al 96%. Nei 14 periodi di tregua superiori ai 9 giorni le interruzioni unilaterali da parte di Israele arrivano al 100%

8. QUANTI SONO GLI ISRAELIANI E I PALESTINESI UCCISI NEL CONFLITTO?

Tra il 2000 ed il 2010 le vittime totali del conflitto sono state 6404 palestinesi e 1080 israeliani, calcolando sia i militari che i civili. Negli ultimi anni va però annotata una sempre più evidente sproporzione del conflitto, dettata dalla netta superiorità militare dello stato israeliano, che può vantare i più moderni armamenti (sempre più frequente l’utilizzo di droni). Dal 7 luglio ad oggi sono già stati uccisi 150 palestinesi (ad oggi siamo arrivati a 600 palestinesi e 20 israeliani uccisi - nd Re-Carbonized), a fronte di nessun israeliano. Secondo le stime delle organizzazioni umanitarie oltre 1/3 delle vittime sono donne e bambini.

9. QUALI DOVREBBERO ESSERE I CONFINI DELLA PALESTINA?

Il piano degli inglesi del 1948 prevedeva una suddivisione in parti quasi uguali tra stato palestinese (45%) ed Israeliano (55%), con Gerusalemme posta sotto mandato Onu come città internazionale. Dopo i due conflitti del 1948 e 1967 Israele ha ampliato sensibilmente i propri confini, giunti fino al 78% del territorio totale. Questa dovrebbe essere la base per stabilire l’accordo sui confini secondo gli Accordi di Oslo. Tuttavia ad oggi una soluzione del genere è assolutamente impensabile, a causa della continua espansione illegale del territorio sotto il controllo israeliano perpetuata attraverso l’istituzione delle colonie.

10. ESISTE UN’ALTERNATIVA POSSIBILE?

Tutti i tentati tavoli di dialogo avvenuti in questi anni si sono basati sul principio di “due stati per due popoli” e si sono costantemente arenati appena giungevano al punto in cui si doveva iniziare a parlare dei confini di questi due stati. Per questo vi è una corrente che, pur fortemente minoritaria, esiste sia tra i palestinesi che tra gli israeliani (principalmente tra pacifisti, anarchici e socialisti), che propone non più due stati differenti, ma un unico stato multinazionale e laico con pari diritti per tutti i suoi abitanti. Probabilmente è un’utopia, ma allo stato attuale, secondo i sostenitori di questa soluzione, “niente pare più utopico di un accordo di pace basato sui due stati”, e forse non hanno tutti i torti.

QUESTIONE SUPPLEMENTARE: visto che tanta circolazione sta avendo, anche nei commenti a questo articolo, la teoria secondo la quale la cartina da noi utilizzata per descrivere l’evoluzione della questione palestinese sarebbe una mappa non attendibile, vi invitiamo a leggere l’articolo seguente nel caso aveste dei dubbi sulla sua veridicità. Basta cliccare sull’immagine:

palestina e israele, quale sarebbe la mappa giusta?

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