di Chiara Cruciati – il Manifesto
I sondaggi
sull’offensiva in corso sono impietosi: il 93% della popolazione
israeliana si dice soddisfatta dell’operazione militare “Barriera
Protettiva”, il 71% approva l’attacco via terra e il 77% non vuole un
cessate il fuoco (il sondaggio è stato realizzato il 20 luglio da New
Wave Research e dal quotidiano Israel Hayom). Se non bastassero i
numeri, basta fare un giro nei social network, sintonizzarsi su una tv
israeliana o sfogliare un quotidiano: la campagna anti-araba iniziata
con la morte dei tre coloni trova linfa vitale nell’attacco contro la
popolazione gazawi e, ancora una volta, cementa il sentimento
nazionalista israeliano.
Poche le voci di dissenso, ma non per questo meno significative: cresce
il fronte antisionista e antimilitarista israeliano, attira un numero
maggiore di attivisti e lavora per fornire un’informazione alternativa.
Lunedì sera sono scesi in piazza a Jaffa, nel martoriato
quartiere di Al Ajami, circa 800 persone organizzate dal movimento
islamico, al cui appello hanno aderito singoli attivisti, mentre in
altre comunità si sono ritrovate organizzazioni pacifiste, partiti
anti-sionisti di estrema sinistra e la sinistra moderata sionista (i
partiti Meretz e Hadash). «Gruppi fascisti si sono organizzati per
aggredire la manifestazione di Jaffa – spiega al Manifesto l’attivista
israeliana Tamar Aviyah – Sono sempre più strutturati, si organizzano
nei social network. La polizia ha cercato di dividerci chiudendo le
strade. Sembrava ci fosse il coprifuoco».
Il fronte si sta però allargando, grazie anche all’informazione
alternativa fornita su Facebook e Twitter dagli attivisti e da siti come
+972mag, fonte indispensabile di immagini, analisi e notizie che i
media mainstream tacciono: «Non seguo molto la stampa israeliana, ma
posso dirvi che giornali e tv si focalizzano quasi esclusivamente sulla
solidarietà all’esercito, nel tentativo di rafforzare il sentimento
anti-arabo. Nessuno parla delle legittime richieste di Hamas,
nessuno mostra immagini del massacro in corso. Le vittime gazawi? Le
chiamano ‘danni collaterali’. La terminologia è molto sterile, machista, esclusivamente volta a giustificare le violenze».
Una pratica che si rispecchia nei comportamenti e i discorsi della
maggioranza del popolo israeliano. Ma quello che preoccupa, ci spiega un
altro attivista che chiede di restare anonimo, è la crescita repentina
dei gruppi fascisti e di estrema destra, oltre al controllo capillare da
parte dei servizi segreti interni delle attività dei gruppi
anti-sionisti e di sinistra. Per questo, alcuni attivisti si
stanno organizzando per monitorare le attività dell’estrema destra,
seguendone i movimenti nei social network e le azioni in programma. Alcuni hanno messo in piedi forze di difesa che operano durante le manifestazioni per evitare aggressioni.
«Siamo in parte soddisfatti – continua Tamar – perché il movimento di
base israeliano anti-sionista è in crescita. Numeri come quelli di
questi giorni – 800 persone a Jaffa, oltre mille a Tel Aviv – non erano
mai stati raggiunti. A questo si aggiungono le azioni del BDS, la
campagna di boicottaggio dello Stato di Israele, e quelle degli Ebrei
contro il Genocidio [movimento di ebrei israeliani e stranieri contro il
genocidio del popolo palestinese, ndr]: oltre a lanciare petizioni che hanno portato a vittorie a livello internazionale, in
questi giorni hanno fatto parlare di sé con azioni di fronte
all’ambasciata Usa e al Museo dell’Olocausto a Gerusalemme, dove hanno
posto una piramide di bambole a rappresentare le vittime di Gaza. Le hanno ricoperte di vernice rossa, il sangue versato, e poi gli hanno dato fuoco».
Di nuovo sotto il sole del minoritario attivismo israeliano c’è una
nuova unità tra le varie forze, di solito politicamente divise: «Oggi
l’obiettivo è unico, tentiamo di mettere da parte le differenze e
inviare un messaggio comune, no al massacro – ci spiega l’attivista di
BDS from Within, Ronnie Barkan – Un blocco unico è necessario sia per
far girare più informazioni possibile che per reagire agli attacchi
delle squadracce fasciste e naziste. Voglio essere chiaro: la
società israeliana è tendenzialmente fascista, non c’è nulla di nuovo
nei discorsi pubblici. Ciò che è cambiato è l’escalation di violenza,
che da verbale è diventata pratica a causa dell’eccitamento provocato
dalle dichiarazioni di parlamentari e politici che invocano il genocidio
dei palestinesi. Semplicemente oggi non si vergognano più:
razzismo e fascismo oggi sono più visibili, ma sono sempre esistiti, dal
1948, da Ben Gurion».
«È sempre più pericoloso dichiararsi antisionisti o anche solo di
sinistra – conclude Ronnie – Anche un partito sionista e moderato come
Meretz è chiamato traditore, eppure non mossero un dito contro
l’operazione Piombo Fuso». Alla fine, niente di nuovo sotto il sole
israeliano.
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