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28/07/2014

Siria al collasso anche economico tra silenzio e omertà


Centinaia di morti nelle ultime settimane, crollo di petrolio e gas e scontri all’ordine del giorno tra lealisti e milizie jihadiste. La crisi siriana è sempre più profonda, ma il mondo e i media guardano altrove. Distratti, presi da altre attualità o la rimozione di comodo? Silenzio sospetto.
L’attenzione del mondo concentrata quasi esclusivamente sul conflitto nella Striscia di Gaza mentre in Siria si continua a combattere e a morire. Solo martedì scorso, in una giornata, le vittime sarebbero state almeno 200, tra cui oltre 40 civili, mentre sei bambini appartenenti alla stessa famiglia sono morti in un raid effettuato dalle forze governative a Sakhur, quartiere controllato dai ribelli ad Aleppo. Poi l’attacco sferrato dai miliziani dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante a Raqqa, nord del Paese, contro la base militare Divisione 17. Decine di vittime sia tra i jihadisti sia tra i soldati di Damasco.


Una guerra resa sempre più cruenta dalle offensive dei gruppi jihadisti di Jabhat Al Nusra e di ISIS, ormai di fatto in lotta tanto con le truppe governative quanto con i ribelli del Free Syrian Army. In un conflitto che ormai va avanti da circa tre anni e mezzo, i morti sono valutati in circa 170mila, più di quanti ne sono stati uccisi durante i 15 anni di guerra civile libanese tra il 1975 e il 1990. E solo nelle ultime tre settimane, in corrispondenza dell’escalation del conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, in Siria il numero dei morti è stato almeno il doppio di quelli causati fin’ora dagli attacchi israeliani.

In questo scenario - analisi di LookOut - il quadro economico della Siria è a pezzi come il Paese. Il 23 luglio il ministro del Petrolio siriano Suleiman Abbas ha denunciato che dall’inizio del conflitto le industrie del petrolio e del gas siriane hanno subito perdite per quasi 21,4 miliardi di dollari. 3,5 miliardi di dollari bruciati negli assalti e dai danni subiti da vari impianti, mentre 17,9 miliardi sono di mancati profitti. “All’inizio delle rivolte nel 2011 - ha specificato il ministro - la Siria produceva 385mila barili di petrolio al giorno, oggi è scesa a 17mila e la produzione di gas è stata dimezzata”.


Peggio ancora, negli ultimi mesi ISIS ha preso il controllo dei principali giacimenti petroliferi di Deir Ezzor, nella Siria orientale, iniziando a vendere autonomamente il petrolio in Iraq e Turchia. Mentre il 17 luglio sono entrati in possesso di un altro giacimento di gas a Shaerm, nella provincia di Homs, uccidendo 270 tra guardie dell’esercito e lavoratori dello stabilimento. Scenario che si complica di giorno in giorno. Il governo di Damasco punta ad attivare un nuovo impianto per il gas vicino alla città di Tabaqa. Il problema, è che Tabaqa in questo momento è controllata da ISIS.

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