di Michele Paris
I fatti
relativi all’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines MH17
continuano a essere sottoposti a un vergognoso processo di distorsione
da parte dei media e dei governi occidentali, così come dal regime
ucraino installatosi illegalmente a Kiev. La tragedia avvenuta giovedì
scorso nei cieli del paese dell’Europa orientale viene infatti sfruttata
appositamente per superare gli ostacoli e le resistenze ad un
pericoloso confronto con Mosca e per legittimare un’escalation della
repressione in corso contro i ribelli filo-russi.
Martedì a
Bruxelles, un vertice dell’Unione Europea ha allungato la lista di
individui ed entità russe sottoposte a sanzioni. Allo stesso tempo, con
un mix di irresponsabilità, vigliaccheria e totale stupidità, i ministri
degli Esteri hanno minacciato di passare alla “fase 3” delle sanzioni -
misure cioè che potrebbero paralizzare ampi settori dell’economia russa
e, di riflesso, penalizzare le stesse economie europee - se il Cremlino
non si adopererà con i ribelli per ristabilire la pace in Ucraina
orientale e non collaborerà con l’indagine internazionale sul disastro
aereo.
L’iniziativa europea era stata anticipata lunedì
dall’annuncio del primo ministro canadese di estrema destra, Stephen
Harper, dell’intenzione del suo paese di preparare un nuovo round di
sanzioni economiche contro la Russia. Martedì, poi, il neo-ministro
degli Esteri britannico, Philip Hammond, e il suo omolgo svedese, Carl
Bildt, hanno chiesto un embargo sulle forniture di armi alla Russia alla
luce dei nuovi scenari seguiti al disastro aereo.
Curiosamente,
nonostante non siano state presentate prove concrete della
responsabilità dei ribelli o di Mosca, l’improvvisa accelerazione delle
misure punitive è motivata apertamente dall’abbattimento del Boeing
malese.
La totale irrazionalità della situazione - resa possibile
grazie al contributo dei media ufficiali in Occidente che propagandano
in larghissima misura le accuse dei governi dei loro paesi - è
confermata dal fatto che in più di un’occasione gli stessi leader
occidentali hanno ammesso di non potere ancora stabilire con certezza
chi siano i responsabili dell’abbattimento del velivolo.
Esemplari
della strategia impiegata dagli Stati Uniti e dai loro alleati per
confondere le idee all’opinione pubblica internazionale sono le
dichiarazioni rilasciate lunedì dal presidente Obama. L’inquilino della
Casa Bianca, dopo che l’intelligence del suo paese aveva sostenuto che
ad abbattere l’aereo era stato un missile SA-11 fornito dalla Russia ai
ribelli ucraini, ha accusato questi ultimi di avere impedito agli
investigatori di accedere al luogo del disastro e di avere rimosso prove
importanti per stabilire la verità dei fatti.
Obama si era poi
chiesto che cosa i ribelli stessi “stavano cercando di nascondere”.
Parallelamente, il presidente ucraino Poroshenko aveva definito
“barbara” la condotta dei ribelli. Queste dichiarazioni rappresentano
però il tentativo da parte di Kiev e Washington di mettere le mani
avanti e di denunciare manipolazioni da parte dei ribelli nel caso
un’indagine realmente indipendente dovesse portare a conclusioni
imbarazzanti.
Nel
mondo reale, invece, tra lunedì e martedì i ribelli in Ucraina
orientale hanno consegnato le scatole nere del Boeing alle autorità
malesi e facilitato il trasporto delle salme nella città di Kharkiv
sotto il controllo governativo. Le due iniziative sono giunte dopo
l’approvazione di una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite che chiede un’indagine internazionale sull’abbattimento e
in seguito al raggiungimento di un accordo tra i leader della cosiddetta
Repubblica Popolare di Donetsk e il governo malese del primo ministro
Najib Razak.
Le critiche occidentali lasciavano al contrario
intendere che i ribelli - ma anche Mosca - volessero ostacolare lo
svolgimento delle indagini, ma i fatti delle ultime ore hanno delineato
un quadro differente. Per cominciare, i membri dell’OSCE inviati sul
posto hanno affermato di avere avuto libero accesso ai resti del
velivolo, mentre uno degli esperti olandesi giunti in Ucraina ha
affermato di essere rimasto sorpreso dall’efficienza dei ribelli nel
recuperare i corpi delle vittime.
Martedì, piuttosto, ostacoli
alle indagini sono stati posti dalle forze del regime di Kiev, così come
è sembrata emergere forse la volontà di quest’ultimo di volere
nascondere qualcosa. Infatti, secondo quanto riportato dall’agenzia di
stampa russa Ria Novosti, un aereo da guerra ucraino ha bombardato la
città di Shakhtarsk, a circa 30 chilometri dal luogo dello schianto,
violando un cessate il fuoco che il governo e i ribelli avevano
sottoscritto lunedì. Questa intesa riguardava un’area fino a 40
chilometri dal luogo stesso del disastro, così da garantire la sicurezza
degli investigatori internazionali.
Alcuni esperti malesi,
inoltre, sempre martedì sono stati testimoni diretti di un’incursione
aerea delle forze del regime ucraino in una località vicina a Donetsk
proprio mentre stavano raggiungendo il luogo dove si è schiantato il
Boeing.
Com’è ovvio, sulla stampa occidentale hanno però trovato
maggiore spazio le speculazioni ucraine e occidentali sulle
responsabilità del Cremlino. La CNN, ad esempio, ha titolato e
aperto un pezzo sul proprio sito web con le “rivelazioni” di un
esponente del governo di Kiev, il quale si è detto certo che “un
ufficiale russo ha premuto personalmente il pulsante che ha causato
l’abbattimento del volo MH17”. In maniera singolare, tutto il resto
dell’articolo è stato dedicato alla cronaca degli eventi del giorno in
Ucraina, mentre non è stata indicata una sola prova a supporto delle
affermazioni “esplosive” anticipate dal titolo.
Ugualmente
ignorati o irrisi in modo più o meno aperto sono stati anche gli
interrogativi sollevati lunedì dal generale russo Andrei Kartopolov nel
corso di una conferenza stampa tenuta a Mosca. L’alto ufficiale russo ha
presentato alcune conclusioni dell’indagine preliminare condotta nei
giorni scorsi dalle forze armate del suo paese, mostrando i dati
satellitari e dei radar risalenti alle ore precedenti e successive
all’abbattimento.
Le domande a cui il governo di Kiev è stato
invitato a rispondere per mostrare un reale interesse a fare luce sulla
vicenda riguardano in primo luogo la presenza di un aereo da guerra
ucraino Sukhoi-25 a non più di 5 chilometri di distanza dal velivolo
MH17 e in un corridoio riservato ai voli civili poco prima dello
schianto.
Inoltre, i russi sono in possesso di immagini
satellitari del 17 luglio scorso nelle quali è visibile una batteria
missilistica Buk dell’esercito ucraino - simile a quella da cui, anche
secondo gli USA, sarebbe partito il missile che ha abbattuto il Boeing -
in un luogo all’interno di un’area dalla quale sarebbe stato possibile
colpire il volo diretto a Kuala Lumpur. Solo tre giorni prima, lo stesso
sistema di lancio si trovava in un altro punto, dove è tornato
regolarmente il 18 luglio.
Il generale Kartopolov ha anche
rilevato un’insolita attività nelle stazioni radar ucraine il giorno
dell’attentato, poi ridotta sensibilmente a partire dal 18 luglio. Lo
stesso ufficiale ha infine chiesto agli Stati Uniti di rendere note
tutte le informazioni ottenute da un loro satellite individuato dai
militari russi al di sopra dell’Ucraina orientale al momento
dell’esplosione dell’aereo malese. Gli americani, poco dopo il
disastro, avevano citato i dati ricavati da questo stesso satellite per
affermare che il velivolo era stato abbattuto da un missile ma non hanno
finora mostrato pubblicamente quanto in loro possesso.
In
definitiva, il mistero del Boeing della Malaysia Airlines è ancora
lontano dall’essere risolto, ma quello che conta per Kiev, Washington o
Londra è che la tragedia della settimana scorsa rappresenta un’occasione
unica per fare avanzare i propri piani in Ucraina.
L’amministrazione
Obama e il regime fantoccio di Kiev, cioè, confidano che la morte di
298 persone possa contribuire a convincere i paesi europei più
riluttanti ad appoggiare l’escalation dello scontro con Mosca,
indifferentemente dalle prove della responsabilità russa o dei ribelli
nell’abbattimento del velivolo.
In ultima analisi, comunque, al
di là di chi si sia realmente macchiato della strage di giovedì scorso,
come aveva suggerito il presidente russo Putin poco dopo il disastro, la
responsabilità ultima per avere creato le condizioni nell’ex repubblica
sovietica che hanno consentito l’abbattimento di un aereo civile sono
da assegnare interamente agli Stati Uniti e ai loro partner occidentali.
Questi
ultimi governi da mesi operano in maniera sconsiderata in Ucraina, nel
tentativo di sottrarre il paese all’influenza russa. Per raggiungere
questo obiettivo strategico, l’Occidente ha coltivato e promosso forze
ultra-reazionarie e neo-fasciste che ora occupano posizioni di rilievo
all’interno del nuovo regime golpista.
La creazione di un governo
di questa natura - pronto a obbedire ai diktat del Fondo Monetario
Internazionale e a implementare devastanti misure di ristrutturazione
economica - ha provocato dapprima l’inevitabile reazione della Russia,
concretizzatasi con l’annessione della Crimea, e successivamente la
nascita di un movimento di resistenza di massa nelle regioni orientali,
la cui repressione continua ad essere avallata dall’Occidente nonostante
il crescente numero di civili vittime dell’offensiva delle forze di
Kiev.
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